Se chiudo gli occhi e proietto me stessa indietro nel tempo, precisamente a un anno fa, provo una sensazione di libertà nel ricordare la vita per com’era prima della Pandemia. Quelli erano i consueti giorni degli addobbi natalizi, il Natale si assaporava già nella scelta delle decorazioni, nell’idea dei cenoni, nella carta profumata dei biglietti e nell’organizzazione dei regali. Riaprendo gli occhi ritorno all’oggi con malinconia e mi chiedo che Natale sarà con il Covid, soprattutto per i bambini.
Senza negare importanza al nervo scoperto dell’economia, Vitadamamma vuole indagare le emozioni, sia quelle degli adulti, che inevitabilmente influenzano i bambini, sia quelle proprie dei piccoli. Lo scopo ultimo che questo scritto si prefigge è quello di individuare strategie e pratiche soluzioni affìinchè il Natale col Covid non pesi negativamente sul valore educativo ed emozionale di questa festa.
Che Natale sarà con il Covid.
Sarà il Natale della fragilità umana, ma chi si arrende è perduto e, ora più che mai, dobbiamo scavare nel sentimento di rinascita.
Che la SARS-Cov-2 ci abbia o meno inferto lutti diretti, tutti abbiamo saggiato la fallibilità della scienza, l’imprevedibilità del male e il dolore della sofferenza. Abbiamo gli occhi e il cuore pieni di immagini infelici e la paura ha inevitabilmente toccato chiunque.
Il Natale in tempo di Covid, però, deve essere resiliente e tenace, ispirato a qualcosa di più della speranza: quest’anno il presepe è interiore e va costruito sull’allenamento al domani nel convinciemeto profondo che la vita “normale”ci aspetta con tutti i suoi abbracci.
Non siamo fragili, ma siamo umani;
possiamo ammalarci e morire, ma possiamo soprattutto proteggerci e guarire.
Focalizziamoci su questo: no fragilità, sì umanità intesa come slancio. Ed è questo slancio che dobbiamo passare ai nostri bambini.
Quello che in questi mesi ci ha minato dall’interno, ovvero la perdita di sicurezze e la paura, deve essere ricacciato all’esterno, guardato con oggettività e distanza e dobbiamo e fare appello alla memoria passata per “sopperire alle mancanze”.
Che Natale sarà con il Covid: per quanto difficile possa essere è comunque rinascita, che nessuno ci tolga il sorriso.
Uno dei compiti più difficili di un genitore è quello di allenare il figlio al dolore, alla frustrazione e alla sconfitta.
La SARS-CoV-2 ha messo in ginocchio il mondo intero riportando a galla tante fragilità umane come gli spettri appena citati (dolore, frustrazione, sconfitta).
Rispetto alla crescita dei nostri bambini, fino a ieri pensavamo che l’educazione alla tollerabilità della delusione passasse, per esempio, per un brutto voto a scuola, una sgridata della maestra o una lite con un amico. Oggi nostro figlio è deluso dall’insicurezza di un mondo “isolato, sanificato, asettico” e questa condizione, che è nuova anche per noi adulti, crea un disagio profondo nell’educazione e nella relazione.
Se possiamo salvare il Natale il solo modo per farlo è materializzare quei sentimenti che ci mancano nelle loro comuni manifestazioni:
- sostituiamo l’abbraccio della nonna col profumo dei biscotti che lei sa preparare meglio di noi, ma quell’odore sarà memoria e vicinanza;
- suppliamo alla distanza dei parenti con un regalo fatto a mano;
- restituiamo al Natale il racconto delle vecchie leggende;
- prepariamo il calendario dell’avvento;
- scriviamo una letterina a Babbo Natale;
- addobbiamo la casa sin da subito;
- compiamo un gesto di solidarietà (fosse anche una donazione ad un ospedale) per dare un rinnovato valore di senso civico a queste giornate.
In definitiva, più che chiederci che Natale sarà con il Covid, proviamo materialmente a immergerci nel senso della ricorrenza per farlo salvo.
Come festa religiosa il Natale è la nascita di Gesù preludio di liberazione, ma si può persino recuperarne un senso laico che rende quanto detto sin ora estendibile a chiunque:
non tutti sanno che sin dall’epoca dei romani dicembre era il mese dei saturnali, festa in onore del dio dell’agricoltura, questa usanza di festeggiare la fertilità dei campi si è trasformata e radicata nel popolo contadino. In questo senso si può rintracciare un’antica origine non religiosa di una festa invernale che corrisponde comunque all’idea d rinascita propria del Natale.
Il Natale al tempo del Covid , che si voglia interpretarlo in senso religioso o laico, ha il dovere di fare appello a tutto questo divenendo, un’affermazione della potenza della natura che non può e non vuole tradire l’uomo.
La prima cosa da fare con i bambini è allora piantare qualcosa, che sia un orto sul balcone di casa, una piantonai grassa o scegliere di avere cura di qualche stella di Natale: ispiriamo i bambini alla ricerca della contiguità con la natura, educhiamoli a veder fiorire, crescere e divenire anche una piccola piantina immersa in quel terreno che noi dobbiamo nutrire con l’acqua.
Che Natale sarà con il Covid – mentre aspettiamo che il mondo guarisca, affondiamo le mani in ciò che possiamo vedere crescere, creare, realizzare.
Via libera al giardinaggio, all’addobbo dell’abete, ai dolci di Natale e al fai da te per la casa.
Chiedersi che natale sarà con il Covid non è diverso da chiedersi che 2021 ci aspetta. E il pericolo maggiore è quello di sentirsi come intrappolati in un labirinto senza vie di uscita. Tuttavia rispetto al Covid le cose non stanno esattamente così e va invertito il punto di vista:
non è detto che il labirinto abbia una via d’uscita, intanto lo scopo potrebbe essere tornare indietro e uscire da dove siamo entrati, ovviamente dal punto di vista emotivo.
Se una situazione emotiva è senza soluzione, non si può fare altro che tornare sui propri passi e, recuperando le perdute sicurezze, ripartire dal punto di non ritorno facendo tesoro della memoria della “prigionia del labirinto”.
Ecco spiegato perché è tanto importante che i bambini producano cose (lavoretti, cibo, diari), perchè conta che ora sentano di possedere energie positive e creatrici. Non è tutto fermo né perduto!
Babbo Natale e Coronavirus.
La consueta letterina di Natale non può essere lasciata indietro, quest’anno più che mai il bisogno di esternalizzare e verbalizzare i sentimenti, che di per sè è tipico dei bambini, deve trovare spazio nella letterina a Babbo Natale.
A dirla tutta, scrivere una letterina catartica farebbe bene anche a noi adulti.
Il calendario dell’avvento può essere di aiuto nella misura in cui sostenga l’attesa positiva del bambino; la letterina a Babbo Natale, invece, può essere di aiuto, nella misura in cui dia spazio a quella stessa speranza incontaminata di sempre, caratteristica della magia del Natale.
Babbo Natale non può prender i il Covid e le renne potranno passare dai nonni (o dagli zii) a ritirare i tuoi regali e portarli qui per conto loro. Saremo vicini col cuore, anche se non potremo vederci o viaggiare per raggiungere chi amiamo.
I giorni che ci separano dal Natale devono diventare giorni di riflessione sul futuro in una progettazione di quello che sarà possibile dopo, anche se non è fattibile adesso.
Nei giochi delle parti a cui siamo culturalmente abituati dovrebbero essere i genitori a supportare i bambini, in realtà nel Natale col Covid, grazie allo sforzo di normalizzazione che siamo chiamati a compiere come adulti, probabilmente saranno i nostri figli a supportarci nella resilienza.
Abbiate cura del fatto che i bambini hanno bisogno innanzitutto di imparare a superare, per cui qualunque ferita vi abbia inferto il Covid, sforzatevi con loro di cercare una via per la ripresa, la rinascita, fosse anche la rivincita e se il vostro labirinto non ha un’uscita tornate indietro per recuperare le antiche sicurezze emotive.
Che non ci sia casa senza un piccolo addobbo di Natale, io per prima quest’anno non me la sento di eccedere, ma una ricorrenza fortemente emozionale e educativa come questa non può essere negata ai bambini, sarebbe come negare loro la ri-nascita.