Ariya ha compiuto un anno lo scorso 3 settembre è una “bambina unica”, affetta da una malattia cutanea congenita e rara, la Sindrome di Sturge Weber che si stima colpisca 1 bambino ogni 50mila.
Che cos’è la Sindrome di Sturge Weber e cosa comporta?
SSW è l’acronimo di Sindrome di Sturge Weber. Guardando Ariya e ascoltando il racconto che la mamma e la nonna fanno della sua ancora breve vita, questa malattia rara sembra svelarsi nella sua concretezza.
Cercando di esemplificare il concetto, proviamo a chiarire la natura e le conseguenze della sindrome: da un punto di vista medico, trattasi di un malattia neurocutanea congenita rara.
Neuro vuol dire che interessa il sistema neuronale, ovvero l’area cerebrale e le funzioni cognitive; senza scendere troppo nei particolari, diciamo che la compromissione cerebrale può determinare, per esempio, l’uso di una sola mano oltre a crisi epilettiche, senza contare le emicranie e le crisi simili a “piccoli ictus” (anche la mamma di Ariya descrive, in relazione alla figlia, la presenza di simili crisi).
Cutanea vuol dire che la patologia incide sulla pelle: Aryia, infatti, è nata con la “pelle rossa”.
Subito dopo la nascita di Aryia, il suo colorito rosso, peraltro assai diffuso sul viso, fu assimilato a una voglia estesa. La diagnosi si rivelò presto sbagliata.
Quello che si è palesato immediatamente sulla cute della piccola è , infatti, un angioma, tipica manifestazione della Sindrome di Sturge Weber.
L’angioma di Aryia è diffuso più di quanto non lo siano comunemente gli angiomi causati da questa malattia (in genere la SSW provoca angiomi localizzati sulla fronte o sulle palpebre)
Ma la Sindrome di Sturge Webere non si ferma a questo, comporta anche malformazioni vascolari a carico degli occhi, con possibili anomalie oculari e neurologiche di grado variabile.
I bambini che ne soffrono, difatti, rischiano la cecità.
Terza di tre figlie, la piccola Aryia sarà lungamente costretta a recarsi in ospedale. Ad assisterla ci sono sempre la madre e la nonna, mentre il papà non può permettersi il “lusso” di starle vicino, è costretto a lavorare e a badare all’accudimento delle altre bambine.
Nel parlare di sua figlia, la mamma di Aryia descrive la loro vita come una “lotta”: dopo una gravidanza normale, l’esistenza di questa creatura è stata sin da subito un lungo peregrinare tra ospedali affrontando cure e prove dolorose.
“La gravidanza è stata normale – dice la mamma intervistata da un giornale online spagnolo.”
“La bimba è nata con la faccia rossa. Il pediatra ci disse che era una voglia e che sarebbe andata via. Ma il giorno dopo ci comunicò già che poteva trattarsi di una macchia causata da una malformazione vascolare.”
Così, solo al secondo giorno di vita di Aryia, i genitori hanno incontrato un nemico sconosciuto chiamato Sindrome di Sturges Weber.
Non vi è cura, la mamma e il papà ne sono consapevoli.
“Sappiamo che la nostra bambina dovrà convivere con questa sindrome per tutta la vita. In genere, l’angioma facciale si trova su una parte del viso. (Aryia, ndr) lo ha in entrambe le parti del volto.”
Quello che rende importante la condizione di questa bimba è l’incidenza della sindrome su entrambi gli occhi e sull’area cerebrale: rispetto a ciascun occhio, ha sviluppato un glaucoma che implica anche una tensione sul cervello. Ed è questa la causa delle crisi epilettiche della piccola.
I primi attacchi (propri della Sindrome di Sturge Weber) hanno colpito Aryia in dicembre. Il ricordo che la mamma ha di quella prima volta è struggete: la famiglia era riunita per un pranzo fuori casa.
“Le ho dato il paracetamolo. Non sapevamo come fossero le crisi in un bambino – racconta la mamma.
Quando l’abbiamo svegliata, abbiamo visto che qualcosa non andava. Muoveva la testa e aveva piccoli tic a carico degli occhi.”
Lì, in quella giornata che doveva essere di svago e allietata dalla compagnia dei parenti, i genitori di Arya hanno chiesto aiuto per la prima volta:
a bordo di una autoambulanza la piccola fu visitata in tre ospedali differenti prima di trovare assistenza a Valentia dove rimase ricoverata a lungo.
Aryia è stata oggetto di studio, monitorata attraverso molti esami clinici e test, vive costantemente un’esperienza difficile per sè e per tutta la famiglia.
La bimba assume un cocktail di farmaci che quotidianamente vengono somministrati a casa per ridurre il rischio di nuove convulsioni.
Ma nessuna medicina è senza effetti collaterali, e questi farmaci, in modo particolare, hanno ingenerato emiparesi (ovvero una diffusa debolezza, perdita di tono e flaccidità muscolare) del lato sinistro del corpo.
L’incidenza della patologia su entrambi gli occhi rende prioritari i controlli oftalmici. La Sindrome di Sturge Weber di Arya potrebbe comprometterne la vista.
A marzo la prova più difficile: alla bimba è stata diagnosticata una pressione intraoculare “estremamente alta”, al punto da rendesi urgente il ricorso alla chirurgia per stabilizzarla.
In questi casi il rischio è perdere la vista in entrambi gli occhi.
L’intervento salva-vista avrebbe dovuto svolgersi in tempi brevi presso l’ospedale Sant Joan de Déu di Barcellona. Ma la Covid-19 non ha risparmiato Aryia. Così, mentre veniva curata per l’infezione da coronavirus, la bambina è stata monitorata per il contenimento della pressione oculare farmacologicamente:
“Ci hanno prescritto molte medicine per abbassare la sua pressione. Quando abbiamo scoperto di essere stati contagiati, l’intera famiglia era stata in cliniche e ospedali. Ad Ariya sono stati somministrati tre antibiotici. Ha avuto una brutta tosse per sei settimane. Siamo stati tutti piuttosto male per sei o sette settimane. Il pediatra che ci ha seguito è stato meraviglioso – racconta la mamma“.
Una volta negativizzati, Aryia ha potuto affrontare la sua prima operazione a Barcellona, questa è solo la prima operazione di molte che l’aspettano.
Una volta al mese deve affrontare un check up medico completo e subire una seduta di laser facciale per la cura dell’angioma, nonché test oculari per il controllo dei glaucomi.
Aryia sta rispondendo molto bene all’idroterapia che, oltre alle cure ospedaliere, esegue con regolarità e all’orizzonte si intravede l’uso della chirurgia intracranica per prevenire ulteriori crisi epilettiche.
La bimba ancora non cammina e comunica con le espressioni del viso, ma ogni piccolissimo progresso, riempie di emozione e amore il cuore dei genitori.
Condividere storie come questa e sostenere mamme come Stacey Smith è umano e doveroso, aiuta a superare le differenze ricordando che raro può anche voler dire uno si “un milione”, ma uno è sempre una vita, un bambino e una speranza.