La DAD, così come posta, in una scuola impreparata e poco o nulla informatizzata, è stata una misura di emergenza; un’ analoga valutazione in termini di misure emergenziali può valere per molte forme di telelavoro o per i primissimi protocolli ospedalieri, quelli apprestati quando del Covid non si aveva alcuna cognizione.
La domanda ora è se o quando si tornerà alla DAD.
Se l’emergenza ha toccato tutti, l’eccellenza si è messa alla prova, in ogni campo, nella misura del passaggio dallo stato di “calamità” a quello di “controllo del virus”. Il telelavoro è stato oggetto di approfondimenti e limature in seno alle aziende, gli ospedali si sono rivoluzionati e innovati e la DAD?
Non si ha nessuna certezza sulla evoluzione clinica del Coronavirus: il Covid potrebbe tornare in autunno.
Del resto diversi studi hanno ipotizzato una correlazione tra aumento delle temperature e attenuazione del patogeno lasciando intendere che il freddo potrebbe restituire virulenza al nuovo Coronavirus determinando un aumento di casi e una nuova importanza della sintomatologia collegata.
Tuttavia il condizionale (il Covid potrebbe tornare in autunno) è d’obbligo: le aziende sono pronte, gli ospedali pure, ma l’Italia della scuola no, non lo è affatto. Aziende e ospedali sono solo due dei tanti possibili esempi.
Nei gruppi WhatsApp delle mamme la DAD è una parola avversata, nessuno ne vuole sapere di lasciarle una seconda possibilità e i professori stessi, per la maggior parte, l’hanno così “odiata” da averla aprioristicamente disconosciuta.
In poche parole i Prof si professano vittime della DAD, anche prime vittime togliendo, ancora una volta, centralità agli alunni.
Così, mentre si calcolano i metri quadri delle aule (spesso piccole e vecchie), si discute su distanziamento e mascherine, la DAD è stata catalogata e archiviata come il peggiore male della scuola di ogni tempo.
Intanto se il “potrebbe” di cui sopra divenisse una circostanza reale, cioè in caso di una seconda ondata di Covid, la DAD rappresenterebbe di nuovo l’unica opportunità per fare scuola.
A differenza dello scorso febbraio, la DAD della seconda ondata dovrebbe essere “studiata” e finalisticamente orientata alla soddisfazione dei bisogni di tutti. Dovrebbe (e in potenza potrebbe) dimostrarsi capace di ricucire gli strappi della prima didattica a distanza.
Non sarà però così perché purtroppo la scuola tutta, genitori compresi, naviga nel mare della negazione della DAD:
tutti le hanno voltato le spalle preferendo demonizzarla piuttosto che investire in un progetto di supporto all’unico metodo fattibile in caso di nuovo lockdown.
La DAD quella povera scialuppa di salvezza, senza mai un capitano, che ora tutti vogliono affondare.
C’è chi oppone, su tutti, i danni collaterali provocati nei bambini dalla sospensione delle attività scolastiche, la chiusura prolungata di servizi educativi e delle scuole (senza alternative valide) ha certamente lasciato i bambini e ragazzi sprovvisti della loro palestra sociale.
Il tessuto connettivo di contatto e interazione tra “gli adulti del futuro” si è lacerato aprendo scenari di disagi psicologici derivanti dalla prolungata mancanza di adeguate occasioni socializzanti. Questi disagi sono del tutto nuovi, mai studiati e pertanto gli effetti non sono ad oggi noti.
Intanto, se non ci fosse stata detta sospensione delle attività in presenza, le scuole rischiavano di divenire incubatoti del virus e ripetitori del patogeno.
Ad oggi non conosciamo tutto il potenziale del nuovo Coronavirus, in modo particolare, in termini di mutazioni; l’attenzione primaria alla salute pubblica ha dovuto prevalere e dire che i bambini resistono meglio all’infezione o processano meglio la malattia non è, alla luce di quanto emerso finora, abbastanza.
Una diversa DAD è possibile, ma come?
A discapito di chi la disconosce, di chi la colpevolizza in radice e di chi l’ha messa già in panchina, la DAD è un’opportunità di rinnovamento del sistema scuola che però la scuola sta già perdendo (un’altra opportunità sprecata presto e in malo modo).
Alcuni suggerimenti semplici per non mettere la DAD alla gogna prima di averla usata come si dovrebbe (posto che in caso di criticità non c’è alternativa).
I limiti attentavi dei bambini e dei rgazzi vanno rispettati, pertanto le lezioni devono essere brevi e concentrate (dai 20 ai 30 minuti per le primarie e le secondarie di primo grado).
In molte scuole si è lamentata una dispersione del tempo in attività “non didattiche” come l’appello, la ricerca di connessioni “fantasma”, i dibattiti su microfoni che si spegnavano insieme alle telecamere proprio “sul più bello”, eccetera eccetera.
Ebbene i problemi tecnici possono esserci, in linea generale vanno ovviati con investimenti statali a supporto del tessuto connettivo del web; i libri, per parte loro, potrebbero essere sostituiti con materiale digitale riducendo la dotazione scolastica ad un tablet, il cui costo complessivo potrebbe addirittura essere inferiore al costo totale del pesante carico di libri annuale, senza contare che il tablet avrebbe valore anche di device dedicato alla DAD, ove tornasse ad essere necessaria.
I bambini dovrebbero indossare tutti cuffie o auricolari per minimizzare i disturbi sonori.
Le lezioni non andrebbero mai seguite dal cellulare, un occhio che si stanca è un cervello che si stanca, senza contare i problemi legati al surriscaldamento del micro-dispositivo. E qui ritorna il discorso di cui sopra del tablet come strumento didattico.
E’ indispensabile un orario scolastico fisso e non derogabile, l’orario andrebbe concentrato nella mattinata, il pomeriggio il bambino potrebbe essere già stanco e distratto.
Tra una lezione e l’altra è necessario un tempo di riposo che sia tanto più ampio quanto più piccolo è l’alunno, almeno 10\15 minuti di sosta servano a dare al cervello e al visus uno spazio dovuto di riposo.
Se qualche mese fa una qualunque mamma avesse detto che suo figlio stava tre ore ininterrotte davanti al PC sarebbe stata tacciata di essere una cattiva madre! Subito le sarebbero stati elencati tutti i danni da esposizione alla luce blu, nonché quelli da isolamento dalla realtà, nonché i difetti di stimolazione del cervello calato in una realtà “parallela” e non tangibile. Insomma una paternale dovuta e giusta quanto infinita e pesante.
Poi, tutt’a un tratto questi bimbi li vogliamo attenti, corretti e ligi al dovere per tre ore davanti allo schermo, chiusi in “classi virtuali” nelle quali il Prof è un apprendista stregone alle prese con una tecnologia che gli è estranea e avversa? Scusatemi ma c’è qualcosa che non va.
Le lezioni vanno accorciate e le pause aumentate, i sistemi di registrazione delle presenze devono essere automatizzati, la serietà dei ragazzi nella partecipazione alle lezioni non può però essere affidata solo alle famiglie o alla responsabilità degli studenti, essa va richiamata e stimolata dal corpo docenti con un cambio di rotta comunicativa.
La DAD non è la lezione frontale, ma non è nemmeno completamente da buttare, potrebbe essere l’occasione giusta per sperimentare nuovi linguaggi.
Le classi virtuali non possono essere la “copia immateriale” delle classi fisiche:
le classi virtuali vanno smembrate, ad ogni docente vanno affidati un massimo di 10\12 alunni per classe. Impossibile seguire 25\27 faccine piccole piccole su uno schermo!
La classe virtuale va vissuta come piattaforma di confronto, non è il luogo dove spiegare Pitagora e il suo teorema piuttosto che la guerra di Troia, essa è un luogo breve temporalmente e concentrato idealmente, di fatto serve per sincerarsi che le competenze siano state apprese.
E qui casca l’asino! Vi starete chiedendo come e dove, allora, vanno eseguite le spiegazioni, niente di più facile: le spiegazioni (come nelle università telematiche) vanno messe nella disponibilità degli alunni con dei video pre-registrati.
Nessun docente deve avere paura della divulgazione dei propri saperi, del resto anche laddove i video uscissero dalle classi virtuali, in questa emergenza educativa, chi sa e sa trasmettere non ha nulla da tenere. Oltretutto c’è del buono e del bello nella possibilità che un bravo insegnante sia “del web”.
I compiti a casa devono constare nell’esaminare e affrontare i suddetti video che, peraltro, possono essere persino presi da Youtube, che in sé abbonda di materiale didattico ottimamente fatto.
I ragazzi e le famiglie hanno diritto a spazi di confronto privati con i docenti, pertanto alla DAD non possono essere estranei ricevimenti e incontri con le famiglie, spazi questi ultimi che sono rimasti schiacciati dalla pervasività dei programmi ministeriali e dalle difficoltà tecniche.
La DAD è tecnologia, la tecnoligia è sapere pratico perciò, cari professori, e qui il pensiero va soprattutto ai docenti delle medie, se non volete che i ragazzi si impegnino, proprio nelle vostre ore virtuali, in espansioni che caricano sfondi e suoni, avete da affrontare la dura sfida della seduzione: dovete sedurre gli studenti e catturarli in progetti nuovi.
La DAD pretende una attività di cooperazione tra docente e discente che sia anche oggettiva e fattiva: quello che il ragazzo vive come virtuale si deve concretizzare nelle sua mani come risultato del lavoro perciò ogni materia va resa operativa e ai ragazzi va chiesta la realizzazione di qualcosa.
In termini pratici, che siano messi al bando agli esercizi tradizionali e le foto dei compiti sui gruppi classe WhatsApp, a tutto danno della privacy: date il via a lavori di gruppo, realizzazione di video, di cortometraggi, di sculture, di cartelloni da digitalizzare, di video racconti e salotti virtuali ove discutere di libri, civiltà e attualità.
La DAD è stata e resta una grande opportunità rispetto alla quale il massimo sconcerto è che la scuola adesso, nella pausa estiva, non sta in nessun modo valutando l’opportunità di correggere e limare questo strumento che le è valso, malgrado tutto, la sopravvivenza.
Bambini, ragazzi e genitori avrebbero oggi diritto ad una scuola impegnata sulla DAD: se ci ritroveremmo di nuovo a casa con una cattiva didattica a distanza questa volta la colpa sarà tutta degli organi di dirigenza e delle istituzione scuola. Questa volta dovremmo essere preparati, ma per ora siamo solo silenziosamente speranzosi che non si torni in una condizione di confinamento (e una speranza non basta alla buona educazione dei bambini e alla loro stabilità didattico relazionale).
E’ tautologico aggiungere che la DAD è inutilizzabile rispetto a taluni DSA, gli ultimi vanno riconsiderati come i primi e un piano di emergenza va messo a loro disposizione, dettagliato e serissimo.