L’ ingiustizia del voto è l’ultima assurdità della didattica a distanza e a pagare saranno sempre gli “ultimi”e i diversi nel giardino multicolore degli studenti.
Durante le mie letture in rete ho incontrato una definizione perfetta del voto in decimi ai tempi della DaD: il voto è pigro, oltre che ingiusto.
Da sempre l’ ingiustizia del voto è palese nel suo essere un numero, solo un numero costretto in un unico schizzo d’inchiostro grande massimo due centimetri di spazio.
Quanto è piccolo persino un 10 che nulla dice del percorso singolare che l’alunno ha compiuto né di quante volte è caduto, ha sanguinato, ha pianto, ha urlato e poli si è rialzato; nessun numero sa descrivere quel momento cruciale in cui il bambino ha afferrato la mano del maestro o del compagno, ha sorriso, ha chiesto a se stesso e agli altri un’altra opportunità ed è cresciuto.
Oggi più che mai quella traccia d’inchiostro caduta sul foglio della pagella è veramente deludente. I genitori questo voto numerico lo vogliono, quasi tutti e quasi a ogni costo. Il voto da un lato è il sadico ricordo dei loro stessi castighi, retaggio di una scuola fatta di “marchi a fuoco” più che di percorsi, dall’alto è una approssimazione facile da leggere e sintetizzare:
un 7 è un 7;
un 6 è una faccia corrucciata con cui il genitore manifesta tutto il suo dissenso, se fosse stato un 5 avrebbe manifestato rabbia;
un 8 è un “possiamo stare sereni come i gabbiani che planano sul mare sapendo di pizzicare sempre bene qualcosa“;
i 9 e 10 invece sono quelli che finiscono su Facebook a fare da specchio all’orgoglio dei genitori. Ma questa non è scuola, questi non sono risultati, questa non è educazione.
L’ ingiustizia del voto nella Didattica a Distanza sta nella sofferenza di questi bimbi isolati.
Io voglio sapere mio figlio che ha fatto a scuola materialmente ed emotivamente, ovvero come ha risposto alle difficoltà, quanto ha imparato in auto-correzione e socialità, quanto ha affilato le unghie senza ferriere nessuno ma sapendo difendere le sue posizioni e i suoi valori, quale logica anima i suoi pensieri e quanto ha saputo amare lo studio, quanto si è intriso della “puzza delle aule” cariche di sudore nel mese di giugno, quando i ragazzi vorrebbero solo correre fuori.
Io voglio che mio figlio avverta l’emozione di quella Prof severissima che però gli ha teso la mano educandolo all’empatia. Del voto non mi interessa! Me ne frego esattamente come me ne frego dei vestiti che camuffano le essenze, delle maschere che celano le lacrime e dispensano sorrisi falsati.
Persino il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione si era espresso per la temporanea abolizione dei voti, almeno nella scuola primaria; la fatalità delle circostanze che hanno portato alla DaD, l’immediatezza che ha caratterizzato il lancio in mare di diversi salvagente, l’impossibilità di raggiungere tutti gli studenti e nelle stesse condizioni logistico-organizzative rendono la valutazione numerica del tutto inappropriata.
Senza paura di sbagliare, si può parlare di ingiustizia del voto anche perché un’enorme fetta di studenti è uscita dai radar della pubblica istruzione restando estranea alla DaD per mancanza di supporti tecnici, qui ritorna a palesarsi il dramma degli ultimi, infatti sono stati esclusi dalla DaD tutti gli studenti senza connessione, senza un PC, un tablet o un telefonino utile per la connessione.
Senza contare che la DaD ha amplificato il disagio dei giovani studenti con problemi di apprendimento, non ha considerato i bisogni speciali e nemmeno ha potuto mettere a proprio agio i bambini più timidi, quelli che logisticamente non hanno la possibilità di seguire le lezioni da una stanza dedicata e devono accontentarsi di un angolo circondato dall’invadenza della famiglia.
“Prof non posso suonare c’è mio fratello piccolo che dorme“;
“Sento dei rumori?“, “Sì prof, è il nonno che guarda la TV, non posso chiedergli di abbassare il volume, non sente bene“;
“E’ mia sorella piccola, mi scusi, mamma sta aiutando l’altro mio fratello col collegamento“.
E allora che cosa votiamo? L’ ingiustizia del voto nella Didattica a Distanza.
Votiamo chi ha la connessione migliore?
Votiamo chi ha la casa più grande con la possibilità di collegarsi in uno spazio consono e riservato?
Votiamo chi è più furbo o ha la mamma che suggerisce da Dio senza farsi sentire mai dalle Prof?
Cara Ministra Azzolina, tu che sabato 16 maggio hai comunicato che i voti in tutte le discipline e in tutte le scuole andranno dati a ogni costo, persino alle elementari, illuminaci: dacci modo di capire cosa sarà oggetto di voto.
Soprattutto spiegaci quale sarà il voto degli ultimi, i bambini diversamente speciali, i desaparecidos della DaD, i figli delle famiglie che hanno dichiarato fallimento, dei papà che sono diventati i nuovi disoccupati o gli orfani del Covid o quelli che hanno detto addio ai nonni persino senza un funerale.
Ogni bambino e ciascun ragazzino del 2020 è merita un riscatto, in questi mesi è stato ed è ancora un rabdomante alla ricerca di un luogo dentro di sè dove attingere motivazioni vitali. Alla fonte della scuola non ha potuto bere perché troppo spesso si è badato più ad adattare un vecchio sistema (io spiego – tu impari – io ti appioppo un numero che rappresenti quello che hai studiato) a una nuova condizione. Ma questa nuova condizione è una rivoluzione del cuore, del vivere e del sapere che non ha precedenti storici e il vecchio sistema della scuola in presenza non solo risulta inadatto è persino non funzionale.
L’ ingiustizia del voto si misura nello spazio della solitudine a cui questo voto disadattato cerca di aderire:
scuola è uscire dalla propria zona di confort e mettersi alla prova, avere i crampi allo stomaco salendo le scale verso l’aula con la consapevolezza di non aver aperto libro e avvertire l’emozione della Prof che ti guarda negli occhi e ti dice “ti voglio bene, credo in te” pur non muovendo nemmeno un muscolo della bocca. La scuola che i ragazzi e i bambini stanno facendo ora è un’Odissea stanca e senza il favore degli Dei.
Perché regalare ai ragazzi anche il cattivo esempio di un voto? Mi dispiace ma continuo a chiedermelo e lo faccio da mamma di ragazzini che quel voto in sè non debbono nemmeno temerlo, tuttavia sono piena di dubbi sulla qualità del voto in termini educativo-formativi.
Questi giovani, a cui improvvisamente abbiamo detto: “Non hai più il mondo in cui fare il bambino“, pazientemente ci hanno insegnato ad accettare e guardare, fosse solo per questa paziente sopportazione, meritano tutti 10 indipendentemente dalle estensioni che scaricano sulle piattaforme facendo impazzire i professori con gli sfondi di Google Meet o le telecamere spente per fuga, paura o imbarazzo.
E ai professori che voto diamo?
Sono pochi i professori che non hanno cercato di “bendare” gli alunni per interrogarli in sicurezza temendo la frode dietro il video, qui esprimiamo il concetto con una provocazione che rievoca l’episodio del Prof che pretendeva di interrogare l’allievo bendato perché non imbrogliasse, ma gli esempi potrebbero andare dalle mamme suggeritrici ai bigliettini attaccati alla parete dietro il video, fino alla questione della legittima registrazione di assenze virtuali.
Intendo dire che ancora una volta il principio montessoriano della scuola dei bambini è stato tradito e infranto chiedendo ai ragazzi e alle famiglie di adattarsi a un sistema imposto, peraltro falsamente costruito con una strumentazione moderna su un vecchio scheletro instabile.
Questa DaD è stata la scuola della politica, dell’approssimazione, del meglio di niente, non certo la scuola di tutti, men che meno quella del nessuno resta indietro.
La DaD non può tradursi in compiti e compiti, pagine da leggere, scaricare, compilare, la DaD non può essere la scuola dell’interrogazione e del voto, avrebbe dovuto essere un accompagnamento alla vita nel dolore di un momento in cui, più che recuperare la competenza, si doveva rincorrere la speranza.
Rincorrere la speranza fino ad avere la certezza che nessun ragazzo l’abbia perduta, è questo il compito doloroso e quasi impossibile di cui noi adulti dobbiamo farci carico.
Ebbene un 5 è una mortificazione dietro la quale potrebbe esserci dolore, mancanza, povertà, abbandono, ma soprattutto un voto, qualunque voto, oggi potrebbe equivalere a una perdita di speranza.
Sarebbe più bello leggere il valore di un percorso sintetizzato in parole: non un giudizio ma una lettera scritta con la consapevolezza che l’impronta che oggi lasciamo sui ragazzi sarà l’impronta della storia e ancora non sappiamo quali e quante ferite emotive abbia inferto questo Covid nel cuore dei più giovani.