Il Ministro Lucia Azzolina è persino romantica quando sostiene che un professore o un maestro hanno il dovere di insegnare, esattamente come un medico ha il dovere di curare; perché la scuola non soccombesse al Covid-19, la Ministra ha fortemente voluto la Didattica a Distanza e continua a difenderla. Ma, vista con gli occhi delle mamme, dei papà e dei ragazzini, la Didattica a Distanza è un disastro!
Prescindendo dall’emergenza in sé, la mediazione dello strumento informatico, arrivato (prevalentemente) nelle mani di chi lo aveva sempre rinnegato e demonizzato, oggi sottolinea la distanza digitale tra i professori e gli alunni e spinge i ragazzi in un isolamento sociale e emozionale profondo del quale la scuola non dovrebbe essere complice.
La Didattica a Distanza non è democratica.
La Didattica a Distanza non è fisiologicamente capace di plasticità, ovvero non si adatta alle diverse esigenze dei differenti studenti: il rischio è quello di una deprivazione umana.
La DaD è più facilmente gestibile dai ragazzi delle scuole superiori, meno dai ragazzini della scuola secondaria di primo grado (quelli delle medie, per intenderci), mentre è assolutamente complessa e stressante per i bimbi delle elementari.
A differenziare il risultato applicativo della DaD sono una serie di componenti attentive, psicologiche, sociali e relazionali sulle quali l’età degli studenti ha un peso specifico e che non possono essere negate. Eppure si propone a tutti la stessa didattica fondata sulla medesima strumentazione e con le stesse pretese da parte dei docenti. Alla fine conta chiudere l’anno, riempire la pagella, ottenere i compiti, ovviamente tutto ciò avviene in nome di un principio giustificativo “crismato”: la didattica a distanza non può sostituire quella in presenza.
La Didattica a Distanza è un disastro, ma, da mamma, da blogger e da studentessa di scienze della formazione, ritengo che non si possa giustificare ogni cosa col ricorso all’emergenza, nè continuando ad asserire che la presenza degli alunni in aula è insostituibile.
Save the Children ha reso noti i risultati statistici “nascosti dentro la DaD”, lo ha fatto nell’ambito della campagna “Riscriviamo il Futuro”:
- la DaD non è accessibile a tutti, secondo i risultati statisticati, 1 minore su 10, in un’età compresa tra gli 8 e gli 11 anni, non segue mai o quasi mai le lezioni a distanza;
- da quando è intervenuta la Didattica a Distanza circa 1 minore su 5 manifesta maggiori difficoltà a fare i compiti;
- su un campione di oltre 1000 bambini e ragazzi tra gli 8 e i 17 anni e i loro genitori , è stato stimato che il 39,9% del totale versa in condizioni di fragilità socio-economica acuite dal Covid-19;
La sintesi della ricerca statistica qui menzionata è inclemente:
- il 39,9% dei genitori campionati boccia la Didattica a Distanza;
- il 71,5% del campione chiede un accesso più semplice alla DaD;
- il 63,4% del totale constata che lo studio sia diventato complessivamente più pesante per i figli.
La Didattica a Distanza è un disastro oppure no? Esaminiamo i dubbi dei genitori e l’insofferenza dei ragazzi.
Il primo enorme problema, che personalmente mi induce a guardare con molto sospetto alla Didattica a Distanza, è quello dell’inaccessibilità universale: 1 minore su 10 non ha accesso alle lezioni o comunque non ha ad esse un accesso continuo e costante.
Questa accessibilità che qui abbiamo definito non universale si dovrebbe imporre all’attenzione di tutti come una malattia rara. Permettetemi una considerazione in merito: esattamente come ce ne freghiamo spesso dei malati rari, oggi isoliamo questo problema enorme dell’inacessibilità di tutti alla DaD giustificando la cosa per la sua relatività, ma 1 su 10 non è affatto poco. Laddove, poi, quell’1 è un bambino!
Ciascuno di questi bambini, ognuno di questi 1 su 10, rappresenta la violenza della discriminazione. Ricordiamo che la scuola non è l’isolamento dell’uno, essa è inclusione e accoglienza e se la DaD sta lasciando indietro anche un solo studente questo è già un fallimento.
Da quando è intervenuta la Didattica a Distanza circa 1 minore su 5 manifesta maggiori difficoltà a fare i compiti: questo rischio è come l’effetto collaterale delle medicine, però il bugiardino della DaD non è reso noto ai genitori!
La DaD pretende una serie di competenze: un alta capacità attentiva, una buona attitudine all’utilizzo finalizzato dello strumento informatico, un’elevata capacità di concentrazione in isolamento dagli stimoli distrattori, una buona tollerabilità degli impulsi visivi provenienti dal video a cui il bambino è costretto ad essere esposto per molte più ore di quelle che gli siano mai state concesse in passato.
Oltre a queste attitudini e competenze di base ne vanno aggiunte altre logistico\culturali:
- il bambino deve avere un genitore guida sufficientemente avvezzo all’uso degli strumenti tecnologici;
- la famiglia deve possedere di default una buona connessione e possibilmente un device adeguato da dedicare alla DaD;
- infine, ogni bambino dovrebbe godere di un suo spazio dedicato alla didattica a distanza, ovvero una stanza, una scrivania e una libreria in cui gestire testi e materiali, in questo spazio il bimbo non andrebbe mai disturbato e intorno a lui non dovrebbero muoversi distrazioni. La DaD pretende che in casa si ricrei uno spazio scolastico, ma la logistica abitativa non sempre lo consente.
I bambini hanno difficoltà a eseguire i compiti e a seguire le lezioni perchè le connessioni non sono sufficientemente supportate, i cellulari hanno schermi piccoli e non funzionali allo scopo, il PC si spegne o il microfono non funziona, ma anche perché psicologicamente gli studenti devono ammettere l’ingresso\invasione della scuola all’interno delle loro case.
I ragazzi e le famiglie devono affidarsi responsabilmente ai docenti rispettando orari, tempi e regole nuove di gestione della condivisione dell’aula virtuale. Una regola non sempre rispettata è quella della stabilità e continuità dell’orario scolastico: i professori non dovrebbero prediligere gli appuntamenti occasionali con i ragazzi, piuttosto dovrebbero avvalersi di un calendario stabile e rigoroso e le lezioni non dovrebbero mai superare un tempo massimo di 30 minuti per collegamento.
Inoltre dopo un’ora davanti al monitor al ragazzo andrebbe permesso di riposare gli occhi per almeno 10\15 minuti. Questi ragazzi che oggi costringiamo per tre ore davanti allo schermo solo ieri sarebbero stati sgridati dopo meno di un’ora e la “scusa corretta e plausibile” è sempre stata: “Ti si stancano gli occhi, staccati un po’ da quel monitor!”
Il bambino vive un isolamento sociale, ma è contemporaneamente chiamato a una condivisone virtuale dei saperi non sempre riorganizzata secondo i nuovi standard.
La Didattica a Distanza è un fallimento quotidiano se giorno dopo giorno pretende un adattamento del vecchio modo di fare scuola ai nuovi strumenti, potrebbe essere un successo se, per esempio, si trasformasse anche in una lezione ribaltata in cui il docente possa apprendere dal ragazzo l’uso funzionale della tecnologia facendone ragione di accrescimento.
Molte mamme si sono trasformate in insegnanti, altre suggeriscono durante le lezioni a distanza e alcune, dando per scontata la promozione, scivolano sulla cultura come la Nutella sulla fetta biscottata, senza intoppi e con la dolce noncuranza di andare in crisi iperglicemica in caso di abuso.
Di fatto la didattica a distanza è un disastro anche perché a casa i genitori o sono troppo opprimenti o si crogiolano in una latenza di interesse e serietà che coinvolge e contagia i bambini e il loro atteggiamento.
I docenti (quasi sempre a causa dell’età che li distanzia dalla digitalizzazione) solo raramente sono capaci di cogliere e valutare i reali limiti dello strumento informatico, men che meno di aggirarli. Spesso faticano già solo a fare la conta dei presenti e degli assenti, non comprendono l’importanza di isolare i microfoni e catturare l’attenzione con strumenti di coinvolgimento diversi dalla spiegazione ordinaria, perdono ore nel tentativo di condividere un documento o un video e quasi mai si affidano ai loro stessi allievi. Per parte loro, i bambini davanti allo schermo non sono domabili come i bimbi davanti alla lavagna, non vale la minaccia del brutto voto che a distanza perde di immediatezza, il richiamo semplice al silenzio è innocuo. Oggi il professore rispettato è quello empatico non quello che esercita il suo potere imperioso, è quello complice e non quello che si erge sulla cattedra, è quello dell’impariamo insieme e non quello sapiente.
La Didattica a Distanza è fortemente invasiva, i docenti devono rendereste conto e non mancare di misurarsi col fatto che ogni mattina entrano nelle case dei loro studenti.
Il “peso emotivo” della casa resta sul bambino per l’intera giornata di scuola, non può uscire per fare spost, attività ludica, giocare con gli amici, eccetera. Più semplicemente non c’è la rampa di scale della scuola da percorrere di corsa mentre il compagno ti fa ridere e dimenticare dei problemi di mamma e papà, nemmeno c’è lui, l’amico per la pelle, che ti sorride e allora sì che va tutto bene!
La percentuale delle famiglie in condizione di vulnerabilità socio-economica è quasi raddoppiata, ci sono genitori che hanno perso il lavoro, famiglie che devono ridurre la spesa alimentare, altre che non possono comperare le medicine e altre ancora che non riescono a pagare l’affitto.
In queste moltissime case in cui la scuola fa “irruzione” può accadere tutto, la mamma potrebbe aver pianto sul divano un attimo prima della videolezione o i genitori potrebbero trovarsi nella camera accanto tristemente presi da una discussione su come “mettere il patito a tavola”, come si suol dire per indicare la massima incertezza e precarietà di vita.
Se, per esempio, il professore chiede al ragazzino di conferire la storia con la solita metrica della scuola tradizionale, la domanda didattica ordinaria potrebbe stonare apertamente con la realtà sociale e emozionale dei giovani ai tempi del Covid-19.
La Didattica a Distanza è un disastro anche in relazione al concetto dei “compiti a casa”.
Rispetto a una scuola che già si svolge in casa e dopo le ore davanti al video, i bambini sono chiamati anche a fare i compiti: schede da scaricare, pagine da leggere, elementi da memorizzare, temi e problemi da svolgere. Ed ecco che di nuovo la casa e gli spazi dei ragazzi vengono invasi dalla DaD, questa didattica usa un sistema comunicativo e strumentale nuovo, tuttavia nella pratica applicazione resta figlia di quella scuola vecchio stampo fatta di spiegazioni, assegno e interrogazione.
Sono poche le perle rare che in questa scuola che annaspa verso il nuovo millennio, peraltro già iniziato da tanto tempo, riescono comunque a brillare di bianca luce.
Ai professori bisognerebbe chiedere grande impegno nello studio degli strumenti, in termini non solo di uso ma di ricaduta emotiva sul discente che vive una situazione epocale e critica.
Devo dire che, rispetto a quella che è la mia esperienza di mamma, i docenti sono quasi tutti impegnati e attenti, ma a loro andrebbe chiesta una rinnovata interazione con i ragazzi e l’uso di una comunicazione nuova.
Cari Professori, per imparare i concetti a memoria, svolgere lunghi temi e leggere l’intero libro di testo c’è tempo, speriamo ce ne sia tanto, oggi conta di più non sentirsi inutili, pertanto fate sì che i nostri figli ci mettano anche le mani nello studio: è questo un momento storico in cui i bambini e i ragazzi hanno più che mai bisogno di creare, di vedere il risultato pragmatico del loro lavoro, di sentirsi produttori di vita. La parola d’ordine nella scuola dovrebbe essere produzione. Il professore d’arte di mia figlia ha realizzato dei tutorial per insegnare ai ragazzi a produrre una scultura, insieme ci sono riusciti e il risultato è stato eccitante; la prof di italiano li sta spingendo con ostinazione alla produzione letteraria e si sà che chi scrive racconta innanzitutto di sè liberando angosce e paure e conquistando sicurezze e valori. Questa è la buona DaD, altrimenti la didattica a distanza è un disastro annunciato di compiti accumulati e scaricati sulle spalle delle famiglie.
Flessibilità e empatia sono poi le vere parole d’ordine: la scuola dovrebbe comprendere che entra a gamba tesa in famiglie tutte diversamente provate ad esse va chiesta collaborazione ma va egualmente data considerazione.
Alle mamme bisognerebbe dire che non devono trasformarsi in docenti e devono pretendere dai professori e dalle maestre un buon piano relazionale con gli studenti, spiegazioni chiare e fruibili, appuntamenti precisi e un assegno sostenibile. Se qualcosa non va è bene interloquire con i docenti e consultare la dirigenza ove necessario.