Cosa sono i contagi di ritorno, perché fanno paura e come possiamo contenerli.
Il Covid-19 è una patologia nuova e per molti versi ancora sconosciuta alla scienza, la letteratura scientifica sta maturando di pari passo alla lotta contro il virus. E’ di nuovo la Cina a fare scuola rispetto al problema dei contagi di ritorno, che altro non sono che i contagi “del momento post-pandemico”, ovvero quelli che hanno luogo dopo una prima ondata della patologia, una fase di distanziamento sociale e di isolamento severo.
I contagi di ritorno sono lo spettro del “ricomincia tutto proprio quando il peggio sembrava passato”, è plausibile?
Mentre i più si concentrano sulla fase 2, considerando che i motori del mondo economico e sociale non possono prescindere dalla partecipazione umana ad attività di produzione e vita “compartecipate”, gli scienziati considerano ciò che il virus è pronto a fare nel momento in cui il contenimento sociale sarà allentato:
sia chiaro il fatto che il distanziamento sociale e l’isolamento domiciliare funzionano perché tolgono al virus il suo nutrimento, ma il virus continua ad esistere, non è né morto né è diventato innocuo.
L’inoffensività del virus sarà garantita solo da un vaccino e da una campagna vaccinale di massa.
I ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health di Harvard hanno esaminato e valutato, su base scientifico-statistica, le possibili conseguenze di un allentamento delle restrizioni sociali: i contagi di ritorno rappresentano la prima e più pericolosa conseguenza di un alleggerimento non graduale e non raziocinante dello stare a casa. State a casa, resta questa, oggi la parola salvavita.
Allentare le misure di contenimento prima del raggiungimento di una sufficiente immunità sociale o, in alternativa, prima della produzione e diffusione del vaccino, comporta il rischio altamente probabile di una severa ondata di contagi di ritorno.
Un livello ottimale di immunità sociale si attesta intorno al 70% della popolazione, questa la posizione degli epidemiologi della Johns Hopkins School of Public Health, Gypsyamber D’Souza e David Dowdy.
Un’ondata di contagi di ritorno farebbe ripartire le infezioni, presumibilmente con una equivalente o similare virulenza della prima ondata. In mancanza di un potenziamento dei reparti di terapia intensiva, di una cura o di un vaccino, le conseguenze dei contagi di ritorno potrebbero essere equivalenti a quelle della prima ondata, sia in termini di infetti che di collasso della recessività ospedaliera che di morti. Sarebbe come tornare indietro di mesi.
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Il caldo, rispetto all’incognita dei contagi di ritorno, è solo ipoteticamente un aiuto: tra ottobre e novembre potremmo trovarci in una situazione simile a quella da cui stiamo faticosamente cercando di uscire.
Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Science, apre uno scenario scientificamente probabile a cui la società deve adattarsi: a meno che gli ospedali non aumentino la capacità ricettiva delle terapie intensive o non vengano messo a punto e diffuso un vaccino di massa, una strategia di “distanziamento sociale”, che sia prolungata o intermittente, potrebbe essere necessaria e indispensabile per un lungo tempo. Non è improbabile che il distanziamento sociale ci aiuterà e accompagnerà almeno per i prossimi due anni.
La ricerca della Harvard TH Chan School of Public Health di Harvard, recentemente pubblicata, mostra che “non è possibile superare questa pandemia senza altri momenti difficili”, è per questo che ciascuno di noi deve restare a casa, ancora oggi, ancora con fermezza.
L’Italia vive ora la cosiddetta fase di plateau dei contagi, ciò che non è chiaro a tutti è che da questa pianura in cui ci troviamo (immaginabile graficamente come una linea orizzontale e continua) la curva dei contagi può scendere o salire, assumerà la sua direzione a seconda di quello che sarà il nostro comportamento.
L’obiettivo più importante del distanziamento sociale, peraltro obiettivo sin ora centrato, è stato quello del contenimento della trasmissione del virus a livello locale.
Una eventuale ondata di contagi di ritorno ha a che fare con più incognite:
- la contagiosità degli asintomatici, che allo stato paiono essere meno contagiosi dei sintomatici ma comunque capaci di diffondere il virus;
- i bambini sentinella, ovvero la capacità dei giovanissimi di processare il virus con successo e velocità, anche con sintomi modesti e forse persino senza febbre, non pregiudicando però la contagiosità;
- l’impossibilità di prevedere cosa accadrà col caldo e come il virus potrà ritornare a cercare nutrimento tra la popolazione dopo la cessazione delle restrizioni sociali.
Un’ulteriore incognita con cui la scienza e la popolazione tutta dovranno avere a che fare è quella della sovrapposizione del Covid-19 in fase di recrudescenza con la prossima stagione influenzale, non è escluso che ciò possa stressare nuovamente la capacità di recessione ospedaliera. In merito, i ricercatori dell’Harvard TH Chan School of Public Health di Harvard hanno lavorato su modelli di virilità e diffusione dei coronaviris conosciuti analizzando diversi dati di stagionalità e considerando la cosiddetta “immunità incrociata” tra il virus COVID-19 e altri coronavirus.
Ilaria Capua in primis (virologa di fama internazionale che dal giugno del 2016 dirige un dipartimento dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida) e, com lei, numerosissimi virologi di fama mondiale chiedono una screening di massa della popolazione alla ricerca degli anticorpi che dimostrino, attraverso un tes sierologico, quanta parte della popolazione è venuta a contatto col virus. Solo questo dato può attestare alla comunità scientifica quale sia lo stato di avanzamento della immunità sociale.
Distanziamento socociale, totale o alternato fino a 2022: wuesta prospettiva appare teoricamente capace di limitare ogni eventuale onda di ritorno arginando i mini focolai che presumibilmente potrebbero aprirsi in luoghi a rischio, quali, per esempio, scuole o fabbriche. Una simile scelta, inoltre, darebbe agli ospedali il giusto tempo per potenziare le loro strutture e rispondere efficacemente alle richieste sanitarie di tutti.
“Saranno necessari diversi cicli di distanziamento sociale per portarci all’immunità di gregge“, questa la posizione espressa dall’epidemiologo di Harvard e co-autore della ricerca succitata.
Contro i contagi di ritorno un meccanismo di restrizioni on-and-off può e deve essere sempre efficace.
A parlare di restrizioni on-and-off è Stephen M. Kissler, altro dottore dell’equipe di ricerca, che chiarisce che il contenimento sociale, anche modulato rispetto al momento epidemiologico (l’estate, per esempio può rappresentare un momento di ridotta virulenza e aggressività del Cov-Sars 2), è quello di appiattire la curva dei contagi.