L’infermiera immortalata nell’ immagine simbolo della lotta al Coronavirus si chiama Elena P., ha 43 anni, ed è una guerriera del Pronto Soccorso del Maggiore di Cremona dall’anno 2005.
Elena si chinò stremata su un cuscino di fortuna sulla tastiera di un PC, era la notte dell’8 marzo scorso, erano le 6:00 del mattino quando quell’immagine icona fu immortalata da una dottoressa.
L’infermiera non sapeva di essere stata fotografata, non immaginava che la sua sarebbe diventata l’ immagine simbolo della lotta al Coronavirus e lei stessa il baluardo di una categoria allo stremo delle forze. In quell’istante Elena era solo una guerriera tenace, come tutti i suoi colleghi, e impegnata senza sosta in una lotta completamente inaspettata e improvvisa.
L’immagine simbolo del Coronavirus: era l’8 marzo.
Era l’8 marzo e si sapeva del Covid-19 meno di quanto non se ne conosca ora, l’emergenza era in un momento critico: “Durante la notte era successo di tutto, una notte fatta di corsa tra i letti dei pazienti gravi che con i loro sguardi angosciati chiedevano aiuto e non capivano cosa stesse succedendo. Avevo anche pianto”, ricorra Elena alla stampa di Cremona.
Il turno di Elena era cominciato alle 21:00 della sera precedente, il fiato era finito tra i letti e le emergenze, il respiro bloccato dei pazienti e da quel senso di impotenza dinnanzi a un virus nuovo, aggressivo e sconosciuto. A tutt’oggi si cerca la via del cosa fare mentre si rincorrono risposte.
Due giorni dopo quello scatto, era il10 marzo, Elena P. viene sottoposta a tampone; alla scoperta del mostro, il 13 marzo, incomincia il suo isolamento, ma la battaglia è già in atto e la guerriera non molla.
Le colleghe non l’hanno mai abbandonata; nei giorni della convalescenza non ha parlato con loro di numeri e pazienti, ma ha percepito l’emergenza e il bisogno che la comunità ospedaliera avvertiva della presenza di tutti: la sua seconda famiglia, quella dell’Ospedale, aspettava di riaverla in campo.
Per quanto infettata, Elena P. è sempre rimasta in condizioni complessive discrete: l’ immagine simbolo della lotta al Coronavirus ha sconfitto il mostro ed è tornata in trincea.
Pochi giorni fa dichiarava alla stampa di Cremona: “Sto benissimo, grazie al cielo non ho nessun tipo di disturbo, a parte la mancanza del gusto e dell’olfatto. La quarantena è pesante ma mi anche dato modo di fare lunghe riflessioni, un lavoro di introspezione.“
Elena ha da sempre combattuto per tornare in mezzo ai colleghi e alla sua amata professione.
“Gli infermieri hanno uno spirito indomito, l’infermiere è un guerriero”, ha detto Elena, non mancando di rivolgere i suoi pensieri anche a chi se ne andato nel silenzio di una morte solitaria che ha tolto ai defunti e alle famiglie persino la consolazione dell’addio.
Alla fine di tutto questo ognuno di noi avrà perso qualcuno e qualcosa.
Lo scorso venerdì la quarantena di Elena P., l’infermiera dell’ immagine simbolo della lotta al Coronavirus, è finita e alle 21:00 della sera stessa, dopo due tamponi positivi e un esito di piena guarigione, lei era già in pronto soccorso a combattere fiera nella sua prima linea.
Elena P. dà un’interpretazione autentica della sua stessa foto assurta a immagine simbolo della lotta degli infermieri e le parole che usa toccano profondamente il cuore.
Era sfinita, addormentata con la testa abbandonata su un cuscino di fortuna e perduta sulla tastiera del computer, indossava ancora guanti, camice e mascherina e cinque giorni dopo era malata.
Di quella foto, Elena stessa ha detto: “Se quell’immagine fosse stata ripresa in un periodo normale, sarei stata criticata, considerata una fannullona. Il personale infermieristico è declassato, messo in disparte. Si pensa che faccia solo la flebo o il prelievo. Invece dietro a un infermiere c’è tanto, ci sono i rapporti con i familiari, una parola al paziente, una carezza. E’ l’infermiere che si occupa del supporto psicologico, è lui il punto di riferimento”, queste parole meritano una profonda riflessione.
Vitadamamma ha da tempo fatto sua l’idea che rispetto agli infermieri, come per tutte le categorie in prima linea in questa lotta, lo Stato dovrà imporre a se stesso un attento esame: che ne consideri nuovamente il valore e l’importanza! Quando tutto questo sarà finito, per loro, per chi ha combattuto a rischio della vita, le cose non potranno e non dovranno tornare come prima.