L’Italia non può dimenticare Pina, la mamma delle gemelline gettate nel Tevere e i cui cadaveri non sono mai stati rinvenuti.
E’ trascorso quasi un anno dalla tragedia (era il 20 dicembre 2018) e il gesto di quella madre disperata ha lasciato il suo segno nel cuore di molti. Per i medici del reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico Gemelli è stato un dolore enorme, lo è ancora nel ricordo, ma Pina ha rappresentato persino un’occasione, quella di guardare con più vicinanza e realtà al dolore intimo delle mamme e dei papà.
Riferendosi alla mamma delle gemelline gettate nel Tevere, alla loro morte e al pregresso di quella nascita alla 25esima settimana di gestazione, il primario del reparto, ha apertamente detto: “Mi porto dietro sensi di colpa anche se più di così per lei non avremmo potuto fare.“
Era il 20 dicembre 2018 quando “il papà delle bambine si presentò la mattina presto in ospedale chiedendoci notizie della moglie. Sperava che fosse passata a farle visitare. Purtroppo non era così. Poco dopo abbiamo saputo in televisione di una donna che era stata vista gettarsi dal ponte“, questo il ricordo del medico. Le parole nascondono un dramma più grande, quello del padre che cerca le sue bambine e sua moglie, che sente la disperazione e accusa il peso di averle “perdute”.
La vicenda della mamma delle gemelline gettate nel Tevere ha lasciato un’importante eredità di attenzione presso il Policlinico.
Ricordiamo brevemente cosa accadde a Pina e alle sue bambine:
la mamma delle gemelline si era sottoposta a una fecondazione medicalmente assistita in una clinica fuori Roma; nell’agosto precedente alla tragedia, quando era appena alla 25 esima settimana di gravidanza, è sopraggiunto il parto con una grave prematurità delle bambine e la perdita di un’altra gemella.
Gemelline gettate nel Tevere, Pina ne portava in grembo tre, solo due vennero alla luce vive.
Ci vollero circa 4 mesi in TIN perché le gemelline potessero tornare a casa: Benedetta fece ritorno a casa il 21 novembre, Sara il 18 dicembre, appena due giorni prima della tragedia.
Intanto Pina cullava anche il peso di una insostenibile paura: quelle bambine, cercate e generate con tanto amore, dovevano fare i conti con i danni legati alla prematurità.
Nascendo alla 25ma settimana di gestazione, con un peso tra i 600 e gli 800 grammi, la loro venuta al mondo era stata medicalizzata fortemente per tenerle in vita e garantirne il migliore sviluppo fuori dal ventre materno.
“Nel parlarle siamo stati realisti, non nascondendo che le bambine avrebbero dovuto recuperare gli esiti di un’emorragia cerebrale. Un’informazione come questa probabilmente è stata interpretata in modo negativo da un genitore fragile come era lei. Abbiamo fatto tutto ciò che era possibile allora. Però questa storia dolorosissima ci ha insegnato che non basta, che dobbiamo fare e dare di più ai genitori dei neonati prematuri in termini di vicinanza e condivisione. Il nostro impegno non deve esaurirsi nell’assistenza ai bambini, deve andare oltre e focalizzarsi sul gruppo familiare. Noi infatti proponiamo che le terapie intensive anziché neonatale si chiamino familiari. I genitori fanno parte delle cure” – ha affermato il primario della neonatologia romana.
Di fatto, sullo slancio della vicenda di Pina e dei suoi angeli, è stato riorganizzato il centro di terapia intensiva neonatale, sono stati inseriti nella pianta organica gli psichiatri (che prima erano consulenti). Questa innovazione equivale a dire che la condizione emotiva della partoriente e quella dei papà non è più presa in carico da uno specialista “su richiesta”, piuttosto il piano di supporto ai genitori diventa parte del piano di cura. Il risultato è un centro con caratteristiche peculiari in punto di cura dell’aspetto psicologico:
il centro dove furono curate le gemellino morte nel Tevere, che è diventato un esperimento pilota in Italia, resta aperto 24 ore su 24, i genitori sono muniti di un badge per entrare in terapia intensiva e hanno la possibilità di accostarsi alle incubatrici senza barriere.
Gemelline gettate nel Tevere dalla mamma, rispetto al malessere di Pina, è possibile che nessuno si sia reso conto di nulla?
“Gli psicologi e lo psichiatra non avevano individuato in quella donna segnali di rischio. Noi neonatologi, fin dalla nascita delle gemelline, avevamo però allertato gli psicologi perché Pina nel parto aveva perso un terzo gemello e ne era uscita scossa. Però non aveva voluto ricorrere al sostegno offerto“, queste le parole del medico (Fonte citazioni Corriere della Sera).
La consapevolezza che la vicenda di Pina torna ad offrire è una ed una soltanto: le mamme hanno sempre bisogno d’aiuto, questo bisogno diventa indispensabile quando la nascita “non va secondo i piani”, quando la salute della mamma si complica, quando il bambino nasce con delle difficoltà che maggiorano l’impegno di cura.
Se il bimbo è una responsabilità dei genitori, l’accoglienza della mamma e della nuova famiglia è una responsabilità della società.
DOVE SONO FINITI I CORPI DELLE GEMELLINE GETTATE NEL TEVERE DALLA MAMMA