La figlia di Miguel Cervantes ha smesso di soffrire: “si è liberata dal dolore ma ha lasciato i nostri cuori in frantumi” – così ha scritto la mamma, ed è questa la sintesi del dolore immenso dei genitori che sabato hanno detto addio alla loro piccola Adelaide Grace.
Chi è Miguel Cervantes?
Miguel Cervantes è un attore, noto al grande pubblico americano soprattutto per il suo ruolo nel musical “Hamilton” (dedicato alla vita di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti).
La morte della figlia di Miguel Cervantes tocca il cuore di tutti: affetta da una patologia “unica” era protagonista di una campagna di sensibilizzazione tenacemente sostenuta dalla sua mamma.
Questa tragedia deve richiamare l’attenzione di tutti su quei bambini che vivono una vita “medicalizzata”, peraltro non potendo godere di una “cura” nel senso stretto del termine quanto, piuttosto, di una speranza legata ai progressi affannosi e faticosi della medicina. La medicina ha bisogno di fondi, la società di responsabilità e le famiglie di accoglienza e conforto.
E’ stata Kelly Cervantes, la moglie di Miguel, a liberare via social il più doloroso e straziante annuncio che una mamma possa dare: ha fatto un drammatico annuncio sui social: Adelaide Grace è morta poco prima di festeggiare il suo quarto compleanno.
La bimba era affetta da crisi epilettiche sine causa (cioè mai ricondotte a una causa scatenante) sin da quando aveva 7 mesi, a 9 mesi la diagnosi, appunto, di spasmi infantili di origine mai spiegata.
Da allora la sua è stata una vita attaccata alle macchine, quelle stesse che nello straziante annuncio di mamma Kelli sono tristemente descritte come “ora spente”:
“Le macchine sono spente. Il suo letto è vuoto. Il silenzio è assordante. Adelaide Grace ci ha lasciato sabato mattina presto. Se n’è andata pacificamente tra le mie braccia e circondata dall’amore. Infine, è libera da dolore, reazioni e convulsioni ma lascia i nostri cuori in frantumi. Ti amiamo tanto Adelaide ora e per sempre“.
Addii dolorosi come questo devono ricordarci che le malattie rare meritano la stessa attenzione di ogni altra patologia, nessun bambino può restare solo, anche quando l’unicità che lo tocca è quella del male. I bambini “rari” hanno bisogno di accoglienza e la società deve essere chiamata a responsabilizzarsi rispetto ai bisogni dei bimbi speciali riuscendo anche a sostenere la ricerca intesa come un superiore interesse della collettività.