Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, lo fa in un lungo post Instagram che finisce con l’essere un ritratto a tinte calde della speranza e della forza dei genitori degli angeli.
Il tempo passa perché la vita ha il vizio di progredire inesorabilmente mischiando al dolore le responsabilità e persino le gioie; mentre, in quel turbinio di eventi che l’esistenza è, l’amore assume su di sé tutto il compito di mantenere ogni cosa insieme.
Questo è ciò che accade a chiunque e in qualunque normalità, questa è la vita che non risparmia nessuno dal dolore.
Ma la perdita di un figlio in utero è un evento devastante: da una parte c’è la mamma che quella vita l’ha vissuta come parte di se stessa, dall’altra il mondo che della creatura persa non ha sentito altro che un batter d’ali. Eppure quella mamma è in lutto, piange quel fruscio perso nel vento e rincorre ciò che solo lei può vedere: il profilo di quello che era il suo bambino nell’immaginario di un futuro che le è stato negato.
Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, lo fa in un lungo post Instagram
Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto, in alcuni passaggi consegna al mondo la consapevolezza di un dolore che tutti dovrebbero soppesare nelle loro mani:
“Sono stati mesi duri all’inverosimile. Mesi di attese, di esami, di controlli medici, di dolori e gioie strozzate in un lutto senza fine.
In questo tempo il mio corpo ha subito diverse ferite, non ultimo un cambio ormonale e una reazione alle cure che mi hanno molto piegata.
Dopo la perdita del bambino avevo bisogno di riprendermi psicologicamente e non ero pronta ad occuparmi dello specchio e della bilancia. Non avrei mai riconosciuto questa me stessa e non mi sarei perdonata perché niente coincideva con la percezione che avevo di me. Che non vuol dire “magrezza”, sia chiaro. Tutto era cambiato dentro e fuori: capelli, unghie, pancia, dolori alla schiena, emotività.
Un bambino non nato, non è entità. Ma un bambino che è cresciuto con te, che hai visto muoversi, respirare, a cui hai visto il cuore battere. E una pancia vuota, non è solo una pancia vuota. Ma è la tua pancia senza di lui.”
“Non seppellirò mai questa fase di vita– scrive ancora la giornalista -, ma camminerò a testa alta sapendo che la forza che abbiamo noi donne è infinitamente più grande dei ritocchi e della superficialità che vogliono imporre. Forza amiche mie #atestaalta“.
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Francesca Barra racconta i mesi dopo l’aborto ed esorta: a testa alta.
Il lutto perinatale merita di essere riconosciuto da tutti, la morte di un bambino in utero deve essere riconosciuta come tale: una perdita con valore pieno per la mamma che la subisce. Troppo spesso l’aborto è declassato a dolore minore, ma un figlio ha una sua identità anche solo nel progetto della nascita che la mamma culla esattamente insieme alla vita.