Meglio separarsi o restare insieme per i figli? E’ questo un dubbio ricorrente tra i genitori in conflitto e\o in procinto di separazione.
La separazione dei genitori grava sui bambini, soprattutto su quelli più piccoli, esattamente come un lutto, tant’è che il figlio risponde a quest’evento con una serie di somatizzazioni e di manifestazioni di disagi fisico-emotivi commisurati e corrispondenti al dolore di una perdita. Ciò che il figlio perde è la sicurezza del suo nido. Se questo è vero, è altrettanto vero che l’esposizione del bambino al conflitto tra i genitori è altrettanto dannosa.
I danni correlati alla separazione dei genitori appartengono al periodo dell’assestamento e sono fisiologici, il compito degli adulti è limitarli e favorire, così, anche l’assestamento del bambino.
Stress, somatizzazione, chiusura, disagio sociale e una diminuzione nella resa scolastica sono conseguenze dirette di criticità domestiche. Una criticità reiterata nel tempo (per esempio una coppia continuamente in lite) non aiuta affatto la stabilità emotiva di un bambino, diversamente la criticità di una separazione, per quanto sia sempre un evento traumatico, può essere mediata da una buona gestione dei rapporti parentali e genitoriali tra gli ex coniugi.
Tutto questo va tenuto in debito conto dinnanzi alla domanda: “Meglio separarsi o restare insieme per i figli?”
Il divorzio può aumentare il rischio di problemi di salute mentale è questo quello che risulta da recenti ricerche scientifiche, a rischio anche la stabilità affettiva, lo sviluppo sessuale e la resa scolastica.
Meglio separarsi o restare insieme per i figli? Se non esiste una risposta univoca a questa domanda soggettiva, esiste, invece, la possibilità di “catalogare” i comportamenti che gli adulti non devono tenere per non destabilizzare i bambini e per minimizzare i rischi discendenti dal crollo della stabilità familiare.
I genitori che scelgano di separarsi non devono coinvolgere i figli in discussioni importanti, animate, delicate o, più genericamente, discussioni adulte tra adulti. Gli psicologi sostengono che il divorzio può potenzialmente aumentare i problemi di comportamento dei figli, anche in bambini e ragazzi da sempre tranquilli possono intervenire disturbi della condotta, atti di sopraffazione sui compagni o comportamenti impulsivo-aggressivi.
Ridurre l’esposizione del bambino alle liti familiari e ai conflitti genitoriali lo aiuta a “positivizzare” la situazione che lo circonda: vedrà i genitori sereni e a sua volta si porrà verso il mondo rasserenato. All’opposto un bambino sopraffatto dalla conflittualità di mamma e papà reagirà in modo collerico, aggressivo e negativo.
I genitori che scelgano di separarsi non devono lavorare per cancellare nel bambino il ricordo della vecchia famiglia, all’opposto devono dimostrare al bambino che il loro affetto nei suo confronti (affetto individuale, ma anche affetto di coppia come mamma e papà, entrambi genitori) non si pone in discontinuità col passato. Al figlio va riconosciuto il diritto a sentire la mancanza della sua famiglia unita.
Meglio separarsi o restare insieme per i figli? Qualunque sia la vostra scelta, sappiate che il divorzio può innescare un disturbo dell’adattamento nei bambini, maggiore è la consolazione affettiva che il bambino trova in entrambi i genitori e nella continuità affettiva con gli stessi minore sarà il tempo necessario per la piena stabilizzazione emotiva.
Diversi studi hanno rilevato una tendenza dei figli di genitori separati alla depressione e crescenti tassi di ansia nei periodi cosiddetti di adattamento, è evidente che prima avviene l’adattamento prima la vita del bambino ri-comincia tenendo conto della nuova condizione in cui il ragazzo si è forzosamente venuto a trovare.
I genitori non devono alimentare il senso di abbandono dei figli né i sensi di colpa dai quali è difficile che il bambino si sottragga.
Favorire il rapporto con l’altro genitore e continuare, nei limiti del possibile a dividere le responsabilità di cura relative ai figli, aiuta la famiglia a diventare “separata ma serena” e riduce la conflittualità.
Meglio separarsi o restare insieme per i figli? qualunque sia la scelta finale, ciascun genitore (papà o mamma che sia) dovrebbe comprendere che non può separarsi dai figli e pertanto non può cedere né delegare tutte le sue responsabilità genitoriali.
Spesso il genitore che convive col bambino in modo prevalente si ritrova oberato della responsabilità di sopperire a tutto, in parole povere si ritrova a farsi carico di ogni cosa e da solo. Questa condizione può fortemente inasprire i rapporti perché può rendere il genitore solo un genitore rigido, se non addirittura ansioso e spaventato.
Inoltre tra il genitore convivente e il bambino si può instaurare una reciproca e bidirezionale dipendenza genitore – figlio oltremodo lesiva della spontaneità e dell’autonomia di entrambe le parti:
il figlio sente di dipendere emotivamente dall’unico genitore che gli resta accanto e teme che l’abbandono si ripeta. “Se mi ha abbandonato papà, può andare via anche mamma“, è questo che il figlio ripete istintivamente a se stesso e ciò va a tutto danno dei sensi di colpa. Per parte sua il genitore può incominciare a dipendere emotivamente dal figlio vedendo in lui la sola risorsa di una famiglia fallita, finita, distrutta.
In questo senso il divorzio può trasformarsi in un fallimento di tutti e tradursi in un atteggiamento negativo verso il futuro e verso il mondo, per il figlio ciò finirebbe con l’influire sul rendimento scolastico, per il genitore sulla resa lavorativa, per entrambi sulla socializzazione e sulla fiducia nell’altro estraneo.
Recenti studi dimostrano che gli adolescenti figli di genitori divorziati hanno maggiori probabilità di cadere in comportamenti cosiddetti a rischio, come l’uso di sostanze stupefacenti o l’attività sessuale precoce. Perchè?
Negli Stati Uniti è stato statisticato che sono prevalentemente gli adolescenti con genitori divorziati ad avere un precoce approccio all’alcol e all’attività intima con il partner, nonché all’uso di droghe leggere e al fumo ciò dipende dalla mancanza di un porto sicuro, di un nido rimasto stabile e della fiducia emotiva nell’istituzione familiare. Questa tendenza è più spiccata quando la conflittualità familiare non è stata sedata col divorzio né è stata superata la fase di adattamento.
Meglio separarsi o restare insieme per i figli? E se poi si deve tornare indietro, cioè dai genitori-nonni?
Le mamme che tornano nella casa dei nonni sono sostenute economicamente e aiutate materialmente ma non hanno figli meglio adattati alla separazione e al divorzio rispetto alle altre che siano rimaste a vivere da sole. Il ritorno alla casa paterna, anzi, può togliere potere al genitore che agli occhi del figlio ritorna ad essere “bisognoso di protezione” e entra in una casa in cui non può collocarsi al comando dovendo sottostare al potere di controllo e guida dei nonni.
I nonni dovrebbero essere così bravi da non interferire nell’educazione dei nipoti e da non imporsi agli occhi dei bambini come degli accondiscendenti protettori.
Il pediatra Giuseppe Ferrari, nel suo libro: “I bambini crescono nonostante gli adulti” fa notare che i bimbi possono reagire alla separazione dei genitori attraverso una serie di comportamenti involutivi:
- turbe del sonno,
- perdita di controllo degli sfinteri (pipì a letto),
- aggressività,
- crisi di pianto,
- aumento dei vizi compensatori (in particolari modo manifestati verso i nonni),
- paure,
- carenze scolastiche,
- maggiore frequenza di malattie da raffreddamento (è noto che lo stress abbassa le difese immunitarie).
Alcuni studi hanno indagato le conseguenze a lungo termine della separazione e collegato il divorzio dei genitori a un aumentato rischio di problemi di salute mentale. Le risultanze scientifiche, incluso uno studio pubblicato sul Journal of Family Psychology , dimostrerebbero che il divorzio dei genitori può essere una prima causa di insuccesso sociale:
certamente la fine della famiglia tradizionale scatena nel bambino una sfiducia nel futuro, una sfiducia tale da inibire la promozione e la costruzione di se stesso fino a causare uno scarso successo in età adulta sia in termini di istruzione, sia di lavoro, sia di relazioni sentimentali.