Noi adulti ragioniamo attraverso canoni completamente diversi da quelli che animano i pensieri dei bambini: sono differenti la sensibilità, l’approccio alla vita e le priorità. Pertanto è certo che esistano delle frasi da non dire ai bambini, delle parole la cui percezione può non essere agevole, semplice né lineare come sarebbe per un adulto.
Di fatto il bambino tende a dare un senso estremamente letterale e sintetico alle espressioni verbali, il che equivale a dire che una frase espressa in negativo non potrà essere trascurata dal bambino o superata con un atteggiamento esemplificativo.
Il bambino non ha la corazza né il sesso dello humor di un adulto, nemmeno ha la capacità di sorvolare o soprassedere.
Così, quando gli saranno direttamente riferite o saranno riferite a un suo comportamento parole di biasimo, come peggio, peggiore, cattivo, pessimo o sbagliato, queste ingenerano mortificazione e chiusura nel bambino.
Tra le frasi da non dire ai bambini se ne possono annoverare alcune tipiche degli adulti, apparentemente banali, ma profondamente capaci di turbare l’animo sensibile dei più piccoli.
Se in genere le parole e le frasi da non dire ai bambini sono quelle negative, iraconde, sminuenti e mortificanti, nello specifico l’adulto dovrebbe fermarsi ogni qual volta osserva un atteggiamenti di chiusura, difesa o opposizione del bambino. Probabilmente in quel momento il figlio sta subendo dal genitore una “aggressione verbale” che ne mette in crisi l’autostima, la fierezza e la serenità, non avendo gli strumenti lessicali e psicologici per controbattere, facilmente il bimbo si chiuderà i se stesso.
Ciò a cui l’adulto deve prestare attenzione è proprio la causa e la natura della chiusura del bambino: il piccolo non tace né ferma il suo comportamento perché ha chiaro un errore, egli, piuttosto, si ferma dinnanzi al dolore emotivo che certe parole gli scatenano dentro.
Frasi da non dire ai bambini: 1. Sei un pauroso!
La paura è un legittimo sentimento che si manifesta, anche negli adulti, ogni qualvolta la vita ci impone di affrontare un evento nuovo o dall’esito sconosciuto, importante o capace di ingenerare apprensione, faticoso o emotivamente coinvolgente.
I bambini dovrebbero essere accuditi nella paura e non mortificati, accompagnati al suo superamento e non spinti a nasconderla.
Per di più la manifestazione dei sentimenti, fosse anche della paura, è parte del processo di conoscenza di se stessi, processo che ogni individuo deve costantemente affrontare senza mancare di superare i propri limiti.
Il genitore che pubblica la foto del figlio sui social e chiosa con parole come fifone, coniglieto, pauroso (o simili) rischia di ingenerare nel bambino una disistima di se stesso. L’esempio della condivisione social non è casuale, il network è uno dei posti su cui meno si riflette “in un ottica da bambini”, soprattutto quando si condividono foto e fatti concernenti i figli. Bisognerebbe ricordare a se stessi che nostro figlio, prima o poi, vedrà quell’immagine e sin da subito avvertirà il peso di certe parole senza percepirne alcuna ilarità.
Frasi da non dire ai bambini: 2. Non sei abbastanza brava!
Tua cugina è più brava di te! Guarda com’è bravo quel bambino! Se solo fossi bravo come Antonio!
Nell’universo bambino non esiste una comparazione relativa, ovvero il bimbo è incapace di comparare un singolo aspetto di se stesso con il medesimo aspetto di questo o quell’altro bambino. Pertanto se il papà o la mamma considerano qualcuno migliore di lui, per il figlio ciò non è un monito a fare meglio, ma si traduce in un’assoluta mancanza di stima del genitore.
Essere richiamato a prestare attenzione alla bravura di un altro o vedersi riconosciute le proprie pecche e i propri difetti rappresenta per il bambino un male assoluto.
Quando ciò avviene, nella mente del piccolo tutto quello che lo circonda e ogni cosa che egli produce diventa il peggio che lui stesso possa realizzare. Un bel disegno non sarà ai suoi occhi abbastanza bello, così come un buon voto non sarà mai abbastanza soddisfacente.
In pratica, è difficile, se non addirittura impossibile, che il bambino, esortato a guardare il talento del cugino, del compagno di classe o dell’amichetto della porta accanto, viva l’esortazione comparativa come un monito a fare meglio. Di norma non la comprende affatto e la subisce come un offesa.
Gli adulti debbono considerare debitamente la reazione del piccolo: non debbono pensare che sia permaloso o geloso, non lo è! Il bambino, che dinnanzi alla comparazione si chiude e si ritrae, si sta semplicemente difendendo dalla paura di non essere abbastanza bravo agli occhi del genitore.
Mai fare paragoni, tra le frasi da non dire ai bambini si possono includere, a ragion veduta, tutte le frasi comparative: nessuno è più o meno bravo di tuo figlio, lui è unico e deve ricercare nei suoi talenti la propria forza. Sottolineare o esaltare i talenti di un altro bambino, nella logica infantile, finisce solo con l’essere percepito come un rifiuto.
Frasi da non dire ai bambini: 3. Smetti subito di piangere! Che piangi a fare! Basta piangere!
Il pianto (esattamente come la paura, ma anche allo stesso modo della gioia espressa nel riso) è un sentimento, difficile chiedere a un essere umano di smettere di provare un’emozione sentimentale.
Un bambino che piange non è capriccioso, piuttosto manifesta un sentimento di disagio. In quanto tale, il sentimento esplicitato va rispettato e curato, va persino indagato:
è più gusto chiedere il perché del pianto, anziché intimare di smetterla.
“Perché piangi? Possiamo cercare una soluzione insieme. Raccontami, prometto che ti aiuterò!“, dinnanzi alla disperazione e alle lacrime di un bambino, il migliore atteggiamento da tenere è quello rassicurante.
Tra le frasi da non dire ai bambini hanno, pertanto, un posto importante tutte le affermazioni imperative tese a tentare l’impossibile, ovvero quelle che vorrebbero ostacolare la manifestazione dei sentimenti: “Smetti di fare il capriccioso! Finiscila di piangere o di urlare!“.
Ciò su cui mamma e papà devono soffermarsi è il diritto di tutti, bambini per primi, a manifestare il lor libero sentire.
Frasi da non dire ai bambini: 4. Faccio io, tu non sei capace.
Il primo comandamento dell’educazione è la promozione dell’autonomia, oggi lo dicono pedagogisti, psicologi e pediatri, ma già ieri Maria Montessori ricordava a tutti i genitori che il buon educatore è colui che insegna ai bambini a fare da soli.
“Tu non sei in grado“, alla stessa stregua di “Tu non capisci, non riesci, non lo sai fare“, sono gravissimi attentati alla crescita personale del bambino, minano il suo stimolo a migliorare se stesso attraverso la pratica e l’apprendimento per tentativi.
Allacciarsi le scarpe, usare il cucchiaio, ma anche imparare a scrivere e a leggere, piuttosto che riuscire a lavarsi i denti da solo, sono tutte competenze che il bambino apprende con la pratica.
Le mamme e i papà dovrebbero fare piccole riflessioni di esperienza: il bambino che non versa l’acqua nel bicchiere da solo, facendola traboccare, cadere e sgorgare sul tavolo più e più volte, difficilmente imparerà a farlo con precisione e senza errori “improvvisamente e per magia”. La pratica quotidiana affina, cioè, le competenze e senza pratica non si ottengono né precise né corrette competenze.
Frasi da non dire ai bambini: 5. Non posso credere che tu abbia fatto questo! Non ti voglio più bene! Mi hai deluso! Come hai potuto essere così cattivo.
E’ egoista quel genitore che pretenda dal figlio l’assicurazione costante e infallibile di un buon comportamento; il figlio è fallace, è fragile, è capace di fare bene come di sbagliare, è meritevole di guida com’è bisognoso di perdono.
Un figlio che commetta un errore ha bisogno di essere accompagnato nella comprensione del difetto nel discernimento del bene e del male e non può essergli opposta sempre e solo un’assoluta richiesta di scuse incondizionata. Ci sono delle circostanze in cui l’errore si recupera solo con la comprensione dei fatti e senza la mistificazione della colpa.
Questo non vuol dire che il bambino che sbaglia non debba essere sgridato, piuttosto significa che dinnanzi a certi errori è più corretto parlare del perché di un comportamento che non muovere accuse a critiche e aprioristiche.
“Perchè hai fatto una cosa come questa? Ti rendi conto delle conseguenze del tuo gesto? Avrei voluto che tu ti comportassi diversamente perché …“, sono questi approcci più critici al problema errore e, sempre che portino ad un esame attento della natura dell’errore, sono persino più proficui.
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