Durante l’udienza generale tenutasi in piazza San Pietro lo scorso mercoledì 10 ottobre, le dure parole con le quali Papa Francesco condanna l’aborto sono state accolte dagli applausi della folla presente, costituita in gran parte da persone che difendono la vita.
Tuttavia quelle stesse frasi, diffuse poi attraverso gli organi di stampa, hanno in seguito generato un’accesa polemica.
Papa Francesco condanna l’aborto: Come affittare un sicario.
“Io vi domando: è giusto fare fuori una vita umana per risolvere un problema? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto fare fuori un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema”.
Nell’udienza generale dedicata al quinto comandamento “Non uccidere”, Papa Francesco condanna l’aborto usando parole non di certo benevoli. Dopotutto il Santo Padre sono si è mai mostrato magnanimo nei confronti di chi effettua una scelta cosi drastica, seppur non presa mai a cuor leggero.
Già nel febbraio del 2016, mentre era a bordo di un aereo che dal Messico lo riportava in Italia, il pontefice aveva posto sullo stesso piano l’aborto con la malavita.
“L’aborto non è un male minore, è un crimine, è far fuori, è quello che fa la mafia”.
Bergoglio si è poi ripetuto nel novembre del 2017 e nel giugno di quest’anno quando, parlando dell’aborto selettivo, paragonò tale pratica alla ricerca della razza pura da parte dei nazisti.
“Il secolo scorso tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi”.
Le pesanti e forti affermazioni con le quali Papa Francesco condanna l’aborto rappresentano la conclusione di un discorso ben più ampio che tocca tematiche quali l’amore, la misericordia e le difficoltà familiari, soprattutto di coloro che devono affrontare una disabilità.
Il pontefice definisce “un approccio contraddittorio” quello che permette anche “la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti” e domanda:
“Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? Da dove viene tutto ciò? La violenza e il rifiuto della vita nascono in fondo dalla paura”.
E, parlando di paura, Papa Francesco condanna l’aborto ma soprattutto coloro che propongono questa pratica come unica possibile soluzione ad una gravidanza che presenta problematiche anche gravi.
“Pensiamo, ad esempio, a quando si scopre che una vita nascente è portatrice di disabilità, anche grave. I genitori, in questi casi drammatici, hanno bisogno di vera vicinanza, di vera solidarietà, per affrontare la realtà superando le comprensibili paure. Invece spesso ricevono frettolosi consigli di interrompere la gravidanza”.
Da questo discorso emerge che Papa Francesco condanna l’aborto ma, nello specifico, condanna coloro che lo consigliano e lo praticano, piuttosto che i disperati genitori che lo scelgono.
Al contrario, come annunciato nel Giubileo della Misericordia tenutosi alla fine del 2016, il pontefice invita i sacerdoti a perdonare chi, pentito per aver deciso di porre fine ad una piccola vita, vuole intraprendere un cammino di riconciliazione:
“L’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre”.
Parole che in tanti condivideranno ma alle quale mi sento di aggiungere un appunto personale.
In 10 anni di gestione della pagina Facebook di Vita da Mamma, anni durante i quali ho conosciuto mamme che si sono trovate di fronte a questo importante e sconcertante bivio, ho imparato una cosa che in tanti spesso dimenticano (o vogliono dimenticare): l’aborto non è mai una scelta fatta a cuor leggero, dietro quella decisione c’è tutta la sofferenza di una mamma ed un papà che porteranno per sempre nei loro cuori. Non dimentichiamolo mai.
Fonte: La Stampa