Un altro papà killer ha rubato la vita di un figlio. Questa volta un bambino di appena un anno è rimasto vittima della follia omicida del padre morendo, tra le braccia della mamma, sotto il colpo di un fendente.
Chi è Niccolò Patriarchi, il papà killer di Scarperia (Firenze)?
Le testimonianze, raccolte dagli organi di stampa, parlano già di tragedia annunciata e forse evitabile perché Annalisa Landi aveva più volte denunciato Niccolò Patriarchi, anche se, purtroppo, aveva sempre ritirato le sue denunce. Più volte la donna era ricorsa a cure mediche e interventi dei Carabinieri, ma mai aveva lasciato il suo compagno.
La foto che la stampa consegna al pubblico è in apparenza quella di una famiglia normale, difficile credere che questo padre, Niccolò Patriarchi, abbia sparso il sangue di suo figlio nel patio domestico.
Posto che, a norma di legge, i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli sono un reato perseguibile d’ufficio (art. 572 c.p.), la domanda che l’opinione pubblica si fa oggi è soltanto una: la tragedia di Scarperia poteva essere evitata?
Alcuni dubbi si insinuano persino sulle condizioni mentali di Niccolò Patriarchi, ma quel che è certo è che a seguito delle diverse violenze subite da Annalisa “sono partite regolarmente dai Carabinieri segnalazioni alla procura ordinaria e a quella minorile”, è la stessa stampa nazionale a confermarlo datando la prima denuncia novembre 2015.
Malgrado ciò, il sindaco assicura che la famiglia non fosse seguita dagli assistenti sociali:
“Non erano membri attivi della comunità ma neanche persone poste ai margini del paese, abitavano accanto alla famiglia di Annalisa, da noi si sono rivolti solo per ricevere agevolazioni economiche abbiamo saputo che la donna aveva sporto denuncia una prima volta ma la situazione non implicava un coinvolgimento dei nostri servizi sociali. Se poi fossero seguiti da una associazione o avessero problemi di salute di altro tipo, noi non possiamo saperlo”.
(Fonte dichiarazione FirenzeToday)
Che Annalisa e Niccolò, impiegata lei e tecnico informatico lui, litigassero spesso era noto a tutti, i vicini li sentivano e i Carabinieri avevano già effettuato degli interventi presso la loro abitazione.
Tuttavia il passo dalla lite all’omicidio è considerevole, eppure Niccolò Patriarchi, al culmine di un diverbio durante la cena, ha brandito un coltello contro la moglie e ha ucciso il figlio, tentando anche di togliere la vita alla bambina di 7 anni.
Se la bimba è salva solo grazie alla mamma che le ha fatto da scudo, Annalisa è ora in rianimazione e dovrà fare i conti con la morte del piccolo Michele.
Michele, questo il nome del figlioletto di Niccolò Patriarchi, aveva compiuto 1 anno lo scorso 3 settembre, di lui resta oggi l’immagine del sangue zampillato nel violetto di una casa di periferia.
Niccolò aveva già avuto una delle sue crisi d’ira sfogate aggredendo la compagna, a quanto pare la bimba di 7 anni ne era stata più volte testimone. La stampa nazionale sostiene che Niccolò fosse in cura per questo, malgrado ciò Annalisa avrebbe continuato a subire anche durante la gravidanza e mai si sarebbe convinta a lasciarlo temendo che senza di lei Niccolò avrebbe smesso di curarsi.
Solo pochi mesi fa Annalisa avrebbe avviato un provvedimento di allontanamento a carico del compagno, alla fine però non lo ha reso esecutivo, lo sostiene uno dei legali della donna.
Così osservata, la vicenda della morte di Michele e le mani insanguinate di Niccolò Patriarchi sembrano un dramma già scritto.
Impossibile non ragionare sull’importanza di più stringenti leggi a tutela dei minori e delle donne in caso di violenza domestica.