Picchiare i bambini interferisce con lo sviluppo cognitivo e minimizza le prestazioni scolastiche, in pratica i bimbi che subiscono punizioni corporali, anche se lievi, vanno peggio a scuola.
La più bassa resa scolastica dei bimbi picchiati sarebbe direttamente dipendente da una reazione emotiva del bambino, lo spiega una ricerca scientifica.
Alcuni ricercatori americani hanno messo a punto e pubblicato una ricerca fondata su una osservazione mirata, i risultati sono stati resi noti sulla rivista Child Abuse and Neglect e lo studio è intitolato “Dimensions of physical punishment and their associations with children’s cognitive performance and school adjustment”.
In un intervallo di 3 anni sono stati esaminati 658 bambini inizialmente osservati a partire da un età compresa tra gli 8 e 14 anni; questi bambini sono stati educati con l’uso familiare di punizioni corporali lievi e non, praticamente i loro genitori usavano picchiare i bambini per educarli.
Si parla di punizioni corporali lievi e non lievi perchè gli stessi ricercatori le hanno diversamente catalogate in base all’intensità.
Indipendentemente dall’intensità delle punizioni fisiche, tenendo conto delle caratteristiche socioeconomiche e demografiche dei bambini, è stato dimostrato che le prestazioni cognitive dei figli calano quando questi subiscano le botte.
Picchiare i bambini influisce negativamente sullo sviluppo sociale dei figli.
I bambini picchiati sviluppano una tendenza all’isolamento tra pari; se non sono violenti sono,all’opposto, facili alla sottomissione, in ogni caso difficilmente sono equilibrati e pacati; diventano poco empatici, poco curiosi del mondo esterno o persino inclini alla violenza. Quest’ultimo dato non è caratteriale, semplicemente imparano e imitano un atteggiamento comportamentale dall’adulto e finiscono col risolvere i problemi ricorrendo alla legge del più forte.
Nella presentazione della loro ricerca, gli esperti suggeriscono che la prevenzione dell’abuso fisico (ovvero scegliere di non picchiare i bambini) può migliorare le prestazioni cognitive dei figli.
Se da un lato picchiare i bambini interferisce con lo sviluppo cognitivo dei figli, dall’altro usare la violenza consegna al mondo di domani adulti meno sereni, meno empatici, meno pacati.
Picchiare i bambini interferisce con lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei figli sopratutto perché la prima risposta che il bambino dà alla violenza è la chiusura, sinonimo di sfiducia.
Il bambino che subisce punizioni fisiche è un bimbo che non si può opporre alla superiorità del genitore, di fatto non potrebbe picchiare con la stessa violenza e con la stessa prepotenza, nemmeno emotiva.
Questa naturale sottomissione fisica e emozionale vale per uno schiaffato come per uno sculaccione, sotto l’aspetto emotivo il discrimine tra l’intensità delle punizioni fisiche è assai relativo.
Anche se le “botte” non riportano conseguenze fisiche (come lividi o ferite) lasciano, per l’impatto emotivo che hanno, sempre tracce estremamente profonde nella psiche del bimbo.
Di fatto i bambini picchiati hanno paura, la paura riguarda gli adulti e si estende anche agli insegnanti. Già solo questo pone il bambino in una posizione di difesa che facilmente può trasformarsi in forte disagio, chiusura e timore. Questo vale a scuola come in ogni contesto sociale ove sia necessario un confronto.
Picchiare i bambini interferisce con lo sviluppo cognitivo del bambino perché ne limita le positive interazioni col mondo.
Ad ogni schiaffo, il bambino picchiato si sente inadeguato, sbagliato, incapace. La reiterazione di queste condizioni emotive comporta una grande difficoltà a interfacciarsi con gli altri, il bimbo che subisce violenza sarà facilmente un insicuro.
Minore è il livello di interazione con l’adulto (laddove dall’interazione con l’adulto il bambino deve imparare a esprimere se stesso) minore sarà la capacità del bimbo di sperimentare le proprie posizioni e volontà, scelte e opinioni.
Pertanto la scelta educativa di picchiare i bambini o non farlo affatto non interferisce solo sullo sviluppo cognitivo dei figli, incide più in generale sulla evoluzione matura del loro carattere. I genitori devono considerare anche questo quando negano a se stessi e alla propria famiglia una impronta educativa dialogante.
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