In Italia mai nessun presidente è stato messo in stato di accusa. Ma pariamo dall’uso corretto delle parole: oggi tutti parlano di impeachment, l’impeachment dal francese empêchement, che letteralmente si traduce in impedimento è un procedimento che non esiste nel mostro paese, piuttosto esiste in America (dove l’impedimento può essere invocato sia per i giudici sia per i componenti dell’esecutivo). In Italia esiste la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
Il termine impeachment è entrato nel gergo comune per indicare proprio il processo di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.
Diciamo subito che la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica è una procedura dispendiosa, lunga e puntualissima che si articola su più livelli coinvolgendo diverse forze istituzionali. Essa ha lo scopo ultimo di accertare la verità costituzionale, garantire il massimo rispetto della Carta Fondamentale e scongiurare il pericolo di destituzioni pretestuose e strumentali.
La messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica è ammissibile solo in casi tassativamente previsti dalla legge; pretende un’analisi preliminare da parte del Parlamento e la sentenza inderogabile (quindi l’ultima parola) spetta alla Corte Costituzionale.
L’articolo 90 della Costituzione recita:
“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri“.
Messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
Un esempio di alto tradimento può essere la pericolosa diffusione di segreti di Stato oppure la cospirazione con Stati avversari in tempo di guerra; mentre l‘ipotesi di attentato alla Costituzione si verifica ogni qualvolta l’operato presidenziale violi le norme costituzionali in maniera tale da stravolgere i capisaldi dell’ordinamento, di fatto gli atti anticostituzionali possono fondare una richiesta formale di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.
Nella fattispecie del Presidente Mattarella chi chiede l’impeachment considera apertamente anti-costituzionale il “veto” posto alla nomina del ministro dell’economia proposto per il governo Salvini-Di Maio, considerando il no come una scelta politica e come un veto d’opinione non basato su impedimenti limitanti per il paese e quindi non costituzionalmente garantito.
Come funziona fattivamente la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica Italiana?
Una volta presentata la richiesta formale, il nostro ordinamento ne pretende una prima analisi (cosiddetta preliminare).
Viene convocato d’urgenza un comitato di 20 membri scelti tra deputati e senatori competenti per le autorizzazioni a procedere. Questi 20 membri vengono selezionati in accordo tra i presidenti di Camera e Senato tenendo conto di mantenere un’equa proporzione tra le rappresentanze dei diversi gruppi parlamentari.
Il comitato esamina preliminarmente le accuse e decide circa il prosieguo dell’iter o, in alternativa, opta per l’archiviazione.
Se l’iter deve procedere, la questione va sottoposta al Parlamento in seduta comune. A questo punto l’impeachment necessita della maggioranza assoluta per andare oltre.
Quanti voti servono perché la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica proceda oltre il Parlamento in seduta comune?
Posto che 630 sono i deputati e 315 i senatori, cui vanno aggiunti i senatori a vita, per decidere di procedere all’impeachment servirebbero 477 voti favorevoli. In caso di voto favorevole delle aule tutto transita dinnanzi alla Corte Costituzionale in composizione straordinaria:
per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, la corte lavorerà con i suoi 15 componenti togati più altri 16 membri estratti a sorte da uno speciale elenco di cittadini.
Si tratta dell’elenco dei cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità al senato della Repubblica, detto elenco è di compilazione parlamentare e viene stilato ogni nove anni con un sistema elettivo che segue le medesime regole stabilite per la nomina dei giudici costituzionali ordinari.
I giudici divengono così 31, a questi si aggiungono quelli che la Costituzione chiama “commissari d’accusa“, membri del parlamento nominati a questa carica speciale elettivamente e col compito di sostenere le accuse a carico del Presidente della Repubblica.
L’iter decisionale passerà attraverso un processo vero e proprio che garantirà l’esame delle prove e l’audizione dei testi per circoscrivere e raccontare dettagliatamente i fatti oggetto d’accusa. Ci saranno udienze, testimonianze, interrogatori e un dibattimento.
La sentenza sarà inappellabile, come ogni sentenza emessa dalla Corte Costituzionale.