I compiti a casa rappresentano una delle questioni più dibattute della scuola italiana: c’è chi li approva e anzi li promuove come necessario completamento e progresso dell’attività didattica; all’opposto, c’è chi li demonizza considerandoli un inutile affaticamento degli studenti, sopratutto dei bambini della scuola elementare.
Compiti a casa sì o no: medio stat virtus
Se è vero che le soluzioni mediane sono quasi sempre le migliori, è anche vero che ai giovani studenti potrebbe essere assegnato un mero ripasso delle attività didattiche e che in aula potrebbe essere favorito il lavoro collettivo e lo svolgimento dei compiti in gruppo.
In questo modo – ampliando le competenze individuali, favorendo l’adattamento al lavoro in cooperazione e liberando le famiglie dall’esigenza, tal volta difficile, di sostituirsi all’insegnante – il valore dei compiti potrebbe essere sintetizzato in una attività di rafforzamento del lavoro scolastico.
Compiti a casa, mai nel fine settimana
Durante la settimana un moderato apporto di compiti da svolgere a casa può servire a mantenere e rinsaldare la memoria del lavoro scolastico, a dimostrare ai genitori i progressi scolastici, a perfezionare le competenze e ad allenarsi allo svolgimento in autonomia dei compiti e delle mansioni personali. Tuttavia è pur vero che il fine settimana dovrebbe essere rispettato come spazio libero, per la famiglia e di svago.
A sostenere la non appropriatezza dei compiti a casa durante il fine settimana è un pediatra accademico, il professor Italo Farnetani, ordinario presso la Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche di Malta:
una riorganizzazione della didattica e dell’orario di scuola potrebbe garantire ai giovani di riservare un tempo per la famiglia, per vedere i nonni, far visita agli amici e trascorrere del tempo con i coetanei, andare al parco e “staccare la spina”. Questo in sintesi il bisogno di cui il professore si fa portavoce non nascondendo che i compiti a casa nel week and sono o possono essere un peso per le famiglie.
Se i compiti si svolgessero direttamente a scuola, magari in gruppo, i docenti potrebbero osservare gli alunni da vicino valutandone l’autonomia e allo stesso tempo i ragazzi potrebbero imparare a confrontarsi con gli altri in quella dinamica del “gruppo” che spesso è propria del lavoro adulto.
Il professore è sceso nel dettaglio dell’argomento nel novembre del 2017, definendo il fine settimana come “tempo prezioso per stare con la famiglia, incontrare gli amichetti, fare un giro al parco o andare a trovare i nonni”.
Anche i docenti dovrebbero tenere conto di ciò che il Professore precisa: “I bambini dei Paesi industrializzati lottano contro nemici che si chiamano sovrappeso, obesità, poca attività fisica, solitudine. Dover dedicare delle ore negli unici giorni liberi dalla scuola a fare i compiti impedisce ai bambini di godere pienamente del diritto alla vita familiare fatta anche di gite tutti insieme, sport, pomeriggi di gioco e relax, riunioni di famiglia, pomeriggi con i coetanei, a maggior ragione nel fine settimana”.