La sera del 21 febbraio 2001, verso le ore 19:30, la contabile 41enne Susanna Cassini, da tutti conosciuta come Susy, e il figlio minore Gianluca De Nardo di appena 11 anni furono barbaramente e crudelmente uccisi dall’allora 16enne Erika De Nardo, figlia e sorella delle vittime, e dal suo fidanzato 17enne Mauro Favaro, da tutti conosciuto come Omar.
Un fatto di cronaca da tutti ricordato come il delitto di Novi Ligure, un vero e proprio massacro scaturito da quello che in seguito verrà definito un amore assassino, ossia il sentimento che legava Erika e Omar.
Delitto di Novi Ligure: l’amore assassino di Erika e Omar
Era la sera del 21 febbraio del 2001, Susy Cassini e il figlio minore Gianluca De Nardo fecero rientro a casa, una villetta di due piani situata al numero 12 di via B. Dacatra, nel quartiere Lodolino di Novi Ligure, città piemontese situata in provincia di Alessandria.
Gianluca, che il successivo 27 novembre avrebbe compiuto 12 anni, era salito al piano superiore, tornato da una partita di pallacanestro si apprestava a farsi un bagno. Al pianterreno restavano mamma Susy e la figlia sedicenne dei De Nardo, Erika. Nascosto invece nel bagno del pianterreno vi era il fidanzato di quest’ultima, Omar, che, come d’accordo con la ragazza, aveva già indossato dei guanti.
Poco dopo l’arrivo di Susy e Gianluca, tra la donna e la giovane figlia, entrambe situate in cucina, scoppia un acceso diverbio: Susy si mostrava preoccupata per l’andamento scolastico e le cattive compagnie della figlia. La giovane colse l’occasione che divenne la scintilla dalla quale scaturì la furia omicida dei due giovani amanti.
Impegnata nel diverbio con la madre, Erika, prima ancora di riuscire ad indossare i guanti, afferrò un coltello da cucina e sferrò il primo colpo alla donna dando così il via a quello che oggi tutti noi ricordiamo come l’efferato delitto di Novi Ligure.
Avvertito quanto stesse accadendo in cucina, Omar uscì dal suo nascondiglio e raggiunse la giovane fidanzata che, nel frattempo, aveva anche lei indossato i guanti per non lasciare alcuna traccia di se durante il massacro.
A quel punto la coppia iniziò a sferrare diverse coltellate alla donna che tentò più volte di sottrarsi alla furia omicida dei suoi assassini purtroppo senza riuscirci. Susy Cassini fu brutalmente uccisa con 40 coltellate ma, come ha ricordato lo stesso Omar in una recente intervista, prima di esalare l’ultimo respiro dirà alla figlia di averla perdonata.
Il primo delitto di Novi Ligure si era consumato anche dinanzi agli occhi del piccolo Gianluca che, attirato dai rumori sospetti provenienti dal piano terra, era sceso per vedere cosa stesse accadendo. Dopo essersi resi conto della presenza dell’11enne, Erika e Omar lo raggiusero sferrandogli un primo colpo. In seguito cercarono di tranquillizzarlo portandolo al piano superiore con la scusa di aiutarlo a lavarsi.
Impaurito e scioccato da quanto appena visto, Gianluca cercherà di sfuggire alla presa di Erika e Omar rifugiandosi nella stanza della sorella, non pensando che sarebbe diventata per lui una vera e propria trappola. Raggiunto nuovamente dai due innamorati – che nel frattempo accesero lo stereo a tutto volume per attutire le urla – venne infatti colpito con diverse coltellate prima che riuscisse nuovamente a fuggire.
Gianluca raggiunse così il bagno. Qui Erika tentò di avvelenare il fratello facendogli bere della polvere topicida, un tentativo fallito che la spinse a gettare il bambino nella vasca, che lui stesso aveva riempito in precedenza, per affogarlo.
Non riuscendo nemmeno stavolta, Erika e Omar portarono a compimento il secondo delitto di Novi Ligure sferrando ulteriori fendenti con uno dei coltelli usato in precedenza contro la madre. Sul corpo esanime di Gianluca gli inquirenti rilevarono ben 57 coltellate complessive.
Secondo quanto rilevato nel corso delle indagini, il delitto di Novi Ligure avrebbe dovuto avere un ulteriore vittima, Francesco De Nardo, papà di Erika, che al momento del massacro perpetrato dalla giovane e dal suo fidanzato non si trovava in casa. Tuttavia, dopo aver privato anche il piccolo Gianluca della vita, Erika e Omar scesero al pianterreno ed iniziarono a litigare.
Stanco di quanto appena commesso, Omar intimò alla compagna di portare a termine il piano da sola e lasciò l’abitazione poco prima delle ore 21:00. Nell’allontanarsi, fu visto da un vicino che notò del sangue sui suoi pantaloni, un particolare che aiutò gli inquirenti nella risoluzione del caso del delitto di Novi Ligure.
Poco dopo l’uscita di Omar, Erika, con i vestiti completamente insanguinati, uscì dall’abitazione e iniziò a girare tra le villette del quartiere invocando aiuto. Raggiunta dai carabinieri ed interrogata da quest’ultimi, la 16enne, nonostante sia stata spettatrice di quello che gli agenti definirono una scena da mattatoio, diede una prima versione dei fatti molto accurata e precisa, mantenendo una freddezza ed una lucidità al punto tale da impressionare gli inquirenti.
La ragazza dichiarò che la famiglia era stata vittima di un tentativo di furto da parte di alcuni stranieri che lei identifico come albanesi. Per avvalorare la sua tesi disegnò personalmente degli identikit dei presunti assassini.
Le forze dell’ordine seguirono quella pista, tuttavia i rilevamenti effettuati in seguito portò alla luce delle incongruenze nel racconto di Erika, al punto da dubitare della veridicità della stessa.
Delitto di Novi Ligure: i primi dubbi.
I carabinieri non si spiegavano perché, nonostante il tentativo di furto, non vi fu alcun segno di effrazione su porte e finestre. Inoltre i vicini non ebbero segnalato alcun rumore o movimento insolito, anche i cani da guardia della famiglia De Nardo non abbaiarono, cosa che solitamente avviene in presenza di persone estranee sospette. Anche l’arma del duplice delitto di Novi Ligure venne ritenuta sospetta, infatti gli inquirenti non si spiegarono come fosse possibile che dei rapinatori avessero assalito le vittime con un’arma improvvisata, reperita sulla scena del crimine. La ferocia con la quale furono colpiti mamma Susy e il piccolo Gianluca poi risultò essere eccessiva per una rapina andata male.
Per chiarire questi ed altri interrogativi, il procuratore capo di Alessandria, Carlo Carlesi, convocò Erika e Omar in procura la sera del 22 febbraio. I due ragazzi furono lasciati completamente soli per diverse ore in una stanza, inconsapevoli di essere ripresi e ascoltati attraverso microspie e telecamere nascoste.
L’atteggiamento e le dichiarazioni dei ragazzi fu definito più che sospetto, una vera e propria confessione da parte degli stessi. Erika infatti, non sapendo di essere ripresa, mimò il gesto di una coltellata e chiese al compagno quanti colpi avesse inferto alle vittime. Quest’ultimo chiamò ripetutamente la sua fidanzata “assassina” e si mostrò preoccupato per le conseguenze delle loro azioni.
Il 23 febbraio del 2001 Erika e Omar furono posti in stato di fermo, entrambi accusati di aver commesso il delitto di Novi Ligure, e condotti nel carcere minorile di Torino.
Delitto di Novi Ligure: il processo.
La dinamica del delitto fu ricostruita solo ed esclusivamente attraverso i rilevamenti effettuati sulla scena del crimine dai RIS di Parma, questo perché le testimonianze e le dichiarazioni date da 2 ragazzi nel corso del processo furono considerate di minore importanza se non addirittura mendaci. Erika e Omar infatti, una volta riconosciuti come autori del delitto di Novi Ligure, iniziarono ad accusarsi l’un l’altro:
Erika si dichiarò innocente addossando ogni responsabilità del massacro sul fidanzato Omar che, a sua volta, accusò Erika di aver organizzato il tutto per diverse settimane e di averlo costretto a partecipare al massacro.
Il movente resta ancora oggi dubbio, le indagini permisero di evidenziare una situazione familiare non serena, Erika era in perenne conflitto con i suoi genitori, preoccupati che la sua frequentazione con Omar potesse in qualche modo nuocerla.
Durante il processo venne inoltre appurato che Erika e Omar non fossero sotto l’effetto di droghe e/o stupefacenti al momento del delitto. pur avendo in precedenza fatto uso di sostanze illegali, lo stato dei due ragazzi non fu considerato alterato al momento del massacro.
Il 14 dicembre del 2001 Erika e Omar furono condannati rispettivamente a 16 e 14 anni di reclusione dal tribunale per i minori di Torino, con la pesante accusa di essere gli organizzatori – i giudici dichiararono che vi fu la premeditazione – e gli esecutori del delitto di Novi Ligure.
Una sentenza poi confermata sia dalla Corte d’Appello di Torino il 30 maggio del 2002, sia dalla Corte di Cassazione il 9 aprile del 2003.
Nonostante la difesa chiese l’infermità mentale, la giuria dichiarò Erika e Omar capaci di intendere e di volere.
Delitto di Novi Ligure: cosa è accaduto ad Erika ed Omar.
Mauro Favaro, detto Omar, è stato scarcerato il 3 marzo del 2010, avendo potuto beneficiare dell’indulto e di alcuni sconti della pena per buona condotta. Oggi il giovane vive in Toscana, lavora come barista e sogna di potersi rifare una vita dimenticando quanto accaduto nel 2001.
Erika invece è stata scarcerata il 5 dicembre del 2011, due anni prima era riuscita a conseguire la laurea in filosofia mentre si trovava ancora in carcere. Anche lei ha cercato di rifarsi una vita ma, a differenza di Omar che si è sempre dichiarato pentito per quanto commesso, Erika continua a dichiararsi innocente adottando ogni responsabilità all’ex fidanzato.
Sostenuta dal padre Francesco, che non l’ha mai abbandonata durante il processo o negli anni di carcere, Erika si è trasferita a Lonato, in provincia di Brescia, cambiando diversi lavori dal 2013.
Le sue immagini più recenti mostrano la grande somiglianza con la madre, Susy, la donna che le ha dato la vita, la donna uccisa sotto i colpi sferrati dalla mano di sua figlia.
Aggiornamento al 2 dicembre 2019
Erika si è sposata, 18 anni dopo il delitto di Novi Ligure, la “figlia assassina” si è rifatta una vita.
A dare notizia del matrimonio di Erika è Don Mazzi in un’intervista al settimanale Oggi, la notizia è stata poi riportata dalla stampa nazionale. Ecco uno stralcio della dichiarazione di Don Mazzi:
“(Erika, ndr.) Ha una nuova vita, si è sposata. Ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere“.