Correva il 2014, era precisamente il 29 novembre, quel giorno Veronica Panarello denunciò la scomparsa del figlio Loris. La mamma, smascherata poi come l’assassina del piccolo, dichiarò di averlo accompagnato a scuola ma di non averlo ritrovato alla fine delle lezioni. All’uscita del circolo didattico Falcone-Borsellino di Santa Croce Camerina (Ragusa), Loris non c’era e prima di sera il suo cadavere fu rinvenuto in un canalone. A scoprire il corpo un cacciatore della zona, Orazio Fidone.
Le indagini non ci misero molto a concentrasi sulla mamma, i video delle telecamere cittadine svelarono subito la grande bugia di Veronica Panarello: quella mattina Loris Stival non era mai arrivato a scuola.
Dopo poco più di tre anni, il papà svela al mondo un retroscena nascosto di questo profondo lutto: racconta del momento esatto in cui il figlio minore gli ha chiesto come è morto Loris.
L’opinione pubblica sa come è morto Loris Stival, spiegarlo al fratello, al figlio della stessa mamma assassina è, purtroppo, cosa difficile e dolorosissima.
Stando alle ricostruzioni operate in fase investigativa, Loris è morto per asfissia da strangolamento. L’arma del delitto sarebbe compatibile con una fascetta da elettricista e si presume che la mamma, Veronica Panarello abbia strangolato suo figlio chiudendogli la fascetta di plastica intorno alla gola.
Un giorno mentre papà Davide e suo figlio minore erano in macchina, di ritorno dal cimitero, il bambino ha fatto quella domanda che prima o poi doveva arrivare: “Papà, come è morto Lorys? Chi è stato?”.
Veronica, mamma Veronica, non poteva non essere chiamata in causa dal padre: la donna è stata condanna a 30 anni di carcere per la morte di Loris e recentemente il tribunale di Ragusa le ha tolto la patria potestà, negandole anche il diritto a vedere il figlio minore o ad essere aggiornata sulla sua crescita.
E’ in questo scenario che al papà Davide, dinnanzi alla domanda”Come è morto Loris”, è spettato il compito atroce e doloroso di raccontare al minore dei suoi figli come ha perduto il fratello:
La polizia ha fatto delle indagini, ha guardato i filmati delle telecamere e ha scoperto che la mamma un giorno non l’ha accompagnato a scuola. Da qui si è capito che forse è stata lei a fargli del male.
Queste le parole di Davide Stival che racconta il momento cruciale in un libro: “Nel nome di Lorys”, scritto grazie alla penna del giornalista Simone Toscano e con la collaborazione dell’avvocato Daniele Scrofani.
Nel momento in cui il figlio minore ha chiesto al papà “Come è morto Loris” le ferite del dramma si sono riaperte.
Il racconto del padre è testimonianza di un dato inequivocabile stroppo spesso trascurato: dietro i drammi di cronaca che coinvolgono i minori sovente si ascendono anche altre tragedie, quelle delle famiglie che restano, dei fratelli, dei genitori incolpevoli. Tante e troppe volte i drammi derivati dalle tragedie più popolari della cronaca nera restano come abbandonati al loro doloroso silenzio.
A me si è gelato il sangue nelle vene, anche se ero preparato a questa domanda. Sapevo che sarebbe arrivata e avevo chiesto agli psicologi come avrei dovuto comportarmi: ma sentire tuo figlio di cinque anni parlare di questi argomenti ti fa male, ti riporta alla tragedia che ha colpito le nostre vite.
Quando il papà ha rivelato la verità sulla morte di Loris, suo figlio lo ha guardato e si è ammutolito. Non ha pianto.