Si chiama Ruby, è nata 13 anni fa già orfana di padre e affetta da una malattia rarissima a cui la mamma ha potuto dare un nome solo dopo la nascita di sua figlia e molte ricerche. La Sindrome di Stromme è questo il nome medico di quel mistero che ha avvolto l’attesa e primi anni di vita della piccola Ruby.
Durante la gestazione i medici dicevano di non capire e di non sapere, appariva quasi impossibile determinare se le diverse anomalie che la bimba presentava le avrebbero o meno reso impossibile la sopravvivenza; dinnanzi all’ipotesi di incompatibilità alla vita i dottori mettevano un potrebbe a cui la sua mamma non ha però mai ceduto.
A quanto pare in tutto il mondo sono certificati solo 12 casi di Sindrome di Stromme, questo rende Ruby unica e la bimba è eccezionalmente ancora più unica per i progressi raggiunti al di là della patologia. Il punta di vista della mamma è sintetizzabile così ed è un angolazione positiva, una reazione propositiva alla rara patologia. Del resto il quadro clinico di Ruby durante la gestazione era quasi impressionante ma malgrado i più grigi presagi dei medici la mamma ha combattuto per mettere al mondo la sua creatura.
La Sindrome di Stromme e la storia di Ruby
La Sindrome di Stromme è una rara patologia genetica che inficia lo sviluppo cerebrale e la vista determinando menomazioni che possono essere fortemente pregiudizievoli e invalidanti.
La mamma descrive la gestazione di Ruby come un grande mistero, poichè nessun medico riconobbe nei deficit della bimba la Sindrome di Stromme le patologie della piccola apparivano senza una causa spiegabile e senza un nesso clinico. I medici sentenziarono che la piccina non avrebbe parlato né camminato, non è stato affatto così.
Alla nascita Ruby ha trascorso un lungo periodo in TIN, terapia intensiva neonatale, ben 56 giorni. La mamma ricorda l’emozione di quei giorni così:
“(La TIN, ndr.) è una delle esperienze più spaventose e più solitarie. È come cavalcare sulle montagne russe: un attimo sei in piedi e, in una frazione di secondo, stai precipitando verso il basso, tutto quello che ti circonda è tanto nuovo quanto incerto. […] La stringevo tra le braccia, baciavo la sua testa morbida e tutto sembrava di nuovo giusto.”
Il senso di giustizia e la scelta di una mamma che ha deciso per la vita nonostante la Sindrome di Stromme.
La rarissima sindrome che affligge Ruby determina compromissione della vista, microcefalia, problemi intestinali e rallentamenti nella crescita e nello sviluppo fisico e psicomotorio.
La mamma di Ruby, Angie, ha dovuto fare i conti con i primi sintomi della Sindrome di Stromme quando era incinta di appena 18 settimane, fino a quel momento i progressi della gestazione sembravano fisiologici. Dall’esame ecografico Ruby appariva più piccola del dovuto e questo ritardo nella crescita (considerato rispetto alla data dell’ultimo ciclo mestruale della mamma) andava monitorato.
Angie allora pensò solo a gioire per l’arrivo della sua bambina e non considerò con troppa apprensione le misure della sua piccola, gli stessi medici sembravano propensi a non caricare di troppa importanza questo dato.
Del resto l’attenzione di Angi fu forzosamente spostata su un evento devastante e drammatico, poche ore dopo l’ecografia la sua vita fu sconvolta dalla morte violenta del padre di Ruby. L’uomo si suicidò! C’è da dire che il papà di Ruby non aveva sostenuto la scelta della neomamma di portare avanti la gravidanza, questo sin da subito e prima che si scoprissero i problemi di Ruby; c’è da dire che si tolse la vita non conoscendo i deficit della figlia ma sapendo solo che l’ex compagina era incinta; c’è da dire che secondo Angie malgrado il rifiuto della gravidanza quell’uomo restava una figura importante nella sua vita, una figura su cui certamente avrebbe voluto fare affidamento nel corso della vita di sua figlia. Quella morte fece scendere una coltre di tristezza,
Angie, malgrado la sensazione di solitudine in cui era sprofondata e malgrado l’auspicio non positivo delle dimensioni del feto, non pensò nemmeno in quel momento di avere una opzione diversa dall’essere la mamma di Ruby, ma il peggio per lei doveva ancora arrivare.
Ecografia dopo ecografia e controllo dopo controllo le notizie circa le condizioni di salute di Ruby continuano a peggiorare.
- Ruby aveva i ventricoli dilatati;
- presentava un ritardo nell’accrescimento;
- si evinceva una microcefalia;
- una anomalia intestinale lasciava presagire la concreta possibilità di un intervento chirurgico subito dopo la nascita.
Oltretutto per lungo tempo durante gli esami ecografici i medici non riuscirono a visualizzare i reni.
Alcuni medici dubitavano persino che l’evento nascita sarebbe potuto avvenire con successo, qualcuno avanzava la possibilità di una morte perinatale e in utero. Angie, che ancora non aveva mai sentito parlare di Sindrome di Stromme, dovette fare i conti con l’idea dell’aborto ma rifiutò questa eventualità quando le venne proposta.
Nemmeno l’amniocentesi riuscì a fare chiarezza sulla condizione di Ruby, alla mamma non fu dato sapere con una buona attendibilità se la malattia della piccola fosse o meno incompatibile con la vita. Ruby era un mistero, lo dice la mamma stessa.
La sola speranza della mamma di Ruby era a quel punto la nascita e la vita di sua figlia.
L’11 novembre del 2004 è nata Ruby, ad attenderla “una stanza piena di infermieri e medici“, come scrive la mamma a significare che tutti aspettavano quella nascita con la consapevolezza di assistere a qualche cosa di straordinario e di straordinariamente voluto dalla donna.
Il parto di Angie fu indotto con sette settimane di anticipo per una carenza di liquido amniotico che stava determinando una sofferenza fetale. Anche di qui la lunga permanenza in TIN, ovviamente le condizioni di Ruby, già difficili, non erano agevolate da un parto pretermine.
Nei giorni successivi al parto, malgrado ancora non si arrivasse alla corretta diagnosi, ovvero Sindrome di Stromme, le condizioni cliniche di Ruby apparvero con inequivocabile chiarezza: microcefalia, microftalmia (occhi piccoli) con cornee annebbiate, sospetta cecità, oltre ai deficit intestinali per i quali la piccola fu operata a soli 4 giorni di vita.
Fu la mamma ad arrivare alla diagnosi di Sindrome di Stromme, lo fece nell’unico modo in cui è possibile a un non addetto ai lavori accedere a informazioni mediche, ovvero attraverso la rete. Attraverso internet Angie trovò chi era come Ruby e scoprì che la figlia soffriva della Sindrome di Stromme.
Angie condivise le sue scoperte con i medici che avevano in cura Ruby e i dottori incominciarono ad esaminare la bambina tenendo conto di quella rara sindrome, tutto coincideva, sintomi e concatenazione tra le patologie.
Ruby oggi è una ragazzina molto diversa da quella che il quadro clinico lasciava presagire, i medici prevedevano per lei una vita limitatissima: dicevano che non avrebbe mai camminato e invece lo ha fatto; dicevano che non avrebbe mai parlato e invece canta persino; dicevano che non avrebbe avuto una vita sociale e invece va a scuola dove segue, oltre ai programmi per bambini diversamente abili, anche programmi di integrazione con le classi di normodotati.
I primi 12 mesi di vita di Ruby furono fortemente medicalmente assistiti, la madre ricorda centinaia di visite mediche e dottori, accertamenti e test.
Ma superato il primo anno Ruby è stata in grado di andare all’asilo nido; all’età di 3 anni la bambina incominciò a camminare e intorno ai 4 anni iniziò la scuola materna.
Attualmente Ruby è iscritta alla scuola media; in ragione di una diagnosi di Sindrome di Stromme la maggior parte del suo tempo scolastico è spesa su un programma speciale e assistito da insegnanti di sostegno, fortunatamente però partecipa a percorsi di integrazione che uniscono le classi speciali a quello comuni per la buona fusione e socializzazione dei bambini.
La mamma attribuisce gran parte dei progressi di sua figlia alle straordinarie esperienze educative di Ruby che sono state fortemente inclusive e stimolanti. Molto del “miracolo di Ruby” è condiviso via social come monito alla speranza.
Oggi la Sindrome di Stromme ha attraverso Ruby un nuovo volto veicolato anche via social: è il volto della speranza perché questa ragazzina dimostra che si può nascere, crescere e vivere emozioni e gioie malgrado la malattia.
Ovviamente nulla sarebbe stato possibile senza la sua straordinaria mamma.
C’è un aspetto della disabilità largamente trascurato ma fondamentale: l’accettazione della mamma. Quando una madre non accetta il figlio disabile è difficile che questi possa vincere grandi battaglie perché sprofonda insieme alla donna che lo ha generato in un negativo e oscuro isolamento.