E’ ancora emergenza ambientale! Il pericolo di una catastrofe ambientale insanabile dovuto all’enorme nave da carico “Rena” arenatasi lo scorso 5 ottobre sulla barriera corallina al largo della regione Bay of Plenty in Nuova Zelanda, è aumentato la scorsa notte in seguito ad una forte tempesta che ha causato delle fratture nel corpo della nave. La tempesta della notte scorsa ha creato non pochi problemi, perfino la squadra di salvataggio che era impegnata a bordo per lo svuotamento delle cisterne della nave, ha dovuto lanciare un s.o.s. richiedendo l’evacuazione con gli elicotteri ed interrompendo il lavoro di pompaggio del gasolio. Trecento tonnellate di gasolio delle millesettecento trasportate dal cargo portacontainer , sono fuoriuscite dai serbatoi, contaminando le spiagge circostanti.
La nave che ha una lunghezza di 236 metri ha ormai raggiunto un’inclinazione di 18°, la prua è arenata per metà tra i banchi corallini e la poppa è inondata a circa novanta metri di profondità.
Le operazioni di svuotamento sono riprese oggi, nonostante le condizioni meteo avverse; vento forte e onde alte fino a cinque metri. La situazione si è presentata ulteriormente complicata dal deterioramento di una chiatta nei cui serbatoi veniva aspirato il carburante e che al momento è inutilizzabile.
Arrestato il quarantaquattrenne filippino, comandante della nave mercantile incriminato per la legge marittima e comparso dinnanzi al tribunale della città di Tauranga, porto dove la nave era diretta. Liberato successivamente su cauzione rischia fino ad 1 anno di carcere ed una multa di 5700 euro. “Abbiamo identificato fratture da stress nello scafo quindi non possiamo escludere il rischio che la nave si spacchi e affondi, riversando in mare più di 1300 tonnellate di petrolio“, ha detto il premier John Key durante una visita di ispezione nella zona.
Già lo scorso 28 settembre, le autorità marittime neozelandesi, avevano trovato la nave mercantile “Rena”, sprovvista di svariate carte nautiche e questo potrebbe essere il motivo alla base dell’incidente verificatosi e che sta provocando dei danni immani all’ambiente.
Nick Smith, ministro dell’Ambiente neozelandese l’ha purtroppo definita ” la peggiore catastrofe marittima e ambientale” della storia della Nuova Zelanda.
Il petrolio ha raggiunto già le spiagge di Mont Maunganui una meta turistica molto ambita nonché dimora per delfini balene ed uccelli marini. Centinaia sono i volontari e i militari che si stanno impegnando per pulire le spiagge raggiunte ormai da enormi e corpose bolle di greggio. La macchia nera ha già ucciso tantissimi uccelli marini come i pinguini blu, caratteristici del luogo e tanti altri, trovati sommersi di petrolio, sono stati subito portati nei centri addetti al salvataggio della fauna. Purtroppo l’episodio che si è verificato in Nuova Zelanda, non è l’unico ma è purtroppo l’ultimo di una lunga serie di sciagure ecologiche. Ricordiamo tra i più remotil’esplosione nel Golfo del Messico del pozzo ‘Ixtoc Uno’ che ebbe come conseguenza l’emissione di 600 mila tonnellate di petrolio in mare. Ed era invece solo l’agosto del 2011 che avvenne la fuga di greggio dalla piattaforma Gannet Alpha di Shell sulla costa orientale Scozzese nei pressi di Aberdeen.