Essere bravi genitori è una missione e un obiettivo che ogni adulto consapevole decide di perseguire si dal momento in cui scopre di aspettare un figlio. Ma come si fa ad esserlo? In che modo si distingue un genitore bravo rispetto a quello cattivo?
Nella vita familiare ciascuno sceglie un personale modello genitoriale e lo fa in base al suo ideale di buon genitore.
Dal punto di vista pedagogico, invece, essere bravi genitori significa, più oggettivamente, essere genitori capaci di render i figli pronti alla vita, autodeterminati e autonomi.
Essere bravi genitori equivale, quindi, a non esercitare una supplenza genitoriale rispetto ai doveri dei figli, a non essere asfissianti né iperprotettivi, a non essere iper permissivi né severissimi giudici rigidi e intransigenti.
Per essere bravi genitori è necessario essere equilibrati e capaci di prevedere le conseguenze a lungo termine di ogni azione educativa.
Gli adulti (genitori ma anche nonni e zii) possono rischiare fortemente di danneggiare il bambino quando, convinti di agire “per il suo bene”, non lo mettano fattivamente nella condizione di liberare le proprie potenzialità, di decidere per se stesso imparando a gestire le cose della vita.
In una massima sintesi si potrebbe dire che per essere bravi genitori occorre volgere lo sguardo all’autonomia del bambino considerandola come il centro di un bersaglio. E non è facile come sembra!
Il primo limite che il bambino incontra rispetto alla possibilità di divenire capace da sé (ovvero autonomo) è l’intromissione del genitore. Fare per il figlio sostituendosi a lui non sempre equivale a fare il bene del bambino. Nella sostituzione il bimbo si adagia e perde sovente l’opportunità di imparare crescendo.
- Pertanto se ha 5 anni non è necessario che la mamma gli tagli la carne, può incominciare a farlo da solo con una prima postina;
- se ha 3 anni può e deve lavare da solo mani, faccia e denti;
- pian piano deve fare esperienza e imparare ad allacciare le scarpe, eccetera.
Stesso discorso vale nelle relazioni interpersonali dove essere bravi genitori equivale ad essere buoni consiglieri, prima ancora attenti osservatori, ma mai giudici o pacieri.
A meno che non sia necessario sedare liti che si stanno facendo aggressive o compromettenti, i genitori dovrebbero intervenire il meno possibile nei rapporti tra fratelli, cugini o amichetti. A partire dall’età prescolare i bimbi devono fare palestra di socialità imparando a rapportarsi agli altri e trovando i propri canali di risoluzione dei problemi.
Essere bravi genitori equivale, in ultima analisi, a rendere i figli capaci di affrontare autonomamente la vita.
Rispetto all’iper protezione e all’eccesso di apprensione, la società moderna ci mette dinnanzi ad un problema opposto e antitetico: l’abbandono.
Molti adulti sono e restano estremamente concentrati su se stessi e sulle proprie vite sino al punto di “abbandonare” i figli alla loro immatura esistenza.
La tata o la nonna o la zia si occupano delle esigenze primarie dei bambini perché la mamma lavora; per lo stesso motivo vanno a doposcuola e per la medesima ragione hanno l’autista per lo sport; poi di tanto in tanto dormono dai nonni durante il fine settimana perché i genitori hanno bisogno di uno spazio proprio di autonomia e intimità.
Attenzione a non ingenerare nel figlio una sensazione di distacco tale da somigliare, nella sua fragile mente, all’abbandono, all’indifferenza o alla disattenzione.
Il figlio deve sentire che il genitore ha un ruolo nella sua vita, un ruolo partecipativo, complice e affettivo, ma allo stesso tempo deve cogliere la “reciprocità” di questo ruolo e a sua volta deve sentirsi oggetto dell’affezione del genitore.