Anche la legge, su cui pesa l’etica di ogni Paese, conta nella vita e nella morte degli individui, lo ha dimostrato il caso di Charlie Gard.
Il caso di Charlie Gard, però, non è isolato, almeno non lo è da un punto di vista medico:
nella nostra Italia a Massarosa, Lucca, vive un bambino affetto dalla stessa malattia: la sindrome da deplezione (ovvero riduzione) del DNA mitocondriale.
Il nome del piccolo italiano è Emanuele, Mele per la mamma e i familiari, ha nove anni e riesce a comunicare attraverso un dispositivo elettronico, un cosiddetto “Etran”, ovvero un puntatore ottico. Il puntatore ottico ha consentito a Mele di sviluppare un codice comunicativo e persino di canalizzare la sua voglia di vivere nell’arte, il bambino, infatti, dipinge e lo fa con così grande successo che la mamma stessa lo definisce un pittore.
Il caso di Charlie Gard e quello di Emanuele, detto Mele, a confronto:
Mele è il secondo di tre figli, nacque nel 2008 e i suo problemi di salute incominciarono a palesarsi molto presto, già a due mesi iniziarono le crisi epilettiche.
Il bambino è sordo e non parla, tuttavia comunica attraverso il suo “Etran” e va a scuola, malgrado come pulmino usi un’autoambulanza e il suo accompagnatore sia un’infermiera.
Il piccolo mangia con un sondino ma riesce a respirare da solo e ha una sua vita resa speciale dal fatto che affronta le circostanze e le emozioni in modo non convenzionale.
Per Mele e la sua famiglia la diagnosi fu nefasta: encefalopatia epilettica causata da una deficienza genetriva mitocondriale e dalla riduzione del DNA mitocondriale. Secondo il parere medico questo bambino non avrebbe superato di molto i 12 mesi di vita e ai genitori fu consigliato di sostenerlo e accompagnarlo verso la sua fine. Ma di anni ne sono trascorsi ben 9.
Durante questo lungo tempo d’amore, però, Mele avrebbe potuto plausibilmente perdere la vita, tecnicamente alcune sue funzioni vitali sono sorrette da macchine e interventi meccanici in condizioni di crisi, perciò per dirgli addio sarebbe bastato che i genitori non intervenissero durante una delle su crisi.
“Per un certo tempo – racconta mamma Chiara – ci lasciammo convincere che fosse la strada migliore. Ma una notte, Mele ebbe un attacco e io lo ventilai per diverse ore. Ero divisa a metà. Non volevo che soffrisse ma nemmeno lasciarlo andare. Capii, però, che mentre lo aiutavo a respirare lo stavo, in realtà, accompagnando alla vita; così decidemmo di andare avanti. Non c’è nulla di più bello dell’essere genitori. La malattia è solo un aspetto secondario.”
Mentre Mele comunica, gioca a scacchi e dipinge, Charlie è stato condannato a morte e la promessa della sua “eutanasia legislativa” lo ha fatto diventare a livello internazionale:
il caso di Charlie Gard, un esempio di soppressione delle vita contro la volontà della famiglia.
Com’è possibile una simile differenza nel destino di due bambini affetti dalla stessa malattia genetica?
Charlie è stato condannato a morte dal sistema legislativo del Regno Unito, la decisione sulla sua permaneza in questa terra è stata fattivamente messa nelle mani del giudizio medico ed è dipesa dalle conseguenti considerazioni dello Stato inglese.
In Italia, invece, l’ultima parola sulle cure e sulla la loro fruizione spetta, viva a Dio, ancora alla famiglia.
La madre di Mele si chiama Chiara, è una maestra a Massarosa, mentre il papà si chiama Massimo, ed è un ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Pisa.
Mamma Chiara, conscia di ciò che significa sindrome da deplezione del DNA mitocondriale ha lanciato un video appello volto a sensibilizzare e umanizzare rispetto al caso di Charlie Gard.
Il telegiornale nazionale (visibile in questo link , dove la storia di Mele è tratta al minuto 27:00 del girato) mostra Mele che oggi ha 9 anni e, per quanto possa sembrare strano (“stranezza” che la stessa mamma sottolinea) è un pittore.
Chiara Paolini mostra suo figlio perché il caso di Charlie Gard non si archivi come “dramma isolato”. La famiglia di Mele è in contatto con i Gard, si sentono alla sera quando le incombenze quotidiane volgono alla fine e mamma Chiara dichiara:
“Spesso parlo con la zia di Charlie, la sorella del papà. Mi dice che i suoi genitori sono sempre con il bimbo, possono stare nello stesso letto, coccolarlo, gli stanno accanto, è molto bello e molto brutto assieme, perché sanno che è stata decretata la sua morte”.
La malattia che affligge Charlie, Mele e i bambini come loro non è curabile. Esiste la possibilità di una costosa sperimentazione terapeutica che viene compiuta negli Stati Uniti; i Gard potrebbero avervi accesso grazie a una colletta pari ad un milione e mezzo di sterline, tuttavia la sentenza che pende sul loro bombino impedisce, blocca e manda in fumo ogni speranza.
- Da un punto di vista medico la differenza che intercorre fra Mele e Charlie è nel tipo di gene malato ma la malattia è assolutamente la medesima.
- Da un punto di vista legale, invece, la differenza che intercorre tra Mele e Charlie sta nelle leggi dello Stato in cui i bambini vivono.
“La legge sul fine vita che vige in Inghilterra è stata riconosciuta suprema, dai giudici europei, rispetto al diritto alla vita di Charlie. In Italia, invece, la legge vieta l’interruzione delle cure nei bambini senza il permesso dei genitori. Questo diritto diventerebbe, anche da noi, molto più incerto se passasse la legge sulle DAT in discussione al Senato. Penso che dobbiamo combattere perché quella legge non passi, per non metterci tutti nei guai”, ha coraggiosamente dichiarato la mamma di Mele.
“Uccidere qualcuno non è mai un atto di compassione. Lo Stato deve tutelare i diritti dei disabili. La storia di Charlie, per alcuni versi, ricorda tanto le esecuzioni “compassionevoli” naziste”, ha aggiunto mamma Chiara.