Una mamma sta lottando con tutte le sue forze per poter garantire un futuro sereno alla figlia nata grazie all’inseminazione artificiale.
<<Non voglio che si senta sempre come se fosse una reietta>> aveva dichiarato alcuni anni fa.
Una paura sorta in seguito ad un errore che ha compromesso per sempre le loro vite.
Mamma querela la banca del seme: ecco cosa è successo.
I fatti risalgono al settembre del 2011 quando l’allora 33enne Jennifer Cramblett e la sua compagna Amanda Zinkon, che all’epoca aveva 26 anni, residenti in Ohio (USA), decidono di allargare la propria famiglia optando per l’inseminazione artificiale.
Si rivolgono così ad una clinica della fertilità di Chicago, in Illinois (USA), la Midwest Sperm Bank, che fornisce loro il catalogo dei donatori.
Entrambe sono d’accordo nello scegliere il seme di un uomo le cui caratteristiche fossero quanto più simili a quelle di Amanda in modo tale che il bimbo che sarebbe nato potesse somigliare anche a lei.
Per tale motivo le due donne decidono per il donatore n° 380, un ragazzo con gli occhi azzurri, i capelli biondi e la pelle bianca.
Jennifer effettua così l’inseminazione che va a buon fine, nel dicembre del 2011 scopre infatti di essere in dolce attesa.
Durante la gravidanza, sia la Cramblett che Amanda iniziano a fare progetti per il futuro, già sognano infatti di poter dare un fratellino o una sorellina al bebè che sta per arrivare.
Per creare un ulteriore legame biologico tra il primo e il secondogenito, le donne decidono di contattare la banca del seme alla quale si erano affidate in precedenza e di ordinare altre 8 fiale del donatore 380, destinate stavolta alla fecondazione di Amanda.
E proprio a seguito di questo ulteriore contatto che apprendono del fatale errore.
Mamma querela la banca: lo scambio dei donatori.
Nel contattare la Midwest Sperm Bank, e nell’esporre la richiesta di altre fiale del donatore 380, Jennifer, che era al quinto mese di gravidanza, scopre che in realtà la banca aveva inviato al medico che si era occupato della sua inseminazione il seme di un altro donatore, il 330, un afro-americano.
L’errore, come riportato dalle fonti stampa, era sorto in quanto la banca non aveva un archivio digitale bensì i dati erano trascritti a mano, ciò avrebbe portato in errore l’incaricato a prelevare le fiale che avrebbe letto male i due numeri.
Compreso il proprio errore, la banca del seme avrebbe successivamente inviato alle due donne una formale lettera di scuse ed un assegno la cui cifra equivaleva ad un rimborso parziale.
<<Jennifer stava piangendo, era confusa e sconvolta – si legge sui documenti del tribunale – In un istante, l’eccitazione per la sua gravidanza è stata sostituita dalla rabbia, dalla delusione e dalla paura>>.
Payton, una stupenda bambina dai tratti afro-americani, è nata il 21 agosto del 2012, Jennifer e Amanda si sono innamorate di lei sin dal primo istante pur continuando a nutrire nei loro cuori tante paure dettate dall’incertezza del loro futuro.
Contrariamente a quanto si possa pensare, le due donne non rifiutavano la bambina perché di colore, il loro turbamento, nonché il motivo per cui la mamma querela la banca, deriva dal fatto che entrambe vivevano a Uniontown.
La comunità che risiede in questo Paese dell’Ohio infatti è per il 97% bianca, la piccola, come anche le due donne prima di lei (la loro omosessualità non è ben vista da tutti) avrebbe dovuto affrontare un importante pregiudizio razziale.
<<Jennifer non vuole che Payton si senta stigmatizzato o non riconosciuto a causa delle circostanze della sua nascita. Lo stress e l’ansia di Jennifer si intensificano quando lei immagina Payton che dovrà entrare in una scuola formata da sole persone bianche>>.
Questi i motivi per cui la mamma querela la banca, accusandola di negligenza, violazione del contratto e frode.
La querela viene depositata il 29 settembre del 2014, ossia quando Payton ha circa 2 anni, il caso diventa così di dominio pubblico suscitando un forte dibattito.
La mamma querela la banca affermando di voler impedire alla stessa di commettere il medesimo errore, inoltre chiede un risarcimento di 50.000 dollari per i danni morali che lei e la sua famiglia sta subendo a causa di tale errore.
Jennifer non rinnega la figlia, al contrario nel corso degli anni cerca di trovare ogni possibile soluzione per poter rendere la sua vita meno ostica.
Tra i suoi progetti infatti vi è il trasferimento in una città multirazziale la cui comunità si sarebbe rivelata sicuramente più tollerante nei loro confronti.
Per quanto riguarda invece il processo, il DuPage County Circuit dell’Illinois ha respinto per ben tre volte – nel settembre del 2015, nel marzo del 2016 e nell’aprile del 2016 – le accuse che Jennifer aveva mosso nei confronti della Midwest Sperm Bank.
Decisa comunque a non demordere, la mamma querela la banca intentando una causa presso il tribunale federale di Chicago nell’aprile del 2016.
Al momento non vi sono ulteriori informazioni al riguardo ma, si spera, che mamme e figlia siano riuscite a trovare un luogo nel quale potersi sentire finalmente se stesse.
Fonte: Chicago Tribune – NBC News