Iperattività Infantile. Bambini molto vivaci. In che modo la famiglia può gestirli?
Bambini in continuo movimento, molto, ma molto vivaci, si fermano (e non sempre) solo quando dormono, piangono per richiedere l’attenzione dei “grandi”, non riescono a stare attenti per un tempo soddisfacente, toccano ed esplorano ogni cosa non solo con le mani, fanno fatica a lasciare il luogo in cui si sono ambientati e non c’è ricompensa che tenga, se vogliono rimanere lì è difficile convincerli ad andarsene.
Spesso ci si chiede come questi bambini riescano a stare in continua attività anche di sera, quando regna sovrana la stanchezza e si desidera sopra ogni altra cosa lasciarsi cullare dalle amorevoli braccia di Morfeo.
E invece no, i genitori spesso in qualunque ora del giorno e della notte si ritrovano a rincorrere i loro piccoli, i quali, attraverso gesti impulsivi e dunque poco ragionati, potrebbero commettere anche qualche danno verso se sessi, verso gli altri o verso gli oggetti di casa; bisogna inoltre consolarli se piangono perché non viene data loro sufficiente attenzione, è necessario continuamente premiarli altrimenti si disperano; insomma non si può dire che i pargoli di queste mamme e di questi papà rappresentino la personificazione della calma e della quiete.
A volte, quando i genitori sono impegnati, “parcheggiano” (scusate se pecco di materialismo) il loro bambino presso i nonni, gli zii o altre persone di fiducia, in modo tale da recuperare un po’ della serenità persa. Mi rendo conto che affidarsi ad altri può essese un ottimo sistema da parte di un genitore per concedersi attimi di riflessione su se stesso e sul suo rapporto di coppia, tuttavia bisogna considerare che la persona alla quale viene lasciato il piccolo non è solo un suo custode, ma anche una fonte differente da quella genitoriale che potrebbe permettere al bambino di condividere situazioni diverse da quelle abituali.
Fatta questa premessa, ritengo che il primo strumento utile a ripristinare un clima di quiete all’interno del contesto famiglia sia una comunicazione efficace (tesa al confronto aperto anche con chi aiuta i genitori nella gestione dei bambini, nonchè con i bambini stessi perchè ascoltare le esigenze dei piccoli e “analizzarle” insieme a loro rappresenta sempre un buon esercizio educativo e comunicativo).
Per prima cosa credo che tramite la riflessione e l’esperienza, lentamente ogni genitore sarà in grado di temprarsi per poter affrontare al meglio tali situazioni inizialmente non semplici da gestire; dunque non aspettatevi di avere buoni risultati sin da subito perché è necessaria la costanza nel mettere in atto comportamenti specifici e la pazienza qualora non si riscontrino presto dei feedback positivi da parte dei figli.
Presupposto fondamentale è che il comportamento manifesto di ogni individuo è soltanto la punta di un iceberg di tutte le sensazioni, ragionamenti ed emozioni sottostanti, per cui ogni atto, anche se impulsivo, nasconde un significato non semplice da scorgere sempre.
L’iprattività e l’eccesso di vivacità possono nascere da una esigenza di “affetto”? Possono rappresentare una “richiesta di attenzioni” che il bambino domanda a suo modo?
Altro punto importante è che i bambini, soprattutto molto piccoli, vivono il timore dell’abbandono da parte della o delle persone (spesso i genitori) verso cui riversano maggiore fiducia.
A tal proposito chiediamoci come mai molti bimbi esclamano: “Voglio mamma!”, il motivo risiede nel fatto che essi nutrono appunto fiducia e senso di accoglimento da parte della genitrice e dunque la desiderano nel momento in cui questa figura è distante da loro. Pertanto, un’espressione plateale di questo timore è la messa in atto comportamenti molto vivaci, che siano ben visibili, al punto tale da catturare l’attenzione genitoriale tanto bramata dal piccolo.
Ovviamente a lungo andare questo modo di fare potrebbe amplificarsi, per cui i bambini utilizzano mezzi poco prudenti, come correre spericolatamente, afferrare i genitori con forza ed altro proprio perché necessitano della consapevolezza che tutti i riflettori siano puntati su di loro.
Come fare per affrontare queste situazioni? Allora, di norma un genitore è un punto di riferimento, un esempio da seguire e quindi una guida per il figlio. Da brava guida, ogni mamma o papà deve essere in grado di saper gestire le redini della relazione che instaura con i piccoli al fine di garantire benessere ed equilibrio.
Una buona guida deve trasmettere dolcezza e sicurezza, sia nei gesti che nelle parole; tuttavia, per poter trasmettere queste doti, un genitore deve sentirsele prima su di sé ed essere sicuro di possederle, per poi trasmetterle alla prole.
In pratica i genitori non devono lasciarsi sopraffare dalla stanchezza, non devono sentirsi inadeguati dinnanzi agli atteggiamenti irruenti dei figli, nè devono cadere nella rassegnazione; i genitori, piuttosto, devono avere sempre ben chiaro il loro obiettivo, sapere ciò che è giusto e perseguire lo scopo ultimo con ferma decisione (senza perdere la calma o almeno mantenendo una sana calma apparente).
Dunque – questo punto lo considero come una colonna portante nella relazione genitore-figlio – la prima cosa da dire al piccolo è che la mamma e il papà ci sono, se si allontanano poi ritorneranno da loro (a parte i casi di abbandono reale); dunque è necessario garantire la migliore e maggiore presenza dei genitori nella vita dei loro piccoli.
Una volta detto ciò, è necessario garantire delle regole, purchè in “formato positivo”, nel senso che ogni volta che le stesse vengono rispettate al bambino sarà concesso un premio: siate da un lato la guida delle azioni giuste per i vostri figli, dall’altro permettete loro di esplorare liberamente la loro realtà.
Attenzione, questo non significa che i piccoli possano scorazzare dovunque ,combinando a volte guai, ma bisogna dare degli input e permettere loro di giocare e di sentirsi liberi, seppure seguendo determinati criteri (es. ti do questi 5 giocattoli, puoi fare quello che vuoi, ma non puoi lanciarli o prenderne altri).
Non mi è dato sapere quali saranno le conseguenze di queste dritte, ciò che importa è il saper controllare e gestire la relazione con il proprio figlio.
E’ importante inoltre permettere al piccolo di socializzare sia con altri bambini che con i grandi; è di assoluta importanza dialogare e permettere di condividere tutto ciò che si ritenga opportuno, bisogna coinvolgere inoltre anche altri membri della famiglia in questo spirito di condivisione e di crescita; non siate eccessivamente severi, ripeto, reputo che il binomio dolcezza-decisione possa bastare e soprattutto nel momento in cui credete che questa situazione non è semplice da gestire, rivolgetevi a personale Specializzato.