Sono 258 le pagine dell’atto di impugnazione in appello contro la sentenza di primo grado che condanna Massimo Giuseppe Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. Ma c’è qualche cosa che potrebbe interessare la morte violenta di questa bimba di Brembate, qualcosa che pur non è mai stata oggetto di indagine.
L’inesplorato scenario inquietante (e importante) che potrebbe celarsi dietro la tremenda fine di Yara è stato “portato allo scoperto”, come ipotesi non contemplata mai nel processo né nelle indagini , da Roberto Saviano.
A margine di un’intervista rilasciata al settimanale “Oggi“, n° 49 del 30 novembre 2016 (ora disponibile in edicola), Roberto Saviano ha espresso i suoi dubbi sulla condanna di Massimo Giuseppe Bossetti. Secondo lo scrittore c’è un possibile scenario non contemplato nelle indagini e sarebbe auspicabile che in Appello questo nuovo capitolo investigativo trovasse un suo spazio.
Roberto Saviano fa presente che “il padre di Yara ha lavorato per la Lopav, un’azienda di proprietà dei figli di Pasquale Locatelli, superboss del narcotraffico, che aveva anche un appalto nel cantiere di Mapello. Inoltre, alla festa della Lopav parteciparono tre magistrati della procura di Bergamo.”
Roberto Saviano non ha nascosto il suo personale stupore dinnanzi a questo “vuoto investigativo”, e in merito a cil ha dichiarato:
“Mi sembra inquietante che non si sia indagato in quella direzione. Anche perché tutti e tre i cani molecolari usati nelle indagini, sono andati tutti dalla palestra in cui si allenava Yara al cantiere. Spero che in Appello si approfondiscano queste piste”.
Intanto non è escluso che i difensori di Bossetti abbiano nuovi elementi da condurre in Appello, a quanto pare l’obiettivo del collegio difensivo sarebbe esattamente quello di far riaprire l’istruttoria dibattimentale. Ciò significherebbe rifare il processo e rivedere anche la tanto nota e centrale prova del DNA.
Massimo Giuseppe Bossetti dal carcere continua a far sapere che non si autoaccuserà mai e continua a professare la sua innocenza.