Ci si stava abituando a malapena alla recente invasione delle cimici asiatiche (Halyomorpha halys), insetti che possono provocare seri danni alle colture di frutta pur risultando innocui per l’uomo (a parte l’odore poco gradevole che emanano se schiacciati – ndr), che ecco diffondersi la notizia di un nuovo pericolo proveniente dall’oriente, la coccinella Arlecchino.
Coccinella Arlecchino: l’invasione delle coccinelle “cannibali”.
Da sempre considerate insetti portafortuna, le classiche coccinelle (nome scientifico Coccinella septempunctata), quelle dal caratteristico colore rosso accesso dell’elitra, l’ala anteriore, sovrastato da 7 punti neri (3 su ogni ala più uno centrale), rischiano di essere debellate dalla “cugina” asiatica, la coccinella Arlecchino.
Originaria dell’Asia centrale ed orientale, la coccinella Arlecchino (Harmonia axyridis) è così chiamata per la variabile colorazione dell’elitra che può essere gialla o arancio con punti neri (il numero è variabile) oppure nera con puntini rossi. Il pronotum invece, ossia la parte anteriore, quella prima della testa, è di colore nero con due macchie bianche ben visibili.
Leggermente più grande della coccinella comune, questo coleottero fu esportato in Europa ed in America perché considerato, a ragione, un efficace strumento per la lotta biologica.
In altre parole la coccinella Arlecchino è considerato un antiparassitario naturale in quanto si nutre di afidi, chiamati volgarmente pidocchi delle piante, e coccidi che sono soliti proliferare nei frutteti e nelle varie piantagioni.
Pur facendo un attento uso di questo coleottero, i contadini non sono riusciti a contrastare la sua azione invasiva, la sua rapidità nel riprodursi, la sua resistenza ma soprattutto la sua “ferocia”.
La coccinella Arlecchino infatti è considerata un predatore che si nutre anche delle specie autoctone.
Oltre ai succitati insetti infatti, questo coleottero mangia acari, uova di farfalle, polline, falene, bruchi e addirittura le coccinelle comuni, in particolar modo quelle più piccole (da qui l’appellativo di cannibali).
Ciò gli ha permesso, nel corso degli anni, di avere la meglio sulle “cugine” presenti nei luoghi in cui è stata esportata, decimandole in modo preoccupante.
Verso la metà degli anni sessanta, la coccinella Arlecchino fu introdotta in Ucraina e in Bielorussia mentre arrivò in nell’Europa Occidentale verso l’inizio degli anni ottanta.
Attualmente si stima che sia presente in 26 Paesi tra cui l’Italia dove, nel corso degli anni, a partire dal 2006, è stata avvistata nelle regioni a nord dello stivale quali il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, la Liguria e la Toscana. Più recenti invece gli avvistamenti in Abruzzo, Alto Adige, Calabria e Sicilia dove c’è stata una forte preoccupazione per gli agrumeti.
Ma quali sono gli effettivi pericoli che comporta l’invasione della coccinella Arlecchino?
Tanti i rischi per l’ambiente e le specie autoctone, pochi quelli per l’uomo.
Per quanto riguarda l’ambiente, la coccinella Arlecchino può:
- Distruggere le specie originarie mettendo a rischio la conservazione della biodiversità locale;
- Danneggiare i frutti morbidi (pere, agrumi);
- Rovinare la produzione dei vini contaminando i grappoli d’uva che sono soliti utilizzare come riparo.
Per quanto riguarda l’uomo:
- Arrecare un danno economico agli agricoltori e viticoltori danneggiando i frutteti e i vigneti;
- Arrecare fastidio all’uomo in seguito all’abitudine di radunarsi in gruppi, soprattutto in inverno, presso le abitazioni in cerca di un caldo riparo. La coccinella Arlecchino inoltre rilascia un liquido maleodorante che, nel lungo termine, può provocare macchie sui muri o sull’arredamento;
- Provocare reazioni allergiche come riniti, asma, congiuntiviti e orticaria nei soggetti allergici che entrano in contatto con le sostanze allergene contenute nell’emolinfa del coleottero, il liquido giallastro che secerne quando si sente minacciato paragonabile al nostro sangue.
Fonti: SBIC – Georgofili –