Sale a 79 il numero dei bambini positivi al test per la tubercolosi nati al Policlinico Gemelli di Roma, 22 nella sola giornata di ieri. Complessivamente, ad oggi, sono state effettuati 1.197 visite e test di cui sono pervenuti 996 risultati. La media dei test positivi si attesta sul 7,9%.
Ieri si è conclusa l’attività di primo contatto di tutte le famiglie dei bambini nati al Gemelli interessati dal programma di controllo. Sono stati inclusi anche i bimbi nati nel mese di gennaio 2011. Il periodo di controllo e osservazione si è dunque ufficialmente esteso ai mesi precedenti quello di marzo.
Anche per questi 22 neonati si tratta – precisa la Regione Lazio – di positività al test e non di malattia, significa cioè che è avvenuto il contatto con il bacillo, ma non che sia stata contratta la tubercolosi.
Intanto ieri è stata finalmente ascoltata, come persona informata sui fatti, l’infermiera del Gemelli affetta da tubercolosi che ha prestato servizio nel reparto di Neonatologia dove sono nati i bambini risultati positivi al test per la TBC e dalla quale sarebbe partito il contagio. I magistrati, il procuratore aggiunto Leonardo Frisani e il sostituto Alberto Violetti, si sono recati all’ospedale Spallanzani dove la donna è ancora ricoverata, in isolamento. C’è il massimo riserbo da parte degli inquirenti sul contenuto dell’atto istruttorio. L’infermiera è stata interrogata, tra l’altro, sui tempi e sui modi in cui avrebbe contratto la malattia e sui controlli medici ai quali sarebbe stata sottoposta negli ultimi anni, e dai primi riscontri emergerebbe che la donna era risultata positiva al test della Tbc già nel 2004.
I bambini risultati positivi ai test per la TBC sono tanti e probabilmente il loro numero crescerà nei prossimi giorni. Ma nessuno di essi risulta, al momento, essere malato e la profilassi alla quale sono e verranno sottoposti serve appunto a scongiurare il pericolo epidemia tanto paventata da quando è scoppiato il caso. Sono le parole (rassicuranti?) di Giovanni Rezza, il direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
“Le positività riscontrate finora – ha detto l’epidemiologo – possono essere superiori al numero atteso, ma si tratta pur sempre di positività e non di malattia contagiosa. Il punto di trovare delle positività è proprio quello di impedire lo sviluppo della malattia e non sta a significare che si sta verificando un’epidemia. Anche perché sappiamo che nella popolazione italiana, secondo i dati dell’Oms, c’è almeno un 12% di persone positive al micobatterio, ma la malattia ha un’incidenza molto bassa in Italia, 4-5 mila casi l’anno” (fonte: ansa).
Vero è purtroppo, continua Rezza, che “c’è stata una diagnosi tardiva e bisognerà capirne i motivi”.
Il Codacons comunque non ci sta. In un comunicato del 31 agosto, l’associazione dei consumatori, che si è costituita parte civile, denuncia tutti i responsabili dell’emergenza, compresi l’istituto ospedaliero e la regione Lazio, per epidemia e disastro colposo e chiede ai pm e alla procura generale della Corte di appello di agire per questi reati. Lo sdegno del Codacons deriva anche dalle indiscrezioni raccolte dalla stessa associazione, secondo cui lo stesso marito dell’infermiera coinvolta nel caso, anch’egli ammalatosi di tubercolosi nel 2004, avrebbe lavorato come operatore socio-sanitario presso Villa Speranza, una struttura connessa al Policlinico Gemelli e dedicata alla cura dei malati oncologici. Si rende quindi necessario – afferma Carlo Rienzi, presidente del Codacons – effettuare controlli anche su chi ha avuto contatti con il marito dell’infermiera in modo da verificare ulteriori contagi e delimitare una possibile epidemia.