Certo ognuno di noi spera di poter lasciare qualche piccolo bene materiale ai propri figli anche se l’eredità più preziosa è quella che si tramanda nel cuore e che ci rende davvero speciali come genitori, perché se le ricchezze vanno e vengono, gli insegnamenti e gli esempi rimangono sempre incisi nell’anima.
Eppure pare che ci sia chi anche a volte con un minimo sforzo, possa godere del privilegio di tramandare anche una congrua cifra ai propri cari, nella fattispecie al coniuge, figli o anche fratelli… Parliamo del tanto osteggiato vitalizio dei politici che tanto fa rabbrividire accanto alle difficoltà sempre più evidenti dell’italiano medio.
Vitalizio dei politici, cos’è e perché si è costituito
Non ne vogliamo fare una questione squisitamente politica di partito perché è u fenomeno che attraversa tutti trasversalmente e che merita una riflessione generale.
Pare infatti che, una volta entrati nel meccanismo, sia pressoché impossibile uscirne e il dolce vitalizio faccia proprio gola a tutti. Del resto qualcuno potrebbe anche dire:
“Chi ci rinuncerebbe? In fondo finché non si toglie, bisogna accettarlo e soprassedere ad un tale sacrificio…”
E via con ironia e sarcasmo che appare quanto mai pungente se relazionata alle precarie condizioni in cui molti italiani si trovano a dover viver la loro quotidianità paragonata al vitalizio per i politici.
Molti, persino ottimisti, confondono anche la pensione, di cui godono sempre meno comuni mortali per altro, con il vitalizio dei politici parlamentari che è una condizione privilegiata, una rendita concessa al termine del mandato e che si protrae “vita natural durante”, al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità di permanenza nelle funzioni elettive.
Il vitalizio dei politici non viene pagato dall’Inps e nasce con un intento comprensibile anche se ormai opinabile:
già fin dalla prima legislatura nel secondo dopoguerra, si stabilì che il parlamentare, finito il proprio mandato, avesse diritto a percepire una rendita per tutta la vita, in modo da permettere anche ai meno ricchi di rinunciare al proprio lavoro per dedicarsi all’attività politica, svolgendo il mandato senza condizionamenti economici di alcun tipo.
Pensiamo banalmente, e altrettanto fantasiosamente ormai, che chiunque possa diventare parlamentare, possa, senza condizionamenti di sorta, approvare ciò che è giusto, senza poi dover aver paura di rientrare in un mondo del lavoro “normale” che in qualche modo potesse penalizzarlo per le sue scelte e chiederne conto, creando di fatto un’impossibilità lavorativa successiva.
Cosa è cambiato nel vitalizio dei politici
Fino al 2011 i parlamentari acquisivano il diritto al vitalizio dopo aver svolto appena un mandato (emblematico il caso del deputato Luca Boneschi, dei Radicali, ventiquattrore alla Camera nel febbraio dell’82 che hanno fruttato una pensione a vita) e dopo aver compiuto il 65° anno di età. La soglia anagrafica scendeva progressivamente fino a 60 anni per ogni anno di permanenza in Parlamento superiore al quinto.
Versando contributi per appena l’8,6% dell’indennità ricevuta, corrispondenti a circa mille euro al mese , i deputati e i senatori percepivano dopo 5 anni un vitalizio di oltre 3.108 euro lordi. Una condizione veramente privilegiata che non poteva continuare.
Infatti dopo il 2012, con i tagli effettuati, i requisiti di età sono rimasti gli stessi ma gli assegni vengono calcolati con il metodo contributivo, cioè in proporzione ai contributi versati, come avviene per noi tutti.
Quello che però rende meno lodevole la riforma relativa al vitalizio dei politici, “trasformato in qualcosa di più simile alle nostre pensioni”, è un dettaglio niente affatto trascurabile: le nuove regole si applicano con il sistema pro-rata, cioè valgono soltanto per la parte di pensione maturata dopo il 31 dicembre 2011.
Gli assegni del vitalizio dei politici sono reversibili
Nel bilancio 2015 gli “assegni vitalizi di reversibilità” hanno segnato la cifra di 25,3 milioni di euro versata da Montecitorio per le pensioni de parenti di ex deputati defunti., per il Senato, una cifra più modesta… solo 18 milioni di euro.
Le regole stabilite dall’ufficio di presidenza della Camera per il vitalizio del politico al coniuge superstite, nella misura del 60%, più 20% per ogni figlio, oppure in assenza di prole a fratelli e sorelle «che risultino fiscalmente a carico del deputato deceduto», sono chiare.
I casi limite non sono così rari, con figli di politici che hanno partecipato a pochissime sedute che, dopo il decesso del genitore, percepiscono da decine di anni il vitalizio.
Mentre così continuando non saranno molto rari i casi in cui i figli i persone comuni dovranno provvedere al mantenimento dei genitori che non saranno riusciti a cumulare i diritti minimi per una pensione che garantisca loro di sopravvivere dignitosamente.
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Fonte: Il Giornale, Panorama