Una sepsi scambiata per una “semplice” tonsillite, questo l’errore dei medici che è quasi costato la vita ad un bambino che all’epoca dei fatti aveva appena 2 anni.
Una diagnosi errata che ha costretto il piccolo Reuben Harvey-Smith, un bambino di 3 anni residente nella contea inglese di Suffolk, situata nella regione dell’East Anglia, a rinunciare alle sue gambe e a 7 delle sue dita.
Diagnosi errata: l’odissea ospedaliera di Reuben.
Il tutto ha avuto inizio nel luglio del 2015 quando Reuben, che stava giocando con suo fratello maggiore Harry (12 anni), si è bruciato il petto con il ferro da stiro che la mamma aveva da poco smesso di usare.
Trasportato d’urgenza presso l’Ipswich Hospital, il piccolo è stato medicato e sottoposto ad una cura a base di morfina per il dolore con una diagnosi di possibile ustione di terzo grado.
Casi del genere avrebbero richiesto l’intervento di specialisti ed in condizioni normali il bambino sarebbe stato trasferito presso il centro ustionati di Chelmsford che però era stato chiuso a causa di un’infezione.
I medici avevano così consigliato alla signora Louise Harvey-Smith, mamma di Reuben, “vittima” di una diagnosi errata, di portare il figlio al centro ustionati del Chelsea e Westminster Hospital di Londra, distante circa 130 km, dove avrebbero potuto curare in modo adeguato l’ustione.
<<In questa fase non c’era bisogno di preoccuparsi – ha dichiarato la mamma di Ruben – anche se mi fu dato un elenco di sintomi da tenere sotto controllo, come ad esempio una eruzione cutanea, vomito e febbre, segnali di una sepsi dovuta ad un’infezione del sangue>>.
Louise oggi ricorda che durante il tragitto verso casa Ruben si comportava normalmente, mostrando la stessa vivacità di un bambino di 2 anni e che, una volta giunti a destinazione, fosse andato a letto presto.
Il loro calvario ha avuto inizio il mattino successivo: il bambino aveva la febbre, il vomito, non era reattivo e aveva avuto un rash cutaneo, sintomi che hanno messo in allarme la madre che ha contattato immediatamente il Chelsea e Westminster Hospital.
Quest’ultimi, compresa la gravità della situazione, le consigliarono l’immediato ricovero presso l’Ipswich Hospital dove, una volta arrivati, Louise descrisse subito i sintomi manifestati dal piccolo.
Mai si sarebbe aspettata che di lì a poco i medici li avrebbero mandati a casa con una diagnosi errata.
<<Nelle quattro ore dopo il nostro arrivo – afferma Louise – gli avevano appena misurato la temperatura e gli avevano dato del paracetamolo. Mi hanno detto che pensavano fosse tonsillite. Io ho continuato a chiedere se avessero chiamato i medici del Chelsea e Westminster ma mi hanno liquidita come fossi una seccatura. Tutto perché il personale dell’Ipswich era troppo arrogante per accettare che la sepsi fosse una possibilità concreta>>.
Pur essendo a conoscenza dell’incidente domestico avvenuto il giorno precedente, e quindi consapevoli dell’ustione sul petto di Ruben, e nonostante le continue insistenze della donna, i medici, autori di una diagnosi errata, presero la decisione che avrebbe compromesso l’intera esistenza del piccolo: mandarlo a casa e continuare a curare ciò che credevano fosse una semplice tonsillite.
Come è facile immaginare, le condizioni del bambino peggiorarono sempre più dopo le dimissioni, il Chelsea e Westminster, contattato da Louise, continuava a consigliarle di ritornare all’Ipswich Hospital dove, questa volta, trattarono in modo adeguato il caso, ricoverando Ruben nel reparto di rianimazione.
La sua vita era in serio pericolo, l’ultimo disperato tentativo di salvarlo fu il trasferimento in ambulanza al reparto di terapia intensiva del St Mary’s Hospital situato a Paddington, celebre quartiere londinese.
<<Quando siamo arrivati – racconta la signora Harvey-Smith – mi hanno detto che le successive 24 ore sarebbero state cruciali. Credo di aver pregato per tutto il percorso>>.
Il corpo debilitato di Ruben iniziò a rispondere bene alla cura farmacologia ma l’infezione, che a causa della diagnosi errata non fu fermata in tempo, aveva ormai compromesso i suoi arti, si ritenne così necessario procedere all’amputazione di entrambe le gambe, all’altezza del ginocchio, di 7 dita e delle punte dei pollici.
Per fortuna la setticemia non aveva interessano nessuno dei suoi organi vitali.
Successivamente, l’Ipswich Hospital, attraverso un portavoce, ha ammesso la piena responsabilità dei medici che hanno effettuato la diagnosi errata e, per dimostrare il proprio rammarico, si è offerto di pagare tutte le cure e le attrezzature, protesi comprese, di cui Reuben avrà bisogno in futuro.
Oggi, a distanza di un anno, Louise ha deciso di rendere nota la loro storia al fine di porre ancor più l’attenzione pubblica sui sintomi e sulle conseguenze dovute alla sindrome da shock tossico.
Reuben invece continua la sua vita di bambino, sta imparando a camminare sulle protesi e sembra non aver risentito in modo eccessivo della mancanza dei suoi arti.
<<Ero preoccupata della reazione di Reuben nel vedere le sue gambe dopo l’operazione, ma l’ha presa molto bene – racconta la mamma – Ci è voluto tempo perché si abituasse e ancora non riesce a camminare per più di dieci minuti con le protesi. Spesso è più felice senza, trascinandosi a terra, ma lui sa che deve imparare ad usarli il più possibile>>.
E noi ci auguriamo che tu ci riesca Reuben.
Fonte: Daily Mail