Cominciare una dieta significa sperare di dimagrire ma allo stesso tempo è sinonimo di sacrificio: la dieta pretende una riduzione del cibo nella quntità e spesso una variazione in termini di qualità alimentare (chi è a dieta mangia alimenti mirati al dimagrimento e riduce i condimenti, eliminando pure alcuni cibi superflui ma buoni e golosi).
Sovente le diete cominciate non vengono portate a termine, spesso falliscono perchè chi desidera tanto dimagrire non riesce a sostenere i ritmi alimentari della dieta e cede al desiderio di mangiare.
Stando alle risultanze di una recente ricerca medico – scientifica il fallimento delle diete dipenderebbe da un meccanismo di così detto “auto-cannibalismo” attivato dal cervello.
Gli scienziati dell’Albert Einstein College of Medicine hanno descritto nel loro studio un probabile nesso tra questa attività cerebrale e la dieta.
Lo stimolo della fame “irrefrenabile”, quello, cioè, capace di determinare la ricerca di cibo oltre le quantità permesse e ulteriore rispetto a quello previsto nel piano dieta, da cosa sarebbe scatenato?
Secondo le risultanze della ricerca apena citata dipenderebbe da un fenomeno di auto-cannibalismo dei neuroni (ipotalamici). In mancanza di cibo tali neuroni inizierebbero a mangiare pezzi di se stessi, rimanendo “insufficienti” e generando, quindi, nuovamente la fame.
Per la prima volta l’autofagia viene collegata all’attivita cerebrale ed al senso di fame, essa in linea generale è un fenomeno fisiologico comune ad ogni cellula. Infatti l’auto – cannibalismo è un ordinario meccanismo, è un modus operandi di certe cellule che mangiando se stesse attuano anche un processo di rigenerazione e riciclo.
I ricercatori hanno dimostrato sulle cavie di laboratorio che quando il processo di autofagia viene bloccato si arresta anche l’istinto a “ricercare cibo”. Tale ricerca potrebbe avere un positivo effetto nella lotta all’obesità.