Affidi il tuo bambino di 3 anni ad amici di famiglia che reputi affidabili e non rivedi più tuo figlio vivo, una storia agghiacciante che accompagna il grande senso di colpa di una mamma per il bambino ucciso e torturato per giorni.
Bambino ucciso da amici di famiglia
Nicola è una mamma che non si dà pace, non riesce a pensare al suo piccolo che poteva ancora essere tra le sue braccia e invece è stato brutalmente torturato e ucciso.
“Avrei dovuto accorgermi dei segnali, e invece…”
Il piccolo Moko, di tre anni, era stato affidato dalla mamma, con la sua sorellina di sette anni, a una coppia di amici, David e Tania, mentre lei doveva recarsi per alcune cure in un ospedale lontano da casa per assistere il figlio maggiore.
I due, a loro volta genitori di 4 figli, si erano sempre mostrati affettuosi con i bambini e pazienti, per questo Nicola si sente tranquilla nel chiedergli questo enorme favore. Si reca dunque con i bimbi a casa loro, distante circa 3 ore e mezza da casa sua, pensando di poter garantire a Moko e alla sorella le cure migliori.
Invece i due carnefici abusano per settimane di Moko, prendendolo a calci, picchiandolo violentemente, calpestandolo e coprendolo di escrementi fino alla morte, avvenuta nell’agosto scorso.
Bambino ucciso: la mamma non si dà pace
La mamma chiama frequentemente a casa di David e Tania per parlare con i figli, ma spesso Moko non può rispondere, le viene detto che è stanco o dorme o non ha voglia. Tutte scuse abbastanza plausibili per un bambino di 3 anni ma la mamma non si dà pace e dice che c’è stato soprattutto un episodio che avrebbe dovuto allarmala più di altri.
Tania la chiama urlando al telefono che “Quel fot**** st***** di suo figlio” aveva rotto un vetro.
Nicola è stupita dall’atteggiamento e dalla violenza verbale dell’amica ma pensa siano dovuti dalla rabbia del momento e si offre di ripagare il danno subito senza esitazione. Quando poi chiede di parlare con Moko le viene detto che era andato a letto e Nicola riuscirà a parlargli solo un paio di giorni dopo e lo trova tranquillo, forse, pensandoci bene, fin troppo…
“Questi erano segnali che avrei dovuto cogliere”
dice la mamma che ha anche saputo dettagli agghiaccianti dalla figlia che si è prodigata per proteggere il fratellino ma ne ha parlato solo dopo che Tania e David erano stati già messi al sicuro in prigione per paura che potesse accadere qualcosa di brutto a lei o alla mamma come l’avevano minacciata i due.
Un giorno Moko aveva gli occhi e la faccia sporchi di sangue e lei lo ha pulito con della carta igienica e ha cercato di nasconderlo in un armadio, inutile dire che è stato un tentativo infruttuoso.
Bambino ucciso e torturato, i risultati agghiaccianti dell’autopsia
Il giorno che Moko viene trovato dai paramedici chamati dalla coppia non riusciva più a muoversi e a parlare, il suo stomaco era indurito dai continui calci e ormai le lesioni interne erano irreparabili. I due carnefici hanno dichiarato che il bambino era caduto da una catasta di legna ma in ospedale è subito stato chiaro il motivo di tante tumefazioni.
L’autopsia non è riuscita neppure a stabilire con certezza la causa della morte per la presenza di troppe ferite e lacerazioni che avevano portato ad emorragie interne, anche se si presume che la causa scatenante possa essere stata la rottura dell’intestino avvenuta con un ennesimo calcio, che può aver portato anche ad un’infezione, ma potrebbe essere anche stata l’emorragia cerebrale dovuta ai pugni che lo hanno colpito più volte violentemente sulla testa.
Il piccolo bambino ucciso riportava anche ferite e contusioni in faccia e al collo, segni di morsi sulle guancie e sulle braccia, lacerazioni multiple sul mento, collo, orecchie e labbra, emorragie ad entrambi gli occhi e abrasioni multiple e contusioni su petto e addome.
Nicola non riesce a perdonare i due, come non riesce a perdonare se stessa, ma chiede esplicitamente che tutta questa violenza non porti altra violenza, non vuole che sia questo il ricordo a cui legare il suo piccolo Moko che non tornerà mai più ad abbracciarla.
“Posso capire, perché mi sento anch’io con tanta rabbia dentro ma è davvero questo il messaggio che vogliamo dare ai nosti figli? C’è già stata e c’è abbastanza violenza in giro e aggiungerne altra non servirà a nulla.”