“Lei era sdraiata e lui si buttava addosso […] e lei gli dava i calci. Lui […] la prende in braccio e la butta giù.”
Questa è l’agghiacciante descrizione di una violenza intima seguita da un omicidio. La “Lei” di cui si parla è Fortuna Loffredo, morta nel Parco Verde di Caivano il 24 giugno del 2014, quando aveva solo 6 anni; “Lui”, l’orco, è Titò, come lo chiamano tutti quelli che lo conoscono di persona, all’anagrafe Raimondo Caputo, 44 anni, vicino di casa di Fortuna Loffredo e patrigno di Dora, l’allora migliore amica della piccola vittima.
Può sembrare sconvolgente ma a fare la confessione decisiva che ha incastrato l’orco, Titò, è proprio la sua figliastra, l’amichetta del cuore di Fortuna. Le parole pronunciate da Dora non lasciano spazio a dubbi e svelano il ruolo di Raimondo Caputo nell’omicidio di Fortuna.
La piccola Dora era a sua volta vittima di violenze, ha raccontato di averne subite ogni giorno, ha raccontato che come lei anche le sue sorelle venivano violate e ha persino confessato che sua madre, Marianna Fabozzi, ben sapeva cosa accadesse in casa sua.
“Poi passa”, diceva “mamma” Marianna alle sue figlie quando lamentavano dolori intimi per gli abusi subiti.
Gli inquirenti hanno assai faticato per arrivare all’arresto di Raimondo Caputo, e ancora oggi si chiedono se la sua mano omicida abbia potuto togliere la vita anche ad Antonio Giglio, figlio della stessa Marianna Fabozzi, e morto il 27 aprile del 2013 in condizioni assolutamente analoghe a quelle di Fortuna. Antonio, come la piccola Chicca, soprannome di Fortuna, precipitò da una finestra dello stesso palazzo degli orrori.
Le circostanze della morte di Fortuna Loffredo sono per lungo tempo rimaste misteriose, complice l’atteggiamento omertoso degli abitanti di Parco Verde, il comprensorio di case popolari di Caivano, nella provincia di Napoli. Grazie solo alle testimonianze dei bambini, prima tra tutte la testimonianza dell’amichetta di Fortuna, il cerchio si è chiuso intorno all’orco e Raimondo Caputo è stato arrestato.
Dora ha raccontato che quella tragica mattina Fortuna aveva bussato alla sua porta, lei, però, era impegnata nelle faccende domestiche, malgrado la sua giovanissima età stava lavando il pavimento di casa. Nell’attesa Fortuna si allontanò, a quanto pare le facevano male le scarpe e voleva andare a cambiarle. L’abitazione di Fortuna e quella della sua michetta Dora erano vicine, le famiglie abitavano nello stesso comprensorio. Con Fortuna uscì anche Raimondo Caputo. Qualche minuto dopo Dora insieme a sua mamma Marianna si affacciarono nelle scale del palazzo cercando proprio Fortuna e la videro così come la bimba la descrive agli inquirenti: vittima prima di una violenza e poi di un efferato omicidio. La piccola testimone dichiara che Fortuna urlò cadendo.
Possibile che nessuno abbia sentito la bimba urlare, lamentarsi, opporsi alla violenza?
Per parte sua, mamma Marianna, estendendo oltre ogni limite il suo atteggiamento omertoso, ha indotto la figlia Dora a fare dell’accaduto il loro più terribile segreto, mentre in casa Raimondo Caputo portava avanti con una sistematicità inquietante i suoi violenti abusi.
“Giallo“, settimanale di cronaca edito da Cairo Editore, nel n° 19 dell’11 maggio 2016, rivela un particolare chiave: la mamma di Fortuna è stata la compagna di Claudio L. da questa relazione è nato Michele, il fratellastro della povera vittima. Fortuna sarebbe stata gettata dal finestrone dell’8° piano, sul ballatoio di quel piano avrebbe prima subito violenza. Proprio lì la mamma di Claudio L. avrebbe rinvenuto la scarpetta di Fortuna.
Sulla scarpetta di Fortuna, quella calzatura che misteriosamente la bimba non indossava all’atto del ritrovamento, tanto si era discusso. Se gli inquirenti l’avessero intercettata subito, molto prima e molto meglio si sarebbe ricostruita la dinamica della morte di Chicca. Stando ad un’intercettazione ambientale che Giallo riporta, la mamma di Claudio L. confessò a suo figlio il luogo del ritrovamento di quella scarpetta e ammise pure di averla buttata.
Come non definirei silenzio di Parco Verde omertoso contro ogni logica umana e etica.
Le intercettazioni ambientali hanno avuto un ruolo fondamentale nelle indagini, lo stesso orco, Raimondo Caputo, sarebbe stato incastrato anche da frasi dette in casa sua colloquiando con la compagna.
9, 6 e 4 anni hanno le figlie di Marianna Fabozzi, 4 ne aveva Antono quando morì e 6 ne aveva Fortuna quando volò da una finestra nel bel mezzo di una rampa di scale e perse la sua giovane vita.
Questi 5 bambini sono stati probabilmente tutte vittime delle violenze intime di Raimondo Caputo. In carcere le guardie penitenziarie lo hanno già salvato una volta dal linciaggio, i detenuti non possono tollerare che la sacralità dei bambini sia così violentemente lesa, eppure all’interno di un vasto comprensorio abitato da molti bambini è regnato il silenzio e la mamma di 4 figli violati è stata zitta.