Ormai i notiziari ci hanno abituati a scene di ogni tipo sui mezzi di fortuna che arrivano e sbarcano sulle coste italiane alla ricerca disperata di una nuova vita, di nuove speranze. Sono persone che spesso non hanno neppure un piano preciso se non quello di una fuga a qualsiasi prezzo e per qualsiasi destinazione. Tra le migliaia di persone un bimbo sul barcone arriva in giacca e cravatta.
Un bimbo sul barcone vestito con giacca e cravatta
La foto che ha fatto il giro dei social in questi giorni colpisce per la sua tenerezza e il suo realismo quasi spietato. Se non fosse una foto di una drammaticità senza voce ci verrebbe persino da sorridere, sorridere per l’ingenuità che può esserci dietro, per le parole che pare abbia detto la mamma a questo bimbo prima di partire:
“Ci accoglieranno con una festa”
E’ invece un riso amaro quello che accompagna questa immagine, che ci scava dentro alla ricerca del perché un bimbo così piccolo possa aver già avuto una delusione così grande. Forse la mamma per prima non era consapevole di ciò che sarebbe accaduto o forse ha cercato di rendere il viaggio più speranzoso per il piccolo elulando il disperato tentativo di rendere la realtà meno brutta come ne La vita è bella…
Il sogno del bimbo sul barcone: Ci accoglieranno con una festa
Si erano vestiti con gli abiti migliori, il piccolo congolese di circa 3-4 anni e la mamma che lo teneva ancora per mano al momento dello sbarco in Sicilia.
La mamma gli aveva detto che sarebbe stato il viaggio più importante della sua vita e che sarebbero arrivati in un posto dove sarebbero stati accolti con una grande festa e bisognava essere eleganti. Sicuramente il piccolo bimbo sul barcone quel viaggio non lo dimenticherà mai…. Volevano arrivare in America e non sapevano neppure esattamente dove stessero sbarcando al momento dell’arrivo sulle coste siciliane dopo la traversata dalla Libia.
Sono sbarcati da una delle navi di Frontex, l’isitituzione europea che si occupa di gestire le frontiere esterne degli stati membri, presi dal loro barcone che andava alla deriva e poteva diventare l’ennesima tragedia del mare. Non una festa ma fame, freddo e buio tra le onde. Non una festa ma un campo per immigrati.
Quel bimbo sul barcone vestito elegante in fuga dalla povertà e dalla fame.
Forse anche il campo immigati che lo ha accolto sono per il piccolo una piccola festa, anche se probabilmente non quella che si aspettava ma le pretese di un bimbo, si sa, a volte sono poche. Certo una situazione molto diversa da quella che ha lascito nella Repubblica Democratica del Congo, devastata dalle guerre civili e dalle milizie che seminano orrore, stupri e morte. Dove è sempre stato difficile mangiare tutti i giorni e sopravvivere. Per lui ora un biscotto è già una festa.
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Fonte: Repubblica