Purtroppo i dati e le notizie di cronaca riguardanti la violenza domestica subita da molte donne non sono confortanti. Il silenzio e la paura sono spesso compagne di vita quotidiana e gli abusi si perpetuano in modo infimo, facendo subire alle vittime la vergogna e il timore di denunciare. La Black Dot Campaign, la campagna del punto nero, è nata proprio per aiutare queste donne e dare uno strumento in più di denuncia efficace, malgrado le vessazioni e il controllo ossessivo da parte dei loro carnefici.
Black Dot Campaign, che cos’è e come è nata?
Per una donna che subisce violenze domestiche è spesso impossibile o rischioso chiedere aiuto, è emersa l’esigenza dunque di ideare un’alternativa che potesse essere efficace, possibile e discreta: la possibilità di denunciare senza parlare fattivamente ma con un semplice simbolo che potesse “raccontare” tutto e dare via alla tutela, all’aiuto più tempestivo e cautelativo.
La Campagna del punto nero sulla mano o Black Dot Campaign nasce nel settembre 2015 come un tam tam nei social e sembra che sia nata dall’idea di una donna inglese, che ha voluto ovviamente mantenere l’anonimato. Non vi sono tracce effettive della sua origine ma pare che sia nata dall’incontro di una donna che subiva violenze domestiche ricoverata in ospedale che non poteva e non riusciva a denunciare il marito, portata a fare una visita, finalmente sola, ha “comunicato” con l’infermiera, che poi l’aiutò, proprio con il simbolo sulla mano, per attirare l’attenzione in modo silente.
Non deve stupire il modo criptico con cui tutto ciò sembra rendere più difficile una cosa che pare di per sè facilissima, come parlare e pronunicare la parola “aiuto”. Bisogna vivere queste situazioni per avere l’idea di quale orrore e soprattutto annullamento di volontà, fiducia e autostima ci possano essere dietro, fino al punto di non sentirsi sicure neppure nel guardare negli occhi un’altra persona per paura poi di essere maggiormente punite.
Tutto ciò ha portato alla Black Dot Campaign, cioè all’idea che anche un solo minuscolo punto nero, una sorta di neo disegnato sulla mano, potesse aiutare queste donne e spesso i loro figli, dando loro la possibilità con un solo segno che poteva sfuggire agli occhi dei loro aguzzini, di denunciare la loro situazione ed essere salvate.
Si trattava di un codice per chiedere aiuto ai familiari, parenti, amici, associazioni che potessero poi intervenire in modo drastico e opportuno.
Black Dot Campaign dal successo dell’idea alla sua “inutilità”…
Purtroppo parliamo al passato perché proprio l’enorme successo della Black Dot Campaign, che è venuta di fatto allo scoperto, l’ha resa tragicamente inutile.
La pagina Facebook da cui ha avuto origine l’iniziativa ha raggiunto quasi 5 milioni di persone e pare che abbia aiutato diverse persone a fuggire dal loro incubio domestico ma proprio di questa pagina non è rimasta traccia, probabilmente proprio per tutelare chi l’aveva sostenuta o proprio per il fatto che la sua viralità e visibilità rendeva inefficace l’intento: un codice segreto rivelato non è più segreto….
Gli appelli si moltiplicavano ovunque: “se vedi un punto nero sul palmo della mano di una donna avverti subito la polizia!”
Facile pensare che la diffusione dell’iniziativa abbia scatenato le ire e i controlli dei partner aguzzini e che ormai questo segno non possa più facilmente essere usato per il suo scopo.
Ciò che rimane da pensare e su cui riflettere è senza dubbio il fatto che sia sempre più necessario e urgente creare una rete di aiuto e protezione per queste donne. La Black Dot Campaign ha probabilmente fatto il suo corso ed ha avuto il scopo nell’aiuto immediato di molte donne e senz’altro ha nuovamente sensibilizzato su un tema che non si dovrebbe mai dimenticare o passare in secondo piano.
Gli stessi fondatore della Black Dot Campaign hanno rimosso la pagina da Facebook e l’iniziativa sopravvive solo in pagine amatoriali e personali e il punto nero sulla mano è diventato più che altor un modo per sostenere tutte le donne vittime di abusi o comunicare di essere delle “sopravvissute”. Il suo fallimento però non significa che non si possa fare altro o in altro modo.