Nell’immaginario della donna incinta allattamento è sinonimo di nutrizione. Normalmente la neomamma si chiede se il suo corpo le fornirà la risorsa del latte per soddisfare la fame del piccolo.
Certamente il latte è cibo, è il primo ed il più naturale nutrimento. Ma l’allattamento è anche intimità tra mamma e bambino: è un discorso senza parole ricco di significati.
La mamma offrendo il seno al neonato gli presenta la vita, lo fa con la dolcezza del corpo che lo ha partorito, generato ed accolto e lo fa con l’amore. Il bambino succhiando riconosce se stesso nell’unione con il seno materno, perché per il pupo lui e la sua mamma sono ancora indissolubili. Ci vorrà tempo prima che il bambino capisca di essersi fisicamente separato dalla madre. Il parto è per il piccolo un evento naturale ma traumatico; pensate ai bimbi nelle nostre pance, il loro mondo piccolo e caldo è fatto del solo abbraccio del nostro ventre, all’improvviso scoprono la luce, il respiro, un nuovo modo di percepire i suoni, milioni di esperienze tattili diverse, il distacco dalle calde acque dell’utero e la fame da soddisfare ciucciando.
È innegabile che, vista in questo modo, la nascita è veramente impegnativa.
Il seno, allora, diviene conforto e sostegno, accompagna alla vita ed allevia le fatiche e lo sconcerto del piccolo nato.
Ricordo l’attimo esatto in cui i mio figlio si attaccò al seno. In quel momento preciso avevo una sola preoccupazione: doveva mangiare. Ma con il passare dei giorni, una volta assodato che il latte realizzava con successo il suo compito di nutrimento, scoprì che dentro l’allattamento c’è un mondo intimo e privato accessibile solo alla mamma ed al bimbo.
Incominciai ad allattare il piccolo ascoltando la musica e parlandogli, cantando canzoncine inventate con melodie insicure e stonate, descrivendogli la casa e la nostra famiglia, confidandogli i miei progetti. Insomma, non appena capì che mettendolo al seno lui ed io entravamo in contatto, in modo intimo ed esclusivo, non appena capì che quello della pappa era il momento migliore per conoscersi, incominciai a raccontarmi. Le poppate divennero più serene, il bimbo sembrava rassicurato dalla mia voce e affascinato dai racconti. Ed io vevo meno paure perché mi mettevo a nudo.
Certamente ci sarà chi non ritiene importante parlare ad un bimbo, cantare nenie stonate mentre lo si allatta, accarezzarlo e progettare con lui il futuro descrivendogli a voce alta desideri e sogni.
Quando nasce un bambino noi mamme pensiamo che sia nostro per il solo fatto di averlo portato in seno nove mesi. Ma prestissimo ci accorgiamo che i figli non ci appartengono, benché la natura ci abbia straordinariamente concesso di costruirli nella pancia. I figli devono imparare a fidarsi ed affidarsi ai genitori e perché ciò avvenga noi dobbiamo lasciare che loro ci conoscano profondamente e veramente. Questo genere di rapporti, queste intimità e questa appartenenza si costruisce pian piano. La famiglia è un castello di cristallo fatto di minuscole gemme di vetro incastonate con pazienza. Intendo dire che i rapporti tra genitori e figli sono sempre delicatissimi, ma non per questo non debbono essere trasparenti e curati. L’intimità è verità.
Io ho scelto di raccontarla subito la mia verità ai figli, lo fatto sin dal primo gesto d’amore: sin dal bacio della loro fame sul mio seno.