Nell’Italia della crisi, anche il divorzio è diventato una cosa da ricchi.
E quando la mamma non lavora, e l’ex marito non corrisponde l’assegno di mantenimento per il figlio, un bimbo di 7 anni, a sistemare le cose ci pensa un giudice, che intima la corresponsione dell’importo pattuito nella sentenza di separazione ai nonni paterni.
Assegno di mantenimento del minore corrisposto dai nonni paterni se il padre non versa.
La vicenda si è protratta per due anni, tanto ci è voluto prima di far riconoscere il diritto al mantenimento per un bimbo che oggi di anni ne ha 7.
Nell’ aula della seconda sezione civile del tribunale di Lecce si districa la storia di una separazione.
La coppia in questione era venuta ad un accordo affinchè il padre versasse 600 euro al mese all’ex moglie per il mantenimento del figlio dei due, dopo la separazione.
L’uomo però sembra non avere rispettato l’obbligo, e la storia ha assunto tratti drammatici quando la donna ha perso il lavoro nel call center dove era ingaggiata.
In grosse difficoltà economiche, e senza neanche la certezza dell’assegno mensile che il marito non corrispondeva, la donna ha cercato aiuto dai genitori, arrivando anche a chiedere alloggio, sebbene la sentenza di separazione avesse disposto che lei e il figlio avessero il diritto di stare nella casa coniugale.
La donna dunque si è rivolta alla giustizia per risolvere una situazione dalla quale non se ne veniva a capo, e il giudice ha disposto un controllo attraverso la guardia di finanza per una valutazione di ogni elemento.
Ne è venuto fuori, anche durante le udienze di questi due anni, che i nonni paterni, assistiti dall’avvocato Anna Grazia Maraschio, chiamati in causa per contribuire alla corresponsione del mantenimento del minore, possedevano due pensioni modeste, di 555 e 710 euro circa.
Il padre avrebbe sempre provveduto come poteva ai bisogni del figlio minore, attraverso i buoni pasto, comperando abbigliamento e così via.
La madre del bambino aveva recentemente perso il lavoro al call center, ed era stata ospitata in casa dei genitori insieme al figlio poiché nel frattempo aveva perso anche l’abitazione, fino all’assegnazione di quest’ultimo in sede di sentenza di separazione.
I nonni materni inoltre, nonostante una rata per un finanziamento, avevano provveduto a mantenere nipote e figlia per un periodo di tempo.
Dalle informazioni della guardia di finanza purtroppo è arrivata anche la conferma che l’uomo, oggetto di denunce e azioni esecutive, è proprietario della casa dove vivevano i tre fino alla separazione e di uno scooter, ma oggettivamente impossibilitato a corrispondere al figlio i 600 euro richiesti dalla ex moglie.
L’avvocato della donna Raffaele Di Staso ha così chiesto e ottenuto che una parte dell’assegno di mantenimento spettante alla sua assistita, o meglio al figlio minore, venisse corrisposto dai nonni paterni.
Dopo due anni di battaglie legali così il giudice monocratico del Tribunale civile di Lecce, Adele Ferraro ha disposto l’obbligo dell’ assegno di mantenimento del minore corrisposto dai nonni in una somma di 300 euro mensili.
La sentenza che impone l’ assegno di mantenimento del minore corrisposto dai nonni non è però nuova nella letteratura giudiziaria.
Già altrove infatti vi erano stati casi simili.
Nel 2009 infatti una sentenza del tribunale di Genova aveva fatto leva sul decreto legislativo che discute della “sussidiarietà dell’obbligazione degli ascendenti” ai sensi dell’art. 148 c.c..
Il detto articolo recita:
“I coniugi devono adempiere l’obbligazione prevista nell’articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
La sentenza 28/10/2009 ha precisato che il riferimento non deve essere seguito “in maniera assoluta, perchè l’insufficienza dei mezzi ammette anche un’integrazione parziale e non la sostituzione di una categoria all’altra. Detta obbligazione non dipende dall’oggettiva insufficienza dei redditi effettivi dei genitori, ma dalla loro capacità di provvedere al mantenimento della minore; come è stato rilevato dalla giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 15.02.1977) non vale ad esonerare gli ascendenti da tale obbligo il comportamento dei genitori che di fatto non provvedano in maniera adeguata al mantenimento dei figli, essendo appunto la norma in concreto finalizzata a garantire l’adeguato mantenimento della prole”. (fonte: altalex )
Nel caso della coppia di Lecce il giudice ha creduto di applicare la legge così da garantire al minore un minimo di sostentamento anche dai nonni paterni, che come si diceva, in questa triste storia di nuovi poveri, sembrano in pratica essere i più “ricchi”, nonostante le pensioni modeste.
Fonte: Lecceprima.it