Tempo fa pubblicai sulla mia pagina facebook un disegno, con di seguito una testimonianza di vita di una bambina.
Scoprii in seguito che quella bambina è oggi una scrittrice, si chiama Ayaan Hirsi Ali, è nata a Mogadiscio (Somalia), e si occupa principalmente dei diritti umani delle donne, soprattutto per quello che riguarda la tradizione islamica.
Mutilazioni Genitali Femminili e Infibulazione.
Quella testimonianza infatti (anzi purtroppo), aveva a che vedere con quello che poi è diventata questa donna, perché riguardava la sua esperienza dell’infibulazione.
Infibulazione deriva dalla parola latina fibula, spilla, proprio perché questo è il vero significato di questo intervento al quale vengono sottoposte moltissime donne in tutta l?Africa.
E’ tra le mutilazioni genitali femminili, che sutura, cuce, spilla, chiude, l’organo riproduttivo femminile.
La sola descrizione ‘medica’ della pratica mette i brividi a qualsiasi donna occidentale secondo me.
Ma ancor prima del dettaglio tecnico c’è una premessa sociale e culturale che riguarda l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.
L’infibulazione è considerata purtroppo in molte, troppe culture una sorta di rito di iniziazione per le bambine.
E’ legata alla religione islamica sebbene non vi sia traccia di questa pratica nel Corano.
Alcune fonti riportano che l’infibulazione era praticata già ai tempi degli antichi romani (Italia salute).
È in effetti più una specie di rito wodoo (se mi permettete), che un gesto religioso.
Ma principalmente serve ad avere il controllo sulla donna.
E la donna stessa, purtroppo, in certe culture, lo ritiene un passaggio doloroso ma necessario.
Necessario perché il non farlo significherebbe l’isolamento sociale.
Perché gli istinti fisici della donna devono essere repressi, fino all’annientamento.
La donna deve essere casta, pura, deve essere proprietà del marito e basta (e prima del padre).
E lei, la donna, le donne (tante, tantissime), si rimettono a questa volontà, a questa barbarie.
Ed ecco che da soggetto, individuo, viene inserita in un gruppo, nella sua società, viene così finalmente accettata.
Si pensi che in Africa si arriva ad avere percentuali spaventose di donne sottoposte alla pratica dell’infibulazione.
3 milioni di bambine in più ogni anno, oltre ai 140 milioni di donne che l’hanno subita.
E poi anche qualche dato tecnico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) distingue le mutilazioni sessuali femminili in diversi tipi a seconda della mutilazione:
1. Circoncisione o infibulazione “as sunnah”: parziale o totale rimozione del clitoride o del prepuzio;
2. Escissione “al uasat”: parziale o totale asportazione del clitoride
3. Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione del clitoride (con o senza piccole o grandi labbra), e restrizione dell’orifizio vaginale, cucitura della vulva che lascia aperto il solo spazio per la fuoriuscita dell’urina e del ciclo mestruale.
4. Altre mutilazioni genitali femminili
Poi toccò a me. Ormai ero terrorizzata.
– Quando avremo tolto questo “kintir” (clitoride) tu e tua sorella sarete pure.- Dalle parole della nonna e degli strani gesti che faceva con la mano, sembrava che quell’orribile kintir, il mio clitoride, dovesse un giorno crescere fino a penzolarmi tra le gambe. Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo … Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare…Vidi le forbici scendere tra le mie gambe e l’uomo tagliò piccole labbra e clitoride. Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne. Un dolore lancinante, indescrivibile e urlai in maniera quasi disumana. Poi vennero i punti: il lungo ago spuntato spinto goffamente nelle mie grandi labbra sanguinanti, le mie grida piene di orrore.
La testimonianza qui sopra è quella di Ayaan Hirsi Ali, ed è soltanto l’inizio di una straziante prova di quello che è ancora oggi una barbarie “autorizzata”.
Certamente non da leggi, stati e governi, ma da società, popoli, civiltà.
Non solo.
Quando una donna non è infibulata non è pura, non è degna.
E le altre se ne accorgono, anche solo dal rumore della sua pipì.
La scostumata, la viziosa, la torbida ha un getto forte, non stentato come le donne infibulate, sembra un uomo.
E figurati se può trovare marito una così.
Ayaan racconta del kintir, delle forbici, dei punti.
Tutto vero, tutto crudo.
Il rito dell’infibulazione è una cosa da donne, o da “specialisti”.
In genere sono le donne anziane dei villaggi che la praticano, dietro compenso.
Le bambine hanno dai 2 agli 8 anni, in alcuni stati anche meno.
Vengono tenute a gambe divaricate, immobilizzate, e mutilate, senza anestesia, senza cura medica, senza sterilizzazione.
Vengono ricucite con arnesi di fortuna, cicatrizzate con succo di limone, cenere, o cose che neanche i nostri trisnonni usavano come cauterizzanti.
E ovviamente il tasso di infezione è altissimo, mortale.
Le bambine poi vengono legate, alle gambe.
Stanno così finchè la ferita non si cicatrizza.
E dopo è un altro calvario.
Quando si fa pipì, durante il ciclo.
E poi c’è la defibulazione.
Perché quando una donna (bambina?) viene data in sposa, il marito o il futuro sposo la “spacchetta”.
Per consentire il rapporto sessuale l’uomo deve ovviamente defibulare la moglie, per poi ripraticare la cucitura dopo il parto.
E così la donna, per tutta la sua vita da donna, deve subire questa tortura, questa barbarie.
Prima non può provare piacere, poi deve sottostare a quello dell’uomo, dopo che avrà partorito tornerà ad essere infibulata.
Le leggi per contrastare questo costume barbaro che sono le mutilazioni genitali femminili nel mondo sono molte.
In Italia le donne infibulate sono in numero più alto che in tutta Europa (Fonte Italia Salute), e per questo anche nel nostro paese le mutilazioni genitali femminili sono reato.
L’organizzazione mondiale della Sanità (OMS), l’Unicef, e tantissimi altri organismi internazionali si battono ogni giorno per prevenire queste pratiche.
Non c’è alcun beneficio, dicono, solo rischi.
Strategie, risoluzioni, sforzi multitasking, da anni ormai la risposta a questa pratica barbara è volta in tutte le direzioni, affinchè essa venga bandita in ogni paese.
Ma l’impresa è ardua, il cammino in salita, e ancora, come dimostra Ayaan Hirsi Ali, la pratica messa in atto.
Verrà il giorno in cui nessuna bambina verrà più straziata, io ci credo, non lo vedo ancora all’orizzonte (lo scriteriato seguito “iniziatorio” è ancora ben folto purtroppo) e quello sarà un giorno di libertà e di vera emancipazione, altro che femminismo.
Continuate a leggere Ayaan Hirsi Ali (in rete troverete il suo racconto, noi lo abbiamo letto, tra l’altro, qui), per capire, condividere, agire e reagire.