La prima volta che venni a contatto con il mondo dell’autosvezzamento fu navigando in rete. Imbattendomi in una foto di un bimbo di 7 mesi che sgranocchiava un broccolo per poco non caddi dalla sedia. Lì inizio il mio viaggio alla scoperta dell’autosvezzamento, che smantellò uno ad uno i miei pregiudizi. Ad oggi, come mamma ne sono una grande fan. Come medico lo sono ancora di più…ed oggi vi spiego perché.
Cos’è l’autosvezzamento.
In inglese si chiama baby led weaning, in italiano alimentazione complementare a richiesta. Cosa vuol dire?
Complementare: L’alimentazione non viene più introdotta per svezzare il bimbo dal seno ( o latte artificiale), ma i cibi solidi divengono alimento complementare al latte materno ( o latte artificiale) che resta il caposaldo del sostentamento del lattante.
A richiesta: è il bambino che richiede di assaggiare i cibi solidi, senza orari o dosi prestabilite come avviene nello svezzamento tradizionale. Nella pratica quotidiana quello che avviene è quanto segue: il bimbo partecipa al pranzo e alla cena dei genitori, imparando così a vivere il momento di convivialità che il pasto condiviso rappresenta. Sente gli odori e vede i colori del cibo consumato dalla famiglia. Verso i 6 mesi generalmente il bambino riesce a stare seduto da solo, seduto a tavola come parte integrante della famiglia, manifesterà interesse per ciò che gli adulti stanno mangiando, a quel punto, con i suoi tempi e a modo suo, richiederà di assaggiare quello che vuole, scoprendo sapori e consistenze diverse. All’inizio gli assaggi saranno minimi, poi col passare dei mesi, pian piano il piccolo incrementerà le quantità e sperimenterà nuovi modi di mangiare ed accostare gli alimenti, imparando a condividere la tavola con la famiglia e sviluppando un approccio con il cibo sano ed equilibrato.
Da non sottovalutare la “comodità” che l’autosvezzamento comporta, se si decide di fare un viaggio o semplicemente andare a cena fuori non sarà necessario portare nulla con voi…e se a cena non c’è niente che sia adatto per il piccolo, una poppata in più non gli farà sicuramente male.
“MA IL PICCOLO PUÒ MANGIARE TUTTO…MA PROPRIO TUTTO?” Ci sono solo alcuni alimenti che il bimbo dovrà evitare: il miele sotto i 12 mesi per il rischio botulino e i grossi pesci come tonno e salmone che potrebbero contenere troppo mercurio. Per il resto via libera alla scoperta dei sapori, purché cucinati in maniera sana. Le fritture di conseguenza sono da evitare, come anche le pietanze troppo salate. I dolci? Con moderazione! Pertanto, cari mamma e papà, se siete tipi da fastfood e arancini, l’autosvezzamento non è indicato per il vostro bimbo … a meno che non decidiate di virare la vostra alimentazione verso uno stile di vita più sano. Per il resto, basta un poco di buonsenso alimentare. Le carni rosse sono da limitare, prediligendo invece frutta e verdura di stagione, legumi e cereali integrali.
Cosa dicono le comunità scientifiche e internazionali a riguardo dell’autosvezzamento?
L’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) non ha ancora preso una posizione a riguardo dell’autosvezzamneto, ma si esprime in maniera ferma rispetto all’allattamento al seno “si consiglia di proseguire, se possibile, fino ai due anni, o fino a quando madre e bambino lo desiderino.”
Basta dare un’ occhiata a quello che succede nei paesi meno industrializzati per renderci conto che l’alimentazione complementare a richiesta non è, come molti credono, una trovata new age, ma rappresenta un ritorno alle tradizioni alimentari che si sono perse nei paesi occidentali nel buio periodo degli anni 50, quando veniva addirittura sconsigliato di allattare al seno spingendo i bambini verso una (precoce ed infruttuosa) indipendenza basata prima sul latte artificiale (formul) e poi sulla somministrazione di pappine a base di preparati deglunitati ed omogenizzati.
Sfatiamo alcuni miti:
*La celiachia: la celiachia è una patologia multifattoriale in cui gioca un ruolo predominante la componente genetica. Vuol dire che o si è predisposti a diventare celiaci o non lo si è. L’introduzione tardiva di alimenti contenenti glutine non avrà alcun risultato in termini di insorgenza della patologia, se non un ritardo diagnostico e di conseguenza terapeutico nell’estromissione del glutine dalla dieta. Questo vuol dire che in termini di beneficio per la salute del bambino, prima si scopre se il bimbo è celiaco, prima lo si cura.
*Le allergie alimentari: Nei primi 18 mesi l’intestino del lattante è altamente permeabile a moltissime delle sostanze introdotte con l’alimentazione. Queste sostanze passeranno nel sangue dove “faranno amicizia ” con il sistema immunitario del piccolo. Di conseguenza, una introduzione minima e continua nel tempo di quegli alimenti da sempre considerati potenzialmente allergizzanti (fragole, pomodoro e uovo), non farà altro che permettere al sistema immunitario del bimbo di imparare a conoscere e soprattutto tollerare questi alimenti, come parte integrante della dieta. Di contro un bambino che introdurrà queste sostanze più tardivamente, quando il suo intestino è gia abituato a conoscere solo alcuni alimenti, sarà maggiormente a rischio di sviluppare allergie ed intolleranze alimentari.
È ancora presto per tirare le somme, ma la comunità scientifica ha notato un trend di diminuizione delle allergie alimentari nei bambini che hanno praticato autosvezzamento rispetto a quelli che sono stati alimentati con svezzamento tradizionale.
*Il soffocamento: Ogni genitore dovrebbe conoscere le manovre di disostruzione pediatrica, indipendentemente da come decida di svezzare suo figlio. Sono manovre salvavita, il cui apprendimento richiede circa 15 minuti ed in grado di risolvere il 98% delle ostruzioni totali, pertanto non possono essere ignorate.
È importante tenere a mente che non si lascia mai mangiare i bambini da soli, ma sempre in presenza di un adulto in grado di intervenire qualora ce ne fosse bisogno.
Con un poco di accortezza e buonsenso, il rischio che il cibo vada di traverso può essere minimizzato: è importante tagliare e sminuzzare i cibi in maniera adeguata (mai a rondelle e sempre di forma irregolare) ed evitare consistenze più problematiche, che potrebbero appiccicarsi al palato ed essere difficili da deglutire. Bisogna sottolineare infine che il bambino imparerà a gestire in breve tempo dimensioni e consistenze diverse, lasciamo quindi che sia lui a scegliere cosa mangiare, quale pezzo portare in bocca e quanto staccarne, inoltre dobbiamo imparare a distinguere il riflesso faringeo (assolutamente fisiologico) dal soffocamento vero e proprio per il quale dobbiamo intervenire.
* Ma non ha denti…come mastica? Il piccolo mastica anche senza denti, ebbene si, le gengive del bimbo sono abbastanza forti da riuscire a triturare i pezzetti che ha in bocca. Bisogna anche sottolineare il vantaggio dell’autosvezzamento in termini di fastidio e dolore allo spuntare dei dentini: le gengive vengono massaggiate durante l’atto della masticazione permettendo ai dentini di spuntare più velocemente e con meno dolore.
Autosvezzamento, le 4 regole d’oro:
Quando decidiamo di sperimentare l’alimentazione complementare a richiesta dobbiamo tenere ben presenti alcune regole che ci guideranno ed accompagneranno lungo il percorso:
1) Il periodo di inizio lo stabilisce il bambino, di norma avviene intorno ai 6 mesi quando il piccolo sta seduto da solo, ha perso il riflesso di estrusione (dr: quando si avvicina qualcosa alla bocca il bimbo tira fuori la lingua), mostra interesse per il cibo solido e ” richiede” di assaggiarne).
2) Il pasto è innanzitutto un momento di condivisione familiare: il bambino non mangia più da solo, ma segue i ritmi alimentari della famiglia condividendo cibo ed allegria.
3) Il bambino non si forza mai, né si inganna: niente aeroplanino, cartoni o forzature. Se il bambino non vuole mangiare non si insiste. L’organismo del piccolo si regola da solo, sa lui cosa necessita ed in quale quantità. Quello che il genitore può fare è offrire al piccolo un’ampia scelta di cibi sani e vari.
4) Vivetela serenamente: quando si decide di iniziare a svezzare il bambino facendo autosvezzamento, non di rado ci si scontra con le critiche di coloro che hanno sempre sostenuto lo svezzamento tradizionale, amiche, conoscenti, suocere e parenti. Non fatevi scoraggiare, documentatevi per bene e prendete la vostra decisione, ma qualsiasi cosa scegliate fatelo serenamente. Ci sono alcune mamme affascinate dall’autosvezzamento che però non riescono ad attuarlo per la paura che loro figlio soffochi o non sia nutrito abbastanza, altre invece vorrebbero seguire uno svezzamento tradizionale ma lo trovano troppo schematico e di difficile esecuzione. Ogni bambino è diverso, e non c’è ad oggi un modo universalmente riconosciuto giusto ed univoco per svezzarlo.
Il mio consiglio, da mamma e medico, é di ascoltare il vostro bambino e di assecondarlo nella scoperta del cibo dei grandi, ricordando che in primo luogo il pasto è da millenni il momento di ritrovo e di condivisione di tutta la famiglia, e così serenamente deve essere vissuto.