L’alimento quotidiano per eccellenza è il latte, o almeno lo era fino a qualche tempo fa, quando si pensava che dovesse essere alla base di qualsiasi corretto piano nutrizionale.
Il mito del latte sta piano piano declinando e sono sempre di più le persone che si chiedono se il latte fa male o bene come si è sempre sostenuto.
Vediamo di analizzare prima di tutto di capire com’è nata proprio questa iniziale concezione sulle caratteristiche benefiche del latte vaccino per poi poter stabilire fino a che punto il latte fa male o bene.
Fin dal primo dopoguerra bere latte diventa sinonimo di miglioramento alimentare, di una fonte primaria ed essenziale di calcio e proteine che facevano bene. Inoltre, mentre prima il latte era un alimento legato solo al mondo agricolo e contadino, con la nascita dell’industria alimentare, diventa quasi uno status symbol della nuova borghesia, potersi permettere di bere latte fresco anche in città e garantirsi così tutti i benefici ottimali reclamizzati.
Dopo gli anni ’50 compaiono e si ottimizzano i processi di sterilizzazione UHT (acronimo per ultra high temperature, cioè ad alte temperature che garantiscono la lunga conservazione), vengono selezione le mucche da latte con precisione sempre maggiore, così come diversificati i metodi d’allevamento e alimentazione, si finisce così con il favorire le specie che danno una maggiore quantità di latte, che non necessariamente è sinonimo di qualità.
Il latte fa male o bene?
Al di là di convinzioni puramente ideologiche che rientrano in uno spettro di scelta alimentare che non comprenda proteine animali, potenzialmente il latte è ricco, in origine, di proteine (3,4 g per 100 ml), calcio (125 mg per 100 ml) e vitamine. E’ senz’altro un sussidio alimentare importante ma bisogna fare delle distinzioni per capire se il latte fa male o bene.
Con l’avvento della commercializzazione di massa si è dovuto di conseguenza sopperire a necessità di conservazione diverse dal latte crudo, così come norme igieniche che ne garantissero la sicurezza. Oltre ad un deciso cambio di sapore che può percepire solo chi ha avuto la possibilità di assaggiare il vero latte crudo, il processo UHT pare che riduca di circa il 50% la vitamina C, il 30% la vitamina B1 e di vitamina B6, il 50% di acido folico e il 50% di vitamina B12.
Negli anni ’70 la standardizzazione del latte per quantità di grasso e di proteine è ampiamente avvenuta e diminuisce così anche la frazione di materia grassa e sali minerali mentre, paradossalmente, si passa spesso all’aggiunta di oli vegetali o di pesce o vitamine e sali minerali che andrebbero ad integrare quelli che sono stati persi.
E’ un alimento controllato ma senz’altro molto diverso dall’originale.
Un vero pasticcio a questo punto capire se il latte fa male o bene visto che del latte originale a volte rimane ben poco.
Mentre il latte ha continuato ad essere pubblicizzato come un alimento essenziale che ci permette di essere più sani.
In parallelo al cambiamento del latte vi sono anche evidenze che mettono in risalto come anche il mangime per gli animali sia cambiato e questo, veicolato nel prodotto “latte” abbia potuto portare anche ad un aumento dell’incidenza di intolleranze. Questo, per alcuni, sarebbe legato a mangimi o cereali provenienti da agricoltura ogm come la soia. Questa teoria non è affatto dimostrata ma trova diversi sostenitori anche in campo medico non tradizionale.
Altri ancora sostengono che la percentuale di persone intolleranti al latte sia sempre stata alta, ance con disturbi non gravi, proprio perché non è un alimento destinato agli esseri umani.
Sul fronte di chi dice che il latte fa male o bene, c’è anche chi da sempre sostiene che il latte vaccino sia ad uso esclusivamente animale come lo è per l’uomo quello destinato ai neonati e che dunque questa atipicità di uso del latte di un altro mammifero non sia adeguata alle reali esigenze nutrizionali dell’uomo.
Sul banco degli imputati vi è anche il calcio presente nel latte che, stando ad un detto comune, “aiuta” la ossa e “prevenga” l’osteoporosi. E’ vero che questo prezioso minerale è un composto essenziale per il nostro scheletro ma è altrettanto indispensabile che sia associato alla vitamina D, con apporto nutrizionale adeguato o di sintesi attraverso l’esposizione alla luce solare e il movimento fisico. Altrimenti il latte da solo non serve assolutamente a nulla. Inoltre è necessaria la costanza e non l’accumulo di calcio.
Il latte fa male o bene allora?
A tutto ciò si aggiunge l’alto tasso di proteine animali presenti nel latte che, in un’alimentazione media, già sono presenti in troppe quantità. Queste proteine portano ad un’acidificazione che consuma in modo esponenziale il calcio, dunque, di fatto, pare che si ottenga un nulla di fatto, nella migliore delle ipotesi. Molti tipi di verdura a foglia verde, come la cicoria, la rucola, il radicchio e la bieta, sono una fonte di calcio buona senza il contrappeso delle proteine animali.
Non di meno, sempre più frequentemente negli ultimi anni, si sono rintracciate tracce di antibiotici, ormoni e cellule somatiche, queste ultime sono genericamente cellule di un organismo e se ne trovano soprattutto a seguito di mastiti e infezioni che colpiscono a volte le mammelle sfruttate delle mucche da latte, benché le direttive europee abbiano posto delle soglie di sicurezza a tali tracce.
Dunque se vogliamo rispondere correttamente alla domanda: Il latte fa male o bene?
E’ opportuno conoscere un minimo di excursus storico sulla comparsa del latte in modo massiccio nella nostra alimentazione e i cambiamenti a cui è stato sottoposto, oltre all’effettiva composizione in associazione all’acqua di cui è composto per circa il l’87%.
Per ulteriori informazioni per sapere se il latte fa male o bene puoi consultare anche questo link.