Un recente studio condotto presso la Tilburg University, in Olanda, avrebbe dimostrato che la propensione al tradimento non dipenderebbe dalla identità sessuale, quanto, piuttosto, dal potere esercitato ed esercitabile dall’individuo che tradisce.
In questo senso le moderne donne in carriera, secondo i ricercatori guidati dallo psicologo Joris Lammers, tenderebbero a mutuare gli atteggiamenti degli “uomini di potere” e cadrebbero anche nel vortice del tradimento. Il tradimento femminile e quello maschile non sarebbero dunque diversi, non esisterebbe una tensione ormonale a tradire ed a ricercare il piacere fisico o l’adrenalina del proibito, tutto si tradurrebbe in una questione di potere, di gestione ed esercizio di una personale supremazia.
Gli scienziati, dunque, identificano l’esercizio del potere con la tendenza a tradire e maggiore è l’autostima del soggetto, più alto è il ruolo di comando che riveste, più esso – uomo o donna che sia – risulta esposto al tradimento.
La donna in carriera, padrona di una posizione di supremazia, tenderebbe ad imporsi anche attraverso la sessualità, usando il tradimento e la conquista di un altro uomo come ulteriore strumento di affermazione di se stessa.
Questa ricerca fa forse luce su un aspetto trascurato e profondo del ”tradire”: chi tradisce non solo viola un ordine, un equilibrio sociale e personale acquisito e stabile, ma esce da uno schema credendosi capace di mantenere comunque in equilibrio la propria vita, lo fa perché si crede in grado di gestire tutto e intimamente legittimato a far tutto.
Il traditore è colui che viola l’ordine familiare o di coppia ma perchè lo fa, perchè si sceglie la via del tradimento? Secondo i ricercatori della Tilburg University chi tradisce crede in se stesso e nel proprio “potere”. Se così fosse, i ricercatori olandesi avrebbero bene identificato un nodo psicologico del tradimento, inteso come fenomeno trasversale ed indipendente dal genere sessuale.