Orrore che segue all’orrore, certo non si poteva immaginare una persona diversa dalla madre ad aver compiuto un gesto del genere ma vedere concretizzato l’atto di
una madre arrestata per aver gettato la figlia nel cassonetto lascia tutti senza parole.
Il fatto si era svolto nel novembre scorso quando la piccola Giorgia, nome poi dato dal padre, era stata trovata in un cassonetto della spazzatura in un quartiere popolare di Palermo.
Era avvolta in un lenzuolino intriso di sangue con un borsone rosso per culla.
L’aveva scoperta un clochard che frugava tra i rifiuti che ha chiamato subito aiuto ma tutto è stato inutile.
La bambina si dibatteva ancora con le piccole forze rimaste, benché già cianotica, con il cordone ombelicale ancora attaccato ed era stata poi rianimata in ambulanza. Purtroppo però il suo piccolo cuoricino aveva poi ceduto e la piccola era morta a seguito dell’emorragia poco dopo il ricovero.
La bambina aveva circa cinque ore di vita e i medici hanno subito stabilito che era sana e nata dopo una gravidanza regolare.
Sono bastate poche ore per capire cosa fosse successo, quando, in serata, si è presentata presso un punto di pronto soccorso la madre arrestata poi in questi giorni.
Pilato Valentina, la madre arrestata, accusava una forte emorragia ed era presa dal panico, diceva che era convinta che il cuore della bimba non battesse e di averla gettata perché terrorizzata.
Solo dopo molte ore confessa:
“Non volevo quella bambina“
Il movente non è ancora conosciuto. Si è stabilito che la piccola Giorgia era figlia del marito, dunque si esclude che l’omicidio sia avvenuto per nascondere un tradimento.
Dopo cinque mesi la madre arrestata finisce in carcere. Era residente a Gemona del Friuli dove viveva dall’autunno scorso con il marito, un militare, e i suoi tre figli di otto, sei e due anni. L’accusa da infanticidio si è ora trasformata in quella molto pesante di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e occultamento di cadavere. Il pericolo, secondo i magistrati, sarebbe quello della reiterazione del reato.
Tre sono i punti cardine dell’accusa: l’autopsia della piccola Giorgia, l’esame del Dna e la mancanza di elementi per confermare l’infermità mentale che era stata richiesta dalla difesa.
La donna aveva nascosto la gravidanza al marito e si era recata a Palermo, presso la madre, per l’ultimo periodo della gravidanza. Aveva partorito proprio lì a casa della madre a poca distanza da quel cassonetto.
Molti a Gemona la ricordano e la descrivono come una mamma premurosa e attenta e niente faceva presagire il dramma che si sarebbe consumato, né che la donna fosse in stato interessante.
Fonte: Messaggeroveneto