Aborto, non sempre l’aborto si consuma, quantomeno fisicamente, in una seduta operatoria e in un post operatorio più o meno breve.La storia di Stefania ha inizio nel 2013, e purtroppo ancora oggi non è conclusa.
Stefania, secondo la cronaca, ha praticato un aborto e ha espulso il feto dopo 10 giorni dall’intervento.
Espelle il feto dopo 10 giorni dall’aborto. Indagata la ginecologa.
Nell’agosto 2013 Stefania M, 40 anni e una bimba avuta in precedenza che oggi ha 7 anni, riceve una diagnosi che riguarda la sua gravidanza: il feto che porta in grembo ha la Sindrome di Down, e lei si sottopone ad una Interruzione volontaria di Gravidanza (Ivg).
Si reca dunque all’ospedale San Camillo di Roma, uno dei centri ospedalieri più accreditati del paese, e la ginecologa che la segue per l’intervento le pratica una interruzione di gravidanza.
Stefania decide di passare i giorni successivi all’intervento in Toscana, per riprendesi fisicamente, ma anche psicologicamente da quella decisione non facile.
Da subito però non sta bene. Pensa ai postumi dell’intervento, e non si preoccupa.
Ma i dolori, il senso di spossatezza, non passano.
Dopo 10 giorni si sveglia in un bagno di sangue e con delle fitte addominali fortissime e una febbre che non l’aveva lasciata da quando era uscita dall’ospedale.
Stefania si trascina letteralmente nella doccia ed ecco la sorpresa:
l’aborto che aveva pensato di compiere non era evidentemente stato effettuato, e lei espelle il feto in bagno.
L’intervento di aborto non era evidentemente stato effettuato per niente, il feto oramai necrotizzato, dopo 10 giorni, era ancora attaccato al cordone ombelicale, di oltre 6 centimetri.
Oltretutto la donna stava rischiando una setticemia.
Stefania viene trasportata d’urgenza dal marito al reparto di anatomia patologica dell’ospedale Gemelli di Roma, dove le vengono asportate parti di placenta.
Espelle il feto dopo 10 giorni dall’aborto. L’ecografia non lo aveva rilevato
La perizia stabilirà poi che il feto misurava 5.3 centimetri, e che l’aborto che avrebbe dovuto rimuoverlo, e la successiva ecografia di controllo erano state effettuate con negligenza.
Adesso la cartella clinica dell’Interruzione avvenuta al San Camillo è agli atti del pubblico ministero e del procuratore aggiunto, così come quella del successivo ricovero.
La ginecologa che avrebbe dovuto effettuare l’aborto è adesso indagata per lesioni gravi e rischia il processo.
L’avvocato della donna ha affermato che la sua assistita presenta ancora oggi, a distanza di tempo, un quadro psicologico sofferente e che in dibattimento altre prove evidenzieranno la totale negligenza e il pericolo a cui è andata incontro Stefania.
Fonte: Il Corriere.it