Vedere i propri figli crescere ed interagire con noi e con il mondo è motivo di grande soddisfazione per ogni genitore.
Viceversa, la frustrazione è pesante e si trasforma in angoscia quando il proprio figlio, un bambino con malattia rara, non è in grado di farlo e vive in un mondo a parte.
A causa di una malattia che colpisce il cervello, la polimicrogiria bilaterale perisilviana, una malformazione della corteccia cerebrale che influisce sulla parte riguardante il linguaggio, Tait Sherman aveva vissuto fino a sette anni in un mondo silenzioso.
Solo dopo l’aiuto di uno specialista del linguaggio questo bambino con malattia rara è stato in grado di comunicare con la sua mamma e di dirle esattamente ciò che sentiva.
Questa sindrome portava Tait a sapere esattamente ciò che voleva dire ma la sua bocca non riusciva ad emettere nessun suono.
Questa condizione è molto rara e proprio per questo non c’era neppure un’associazione che potesse aiutare e supportare Tait e la sua famiglia.
La mamma ha lottato duramente per ottenere una diagnosi certa per il suo bambino con malattia rara e ha lottato anche per avere l’aiuto adeguato di cui il figlio aveva bisogno.
All’inizio non ci si è subito accorti della patologia del piccolo, tutto sembrava nella norma e Tait proseguiva la sua crescita, raggiungendo le tappe fondamentali come tutti gli altri, tutte tranne quelle riguardanti il linguaggio.
Questo bambino con malattia rara riusciva solo a pronunciare pochissime parole e spesso comprensibili solo ai famigliari stretti.
Finalmente, quanto Tait ha compito 3 anni ha cominciato ad essere inserito in un programma di recupero del linguaggio e si è riusciti finalmente anche ad ottenere una diagnosi certa all’età di quattro anni e mezzo: da lì in poi i progressi e i risultati sono stati sorprendenti per questo bambino con malattia rara.
Non è stato però un percorso facile,
prima un’educatrice aveva diagnosticato, a questo bambino con malattia rara, la disprassia orale, una condizione per cui un bimbo ha difficoltà a fare e coordinare i movimenti per produrre un discorso chiaro, poi dopo una risonanza magnetica, gli è stata diagnosticata la sindrome da polimicrogiria bilaterale perisilviana che, se da una parte “è stata come un pugno nello stomaco” dice la mamma, “dall’altra almeno è stato un sollievo avere una diagnosi corretta e chiara da cui partire per avere un aiuto mirato.”
Il piccolo quindi si esprimeva a gesti, tra mille difficoltà, perché i bambini della sua scuola non parlavano il linguaggio dei segni, finché la sua mamma non si è rivolta ad un’associazione specializzata nella comunicazione dei bambini: “I Can” (Io posso) e allo loro scuola specializzata nel linguaggio.
Reama è riuscita anche ad ottenere il sostegno economico che spettava a questo bambino con malattia rara e di cui necessitava urgentemente e ha intrapreso questo nuovo percorso.
“Mio figlio era frustrato, era un bimbo molto solo la cui fiducia era stata danneggiata dalla precedente esperienza scolastica. Tait ha uno sviluppo cognitivo giusto per la sua età ed era sbagliato metterlo in una scuola dove nessun altro aveva le sue necessità. Dopo aver trovato posto nella scuola nuova la sua qualità di vita è migliorata immediatamente” spiega la mamma.
Questa scuola ha insegnato a questo bambino con malattia rara alcune tecniche per emettere suoni con le labbra in determinate forme, oltre alla presenza di logopedisti in ogni classe. Gli alunni sono divisi per comprensione del linguaggio e non semplicemente per età, ogni programma è personalizzato per ottenere un apprendimento ottimale dalle potenzialità di ciascun alunno.
Gli insegnanti di questa scuola usano molti supporti visivi come foto e simboli in modo da rendere le parole vive e riuscire a trasmetterle ai bambini.
Tait e la mamma hanno potuto sentire la sua voce per la prima volta.
Reama, la mamma del bambino con malattia rara dice:
“E’ stato un momento spettacolare, era orribile non poter comunicare con la persona che tu ami di più al mondo, mi spezzava il cuore.”
“Fino a prima usavamo il linguaggio dei segni per dirci che ci volevamo bene.”
Ora Tait riesce a costruire anche frasi più complesse e a farsi capire anche al telefono.
Una sera, portandolo a letto, per la prima volta mamma Reama ha sentito le parole che non sperava più di sentire e che aveva atteso fino ad allora con amore paziente, il suo piccolo di sette anni le ha fatto un grande abbraccio e ha sussurrato:
Mamma ti voglio bene.
La maggior parte delle mamme avranno sentito questa frase centinaia di volte e forse non danno più neppure il giusto peso a queste parole ma per Reama hanno significato più di ogni altra cosa al mondo.
Fonte: Mirror