Un bambino “troppo vivace” da una parte e una classe contro dall’altra.
Questa è la dinamica che nei giorni scorsi ha visto protagonista delle prime pagine dei giornali una classe della scuola materna.
la scuola in questione è l’istituto Bachelet di via del Fringuello a Torre Maura, Roma.
Il prologo: il bambino “troppo vivace” è Pietro, 5 anni, figlio di padre rumeno agli arresti domiciliari e una mamma, che a giudicare dalle cronache è anch’ella troppo vivace.
Il bimbo è sicuramente vivace (affetto da Disturbo Oppositivo-provocatorio, DOP, direbbero gli psicologi), picchia, tira sassi, è bullo con i compagni di classe.
I genitori degli altri bambini si lamentano, le maestre tentano di sedare gli animi: il bimbo è iperattivo, ma i genitori si inalbero per nulla dicono, a difesa della scuola e del piccolo.
Poi però passano ai fatti: per alcuni giorni la sezione B è deserta, i bimbi sono rimasti a casa, quasi un atto ritorsivo dei papà e delle mamme, preoccupati per l’atteggiamento da bullo di Pietro.
Non è la prima volta che succede.
Pietro ha già cambiato scuole altre volte.
Il suo papà era stato arrestato durante un colloquio con le insegnanti: era agli arresti domiciliari ed è stato ritenuto latitante. I carabinieri lo hanno messo in manette proprio a scuola.
Proprio per questo carattere problematico le insegnanti non se la sentono di stigmatizzare il piccolo.
Così fa anche la preside, che stila una relazione che poi consegna ai carabinieri: il bambino è sicuramente difficile, ma non bullo.
Gli altri genitori però non sono d’accordo. La mamma di Pietro avrebbe mandato un paio di genitori e nonni in ospedale, vittima anche una maestra che tentava di sedare le risse, in ultimo un cartello con frasi irripetibili affisso davanti alla scuola da parte della mamma di Pietro: «Che voi siate maledetti, tra le tante cattiverie e porcherie che avete scritto su mio figlio di soli 5 anni non avete detto però la cosa più vera: che mio figlio è più bello dei vostri inutili mostriciattoli. Schiattate adesso».
La maestra Rosanna, che ha sempre tentato di fare da ago della bilancia in questa oltraggiosa situazione, si rammarica: «Un fallimento avevo fatto tanto per calmare la situazione e per far integrare quel bambino, solo vivace, chiuso ma non certo bullo come è stato descritto. Peccato, peccato, erano mesi che ci lavoravo, anche con i genitori ero riuscita ad avere un rapporto, mi ascoltavano». E infatti non ha mai denunciato alcun gesto.
Da un lato insomma un bambino difficile, i genitori con evidenti problemi, dall’altro mamme impensierite per i propri figli, che erano sicuramente soggiogati dal carattere problematico di Pietro. In mezzo le insegnanti, la scuola, la preside.
Una storia difficile da giudicare, che dovrebbe far riflettere sul ruolo delle istituzioni, sul modo di essere genitore e sulla difficoltà di gestire questi piccoli, che se da un lato vengono visti come dei bulli (se mio figlio fosse in classe con Pietro forse anch’io mi sarei lamentata) dall’altro hanno evidentemente dei deficit comportamentali o delle serie problematiche familiari (e se invece fossi stata la mamma di Pietro?).
Fonte e fonte foto cartello:
Fonte: Il Messaggero