A volte molta ansia accompagna le mamme che si trovano ad effettuare il tampone vaginale che normalmente viene consigliato tra la 34° e la 36° settimana di gestazione.
Spieghiamo meglio di cosa si tratta e delle ragioni per cui viene effettuato.
Questo tipo di esame non è per nulla invasivo, è perfettamente indolore ed è assolutamente sicuro per mamma e bambino: consiste nel prelievo di una piccola quantità di secreto vaginale e rettale. E’ indispensabile per individuare l’eventuale presenza di un batterio gram-positivo, lo Streptococco beta-emolitico di gruppo B (SGB) o Streptococcus agalactiae che si trova spesso in ambiente vaginale e rettale.
Proprio per questo, spesso, si associa ad un tampone vaginale, uno rettale, altrettanto innocuo, perché sono facili le contaminazioni e i passaggi tra un canale e l’altro. Questa doppia verifica rende più sicura e mirata la diagnosi e la cura. In alcuni casi vengono associati ad un’urinocultura.
Questo batterio è assolutamente innocuo per la mamma che spesso non ha nessun sintomo evidente, solo sporadicamente è possibile avere pruriti o bruciori, ma è potenzialmente molto pericoloso per il bambino.
Durante la gravidanza non si trasmette al bimbo ma, in fase espulsiva, nel canale vaginale, il neonato potrebbe entrare in contatto con il batterio ed esserne contaminato. Non è detto che effettivamente sviluppi un’infezione ma se ciò dovesse avvenire potrebbe anche avere conseguenze molto gravi fino alla setticemia, polmonite, meningite, danni permanenti o alla morte con esordio dei sintomi in modo precoce o più tardivo, fino a tre mesi dopo il parto.
Il neonato è ovviamente più sensibile in quanto il suo sistema immunitario non è ancora efficiente e specializzato.
Per questo, in virtù della sua facile esecuzione, si consiglia sempre l’esame tampone vagino/rettale in prossimità del parto perché in pochi giorni si conosce l’esito e si può istituire l’eventuale terapia necessaria.
Non è il caso di allarmarsi però perché ci sono tutti gli strumenti per prevenire ogni possibile complicazione.
Una volta informato il medico del risultato dell’esame saprà consigliarvi al meglio e naturalmente dovrete portare i risultati dei test in sala parto, come tutte le notizie relative alla vostra gravidanza!
Normalmente il protocollo prevede che la mamma risultata positiva venga sottoposta ad infusioni di antibiotici al momento del travaglio, bastano 4 ore prima del parto per rendere sicuro l’ambiente vaginale per il piccolo nascituro. La terapia viene istituita a ridosso del travaglio per evitare qualsiasi tipo di resistenza all’antibiotico da parte di alcuni batteri.
Nessun rischio ovviamente per il neonato nella somministrazione dell’antibiotico alla mamma.
Ancora più importante del normale dunque recarsi in ospedale alla rottura delle acque.
Ovvio che non ci sarà nessuna necessita di effettuare la profilassi nel caso in cui la mamma venga sottoposta a cesareo tranne nel caso in cui sia comunque avvenuta la rottura delle acque e possa dunque esservi una risalita dei batteri fino al piccolo che sarebbe così esposto.
Dopo la nascita, per prassi, viene comunque di norma effettuato un tampone oro-faringeo e alle orecchio del neonato per escludere qualsiasi contaminazione e, nel caso, poter effettuare, in tempi più brevi possibili, la terapia antibiotica adeguata.
Non esistono metodi preventivi affidabili per tutelarsi dallo Streptococco, tranne quelli relativi all’igiene di base che ovviamente diminuiscono il numero di incidenze ma non le escludono.
E’ attualmente allo studio un vaccino per poter efficacemente ridurre la colonizzazione materna e la trasmissione neonatale.
Dunque lo stafiloccocco può rappresentare un fattore di rischio da non sottovalutare ma vi sono tutti gli strumenti per poterlo contrastare con successo.
Fonte: Neonatologia