Nel 1999 un neuropsichiatara spagnolo di nome Eduard Estivill pubblicò un libro che ha fatto discutere fino ad oggi.
Il libro si intitolava “Fate la nanna” e spiegava nelle sue pagine quella che Estivill chiamava “estinzione graduale”.
Ovvero un metodo che avrebbe educato i bimbi a dormire da soli nella loro stanzetta attraverso intervalli sempre più lunghi di intervento.
In pratica si doveva lasciar piangere il bambino per tempi sempre più lunghi prima di andare a consolarli, finchè, presi dallo stremo, i bambini si addormentavano.
Per fortuna qualche tempo fa lo stesso autore di questo metodo da molti giudicato “nazista”, ritrattò sulle pagine del nazionale spagnolo “El pais”, sostenendo che, sebbene questa sua teoria poteva tranquillamente applicarsi a bambini dai 3 anni in su, lo stesso non valeva per i più piccoli, avendo essi un “orologio biologico” ancora immaturo per potere apprendere i ritmi del sonno-veglia con metodi alquanto brutali. ( leggi qui l’intervista)
Fino a poco tempo fa dunque, far dormire nel lettone i propri figli era visto come una maledizione, limitava l’autonomia del bambino, abbassava l’autostima, impediva una corretta crescita e quant’altro.
E dunque il metodo Estivill venne accolto con discreto entusiasmo.
Oggi sembra invece che la tendenza si sia invertita, e che le mamme che agevolano e incoraggiano il cosleeping, con il bene placido di moltissimi pediatri, sono in sempre crescente numero.
Cosa è il cosleeping?
È la definizione di sonno condiviso, ovvero consentire ai propri figli di dormire insieme a mamma e apà.
Chissà se è vero, ma esperti psicologi hanno sostenuto che parte di questa nostra società del distacco e della solitudine è stata anche influenzata dall’abitudine che negli ultimi anni si è consolidata di far dormire da subito i propri figli nel loro letto o nella loro stanza.
E’ opinione comune oggi invece che il passaggio dall’età infantile all’età adulta avviene attraverso momenti di vicinanza e condivisione.
Accudire un bambino, coccolarlo, stargli vicino mentalmente e fisicamente avrebbe dunque un impatto benefico.
Dal punto di vista emotivo dunque la vicinanza contribuirebbe a costruire una migliore autonomia, e preparerebbe meglio al distacco.
Il neonato ha necessità di sentirsi protetto , contenuto, e questo nel momento della nanna avviene appunto con il cosleeping.
Non a caso le ninnananna, il cullare un bambino, non sono solo tradizioni popolari nate dal niente.
Il lasciare che il bambino sperimenti l’abbandono, la paura, il distacco, potrebbe, alla lunga e in alcuni soggetti più influenzabili, portare ansia, insonnia, irritabilità.
Il cosleeping è nato negli Stati Uniti come metodo all’avanguardia, ma non dimentichiamo che nell’antichità era pratica comune dormire tutti insieme.
Pensiamo anche agli animali, che per istinto tengono accanto a sé i loro cuccioli appena nati.
Margot Sunderland è un’esperta di cosleeping.
Direttrice del Center for Child Mental Health di Londra consiglia a mamma e papà di consentire ai propri figli, almeno fino ai 5 anni, di addormentarsi nel loro letto.
Questo porrà le basi in loro di diventare adulti calmi e sani emotivamente (Fonte: D Repubblica).
Non per tutti questa abitudine va poi bene: ci sono alcuni piccoli che non hanno alcun trauma a passare dalla culla accanto al lettone alla propria stanza.
Ci sono poi casi nei quali anche i più piccoli che sono autonomi sentono il bisogno, non casuale, di essere accolti nel letto dei genitori: sono momenti di difficoltà, di transizione, delicati.
E in questi casi far sentire loro la vicinanza anche fisica non può che renderli più forti per affrontare questi passaggi di crescita personale.
Il cosleeping è sempre positivo?
Ditelo ai genitori (come la sottoscritta) che hanno figli piuttosto grandicelli (7 anni) che non si sono abituati ancora a dormire nel proprio letto!
Il cosleeping, se da un lato contribuisce a rendere persone migliori, ha un rovescio della medaglia piuttosto pesante.
I genitori costretti ad avere un bimbo in mezzo, se da un lato sono contenti di sentire quelle manine ovunque durante la notte, per ovvi motivi di spazio spesso non riposano bene.
Senza considerare che i bambini, anche piccoli, hanno una capacità di espansione nel letto matrimoniale di mamma e papà peggio della gramigna in un campo di grano!
E poi, anche l’intimità della coppia viene messa a dura prova da questo “corpo estraneo” che non consente nessun marine di manovra!
Che dire se poi si svegliano prima dei grandi?
Insomma, a qualcuno quel signor Estivill non è che gli stava poi così antipatico….
Guardate questo video, e capirete cosa significa avvalorare la tesi che il cosleeping fa un gran bene ai più piccoli e un po’ meno bene a mamma e papà!