Oggi a Santa Croce Camerina avranno luogo i funerali di Loris Stival, il bambino di 8 anni morto strangolato, in circostanze ancora da verificare, nella tragica mattina dello scorso 29 novembre.
All’ultimo addio a Loris parteciperanno il papà, i nonni, gli amici, le maestre i parenti, ma non ci sarà la mamma che resta detenuta nel carcere di Catania con la pesantissima accusa di avere ucciso il figlio strangolandolo con una fascetta elettrica.
Sui manifesti cittadini che invitano tutti a prendere parte all’ultimo addio a Loris il nome della mamma si legge e, date le circostanze, rappresenta una menzione non trascurabile.
Ovviamente non è dato sapere se quel nome inserito sul pubblico manifesto rappresenti l’accoglimento del grido di innocenza di Veronica Panarello, che dal carcere continua a urlare la sua completa estraneità alla morte del figlio, oppure se è un atto meramente formale.
Una giovane donna sola, in carcere, “abbandonata” a se stesse, costretta a fare i conti con la morte del figlio di soli 8 anni, con le accuse, con i rimorsi, con i ricordi, è questo il ritratto oggettivo di Veronica Panarello oggi.
Ovviamente per guardarla così è necessario prescindere da ogni pregiudizio e suggestione ed è quantomeno necessario riconoscerle il beneficio del dubbio.
Al momento l’opinione pubblica sembra negare, invece, a Veronica Panarello persino il più legittimo e costituzionale diritto di difesa:
si tende a tracciare l’identikit di una mamma assassina partendo dal presupposto, tutto da dimostrare, che la donna presenti una mente disturbata e turbata da un passato difficile.
Ma chi è Veronica Panarello e quale sarebbe questo difficile passato tanto amaro da averla condotta ad uccidere suo figlio?
Mamma Veronica ha 25 anni, Loris nasceva 8 anni fa quando Veronica insieme a Davide incominciava, ancora ragazzina, una nuova vita lontana dalla famiglia d’origine con cui ha avuto ed ha rapporti tesi e complessi.
2 i tentativi di suicidio imputati a Veronica.
Dei due solo uno viene precisamente descritto:
sarebbe stato compiuto in una serra in occasione di una traumatica lite familiare; allora Veronica non conosceva ancora Davide; parrebbe che udendo una conversazione telefonica della mamma la giovane adolescente si fosse convinta di non essere figlia dell’uomo che considerava suo padre.
Così, forse anche in preda a turbe adolescenziali, Veronica avrebbe inscenato o tentato un gesto eclatante: avrebbe provato ad impiccarsi all’interno di una serra adoperando un tubo di irrigazione.
Questa vicenda, dopo tutti gli anni trascorsi da allora ad oggi, viene fuori solo come conseguenza delle accuse mosse alla mamma “presunta assassina”?
Vengono fuori i rapporti tesi con la famiglia d’origine e in ripetute e ripetitive interviste televisive si percepisce un clima non disteso tra Veronica e sua sorella da un lato e Veronica e sua madre dall’altro.
I rapporti tesi e rancorosi con mamma e sorella bastano ad animare un intento omicida freddo e cinico come quello che ha spinto ad uccidere Loris?
Il rischio che si corre oggi, ed è un rischio che non mancherebbe di “influenzare” il processo, quantomeno dal punto di vista della percezione comune (o poloare) della posizione dell’indagata, è quello di costruire un profilo psicologico solo sulla base di racconti raffazzonati, di i opinioni personali e di memorie soggettive ma senza un contraddittorio con la parte interessata e, sopratutto, senza un serio esame della sua identità reale e singolare.
Insomma si parla di mamma Veronica senza lasciare che dell’imputata parlino i fatti quelli immediatamente e direttamente attinenti alla morte di Loris?
Da una parte c’è una mamma che dichiara con certezza ferma di avere portato suo figlio a scuola ed indica poi un percorso preciso di eventi e spostamenti nel corso di quella drammatica mattina del 29 novembre;
da un’altra parte c’è un’accusa severissima che si fonda anche e sopratutto sulle risultanze di molti frame video raccolti dalla telecamere di Santa Croce Camerina, video che attestano che qualche cosa nei racconti di Veronica non torna.
Le telecamere direbbero e proverebbero (laddove in giudizio ciò venisse confermato dai consulenti video forensi) che Loris non è andato a scuola ma sarebbe ritornato a casa;
le stesse telecamere mostrerebbero Veronica mentre conduce il secondo genito in ludoteca;
i frame video attestano che la Polo nera di mamma Veronica si sarebbe allontanata da casa prendendo una strada compatibile con la direzione della ludoteca ma non corrispondente con la via che la famiglia Stival normalmente praticava per condurre Loris nel suo istituto scolastico;
i video repertati dagli inquirenti mostrano Veronica parcheggiare in garage mentre di norma lei fermava l’auto per strada e ancora la riprendono sulla via che va verso il canneto dove Loris è stato rinvenuto cadavere, in zona Mulino Vecchio.
Secondo la difesa questi indizi di colpevolezza non sono sufficienti ad attribuire a Veronica la responsabilità della morte di suo figlio, mancherebbe il movente, mancherebbe la prova certa della presenza di Loris in casa, mancherebbe in ultimo una spiegazione plausibile dell’intera dinamica omicidiaria. Ed è qui che si farebbe strada l’ipotesi di un complice: Veronica difficilmente avrebbe potuto, da sola, occultare il cadavere di Loris nel canale di scolo nascosto nel canneto.
Il GIP (il Giudice per le Indagini Preliminari), nell’ordinanza con cui ha confermato il fermo di mamma Veronica, ha definito l’indole della donna come “malvagia” ed ha aggiunto, valutandone l’azione, che la stessa donna sarebbe stata nell’agire contro il figlio “priva del più elementare senso di pietà”.
Ebbene questa immagine spietata di Veronica non si riscontra nelle dichiarazioni di stima che il marito, la cognata, le maestre della ludoteca e i vicini hanno, invece, reso pubblicamente in “memoria di mamma Veronica” che è stata definita da tutti una buona mamma.
Non ci sono segni di violenza sul bambino; per il parere delle maestre e dei familiari Loris non era un bimbo maltrattato; non si evidenziavano in Veronica né in Loris segni di disagio evidenti. Eppure, d’improvviso ed inaspettatamente, dalla mamma emerge una personalità violenta e capace di uccidere del tutto opposta e configgente con quella mamma premurosa ed attenta descritta da parenti e amici.
Questo è possibile o è il risultato di qualche suggestione?
Intanto Veronica, che lucidamente si difende, dal carcere scrive al marito chiedendogli di non abbandonarla:
“Io so che tu nel tuo cuore mi consideri innocente”.
Ci sono due precisazioni che vanno fatte per dovere di cronaca:
- intanto Loris è morto per strangolamento con un’arma compatibile con una fascetta elettrica, non è stato stabilito ancora (si attendono le risultanze dell’esame autoptico) che Loris sia certamente morto con una fascetta da elettricista stretta intorno al collo;
- in secondo luogo l’omicidio, così come è stato ricostruito dall’accusa, non potrebbe configurarsi come un delitto d’impeto ma parrebbe un reato studiato se non addirittura pianificato. A fronte della “lucida determinazione” di un delitto simile è ancora più corretto chiedersi se sia pensabile che una mamma possa arrivare a tanto, cioè possa agire scientemente senza mai ricredersi.