“Non piangere come una femminuccia…”
“Devi fare il duro…”
“Sii uomo…”
Queste sono solo alcune delle frasi che spesso si sentono dire ai bambini e che non fanno altro che distorcere la loro personalità, la percezione della realtà e soprattutto contribuiscono a quella discriminazione che porta poi a conflitti insanabili.
Leggendo bene il significato di quelle parole, scorgiamo un messaggio chiaro che comunica una chiara esortazione ad assimilarsi ad uno standard superiore ed implicitamente élitario.
Poche parole e brevi frasi per schiacciare molte emozioni e la sensibilità che spesso è propria all’essere umano più che identificarsi ad un genere specifico e definito e che così si arriva invece a soffocare ed annientare a favore di una maschera che il bambino non dovrà togliersi, pena lo svilimento e l’emarginazione dalla “categoria”.
Purtroppo questa mentalità e questo comportamento sono molto più diffusi di quanto non pensiamo, frutto di eredità ataviche da cui spesso è difficile sganciarsi.
Quando parliamo con un bambino dobbiamo renderci conto che stiamo sempre contribuendo a formare la sua idea di mascolinità e dirgli che “deve essere uomo” veicola già un messaggio specifico che finisce con il depistarlo…
E’ questa la società che vogliamo?
Si finisce con creare individui che preferiscono la solitudine piuttosto che doversi adeguare ad una maschera tipicizzata di mascolinità o che, più deboli, paradossalmente, se ne impossessano e finiscono con il manifestare tratti particolarmente aggressivi da gregari prima e da leader poi, per poter provare che sono “veri uomini” a se stessi e agli altri!
Bisogna invece aiutare i bambini ad essere se stessi e a non avere paura delle proprie emozioni che altrimenti finiscono per esplodere o ad implodere dentro di loro fino a poter creare dei veri e propri problemi psicologici e psichiatrici.
Se non gli insegniamo che possono avere empatia per gli altri, paure, a poter avere difficoltà, se riduciamo tutto a standard, formeremo una società sempre più frammentata e problematica.
Loro devono imparare ad avere fiducia in loro stessi e a non doversi combattere.
Aiutiamoli a togliersi la maschera che la società, gli amici, alcuni presunti “educatori” li obbligano ad indossare.
Negli Stati Uniti, ogni giorno, 3 o più ragazzi tentano il suicidio, bisogna interrogarsi su come la società li porti su quella strada.
Il movimento “Representationproject”, negli Stati Uniti, cerca da anni di portare alla luce questo tipo di pericoli, ha raccolto dati statistici che hanno permesso proprio di stabilire che i ragazzi, più delle ragazze, sviluppano disordini mentali e comportamentali, più o meno gravi, legati a questa “rappresentazione distorta” dei ruoli. Questo porta i ragazzi ad assumere farmaci, lasciare la scuola, fare abuso di alcool, commettere crimini violenti o attentare alla propria stessa vita.
Attraverso vari filmati, l’associazione cerca di rendere consapevoli delle ingiustizie sociali create da stereotipi di genere e cerca di portare un cambiamento in questa direzione. Campagne interattive, iniziative educative che si ispirano a valori individuali e non a chiavi di genere, razza, classe o età per poter allargare il potenziale di ciascuno e il rispetto nei confronti di tutti accompagnate dallo slogan:
“Non puoi essere ciò che non riesci a vedere.”
Basato sull’importanza dell’esempio e l’insegnamento quotidiano fin dalla più tenera età.
Fonte: Therepresentationproject