Fino alla fine del XIX secolo alla parola danza corrispondeva unicamente il balletto classico, fatto di tutù e scarpette a punta.
I ballerini classici fino a quel momento utilizzavano esclusivamente le cinque posizioni tipiche, avevano codici ben definiti, si mostravano in pubblico dando l’impressione di potersi librare in aria.
La loro posizione era eretta, le gambe quasi sempre ruotate verso l’esterno, i movimenti seguivano il ritmo delle musiche creando coreografie in diretta correlazione con essa.
Il corpo di ballo veniva spessissimo prediletto al talento individuale, fino a far divenire questa arte quasi una scienza, con una eccessiva tendenza alla perfezione tecnica a scapito dell’interpretazione soggettiva.
In Francia ad esempio, ancor prima della nascita di una delle più importanti accademie di danza (intorno al 1660), il ballo era sottoposto a tutta una serie di regole, che si infittirono maggiormente con l’avvento del barocco: le posizioni del corpo, il ritmo, i movimenti, tutto era relegato a una rigidissima disciplina che poco o niente lasciava all’interpretazione.
Si pensi che nel 1721, l’inglese John Weaver, danzatore e coreografo, pubblicò un libro dal titolo Anatomical and Mechanical lectures upon dancing, nel quale inseriva il percorso coreutico all’interno dello studio dell’anatomia.
La nascita della Danza Moderna
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX la danza classica ebbe uno scossone, che portò alla creazione di due correnti: una, che prese vita a Parigi, con la creazione di una compagnia di Ballo dal nome “Balletti Russi”, che intendeva trasformare il balletto classico dall’interno, quasi ammodernandolo.
L’altra prese poi vita propria, inaugurando così la stagione della nuova danza, o danza moderna.
La danza classica, con il suo sfarzo, le sue scenografie, la sua pretesa di perfezione cominciava a perdere fascino, a causa probabilmente proprio delle caratteristiche che l’avevano sempre contraddistinta.
La rappresentazione divenne più personale, cominciò il rifiuto delle posizioni classiche, così innaturali e poco spontanee, a vantaggio della mimica e del linguaggio coreutico del corpo.
Questa nuova danza tendeva a dare spazio alla personalità del ballerino, creando soggetti fino all’epoca sconosciuti: il ballerino diviene anche coreografo, scenografo, costumista.
I coreografi adesso danno voce alla loro personale interpretazione del balletto, rinnegano lo sfarzo dei costumi della danza classica, le scarpe a punta e le coreografie, a vantaggio di sfondi minimali, spesso monocromatici.
Il corpo, che in precedenza si librava in aria privo di forza di gravità, ritorna ad essere “pesante”, i danzatori si sdraiano per terra, mostrano le spalle al pubblico, occupano tutto lo spazio del palcoscenico.
Il busto si piega, il corpo ritrova la sua gravità, non necessariamente segue il ritmo della musica: adesso il ballerino danza seguendo il suo ritmo più intimo.
La coreografia nella danza moderna viene realizzata anche in assenza di musica, fine a se stessa.
Questa nuova avanguardia all’inizio del ‘900 partorisce delle personalità che sono in grado di opporsi al sistema, ma allo stesso tempo possiedono grandissime doti coreutiche.
La danza moderna introduce infatti il principio dell’assolo (o solo), che gratifica e innalza il talento del ballerino, contrapponendosi alla fila della danza classica.
Gli iniziatori di questo nuovo modo di intendere la danza, ben inteso, fuoriescono proprio da quelle file, ma con l’intento di affermare una sorta di rivoluzione stilistica e culturale, volto a liberare il proprio sentimento di rappresentazione.
Sebbene la danza classica non abbia mai avvertito il pericolo di un declino totale (tanto da essere viva e vegeta anche oggi), nel XIX secolo deve ammettere di avere una concorrente che prende sempre più “piede”, nel vero senso della parola.
La nuova danza adesso, agli inizi del ‘900 e per i successivi trent’anni eleva il ballerino a protagonista, egli svolge un ruolo predominante.
E’ il momento nel quale emergono moltissimi coreografi, e si redigono scritti teorici che faranno le fondamenta della danza moderna intesa fino a oggi.
Essa comincia ad attingere dalle danze etniche, a coreografie di paesi non occidentali.
Cominciano a divenire conosciuti nomi come Isadora Duncan, Serge de Diaghilev, Jaques-Dalcroze, Ruth St Denis, Mary Wigman.
La Danza moderna negli Stati Uniti: Isadora Duncan, Regis St. Denis, Martha Graham
Nel 1900 l’americana Isadora Duncan, allora 23enne, impressionò tutti in Europa e in Russia presentandosi sul palco a piedi scalzi, con i capelli sciolti e un peplo di foggia dell’antica Grecia, imitando proprio le movenze dei danzatori ellenici.
La Duncan, tra le prime a mettere le fondamenta dell’arte della Danza Moderna, era una donna emancipata, educata alla libertà e all’indipendenza.
Le sue furono “danze libere”, interpretate in modo molto soggettivo, spesso attingendo a musiche di grandi come Chopin e Beethoven, sulle quali il suo corpo esprimeva tutto il suo talento.
Un’altra ballerina che da oltreoceano seppe attingere a danze ancestrali provenienti dall’India e dall’Egitto fu Ruth St. Denis, che ebbe una folgorazione quasi casuale, come raccontano le cronache.
Nata e cresciuta in una fattoria del New Jersey Ruth St. Denis cominciò la sua carriera con una tournée a soli 15 anni.
Nel 1904 la sua vita cambiò grazie ad un fatto oggettivamente di scarsa importanza, ma che fu per lei la svolta della sua vita e della vita dell’arte coreutica, fino ad allora intesa.
Era in un negozio insieme ad altri colleghi della compagnia teatrale, quando affisso ad una parete vide un poster pubblicitario di sigarette egiziane.
Il poster ritraeva la Dea Iside in un tempio.
Questa immagine ispirò la ballerina a creare una danza che esprimeva il misticismo della Dea, ritratta su quel poster.
Da quel giorno Ruth st. Denis diede il suo contributo alla danza moderna ispirandosi alle filosofie orientali, e mettendo queste al servizio della sua arte.
La St. Denis sposò un suo allievo, Ted Shaw, e insieme diedero vita ad una scuola di danza chiamata Denishaw, all’interno della quale si sviluppò la “modern dance” con ballerini del calibro di Martha Graham, Doris Humphrey, e altri che portarono linfa a questa nuova disciplina: la danza era espressione delle emozioni individuali dell’uomo, e persino delle sue funzioni primarie come respirare, camminare.
La Graham negli anni a venire fu un punto di riferimento per la Modern dance statunitense.
Creò spettacoli ispirati ai miti della Bibbia o a quelli dell’antica Grecia, e negli anni ’40 la sua produzione riempì i teatri di Broadway.
I suoi personaggi erano spesso figure femminili, e l’oggetto del balletto a sfondo etico, o legato comunque ai grandi temi sociali che affliggevano la società americana.
Più tardi, negli anni ’50 questa tendenza venne man mano abbandonata a favore di una più fisica espressione: non più emozioni in danza ma scoperta del movimento e del corpo umano. Fu quello un momento di ritorno alla danza accademica, sebbene rivisitata in chiave moderna.
A New York si mettono in scena spettacoli nei quali il corpo interagisce con il palcoscenico, con i suoni, addirittura con il pubblico, che adesso partecipa attivamente alla performance: nasce la danza post-moderna, che negli anni ’80 si caratterizzerà grazie all’utilizzo di nuove forme di comunicazione di massa: fotografia, video, televisione, cinema, ma recupererà dalla danza accademica la tecnica e le regole per una preparazione quasi atletica dei danzatori.
La Danza Moderna in Europa. Mary Wigman
Al di qua dell’Oceano Atlantico invece, nei primi anni del ‘900 un altro nome contribuì alla rivoluzione della danza moderna: Mary Wigman, che introdusse danze africane e asiatiche, utilizzando nei suoi spettacoli anche maschere tipiche di queste popolazioni.
L’avvento del nazismo interruppe l’evoluzione del movimento della danza moderna in Germania, ma più tardi, intorno agli anni ’60, questo riprese con un vigore tale da dare alla luce altri esponenti gloriosi nel panorama mondiale.
Anche nel vecchio continente si assistette ad un “repechage” di regole della danza tipicamente accademica, spesso fondendosi con le correnti americane, così da dare negli anni a venire spazio a nomi come Roland Petit, Maurice Béjart e altri ancora.
Fino ad arrivare agli anni ’70, dove, sempre in Germania, una danzatrice di nome Pina Bausch divenne tra i più grandi protagonisti del Tanz Theater (danza-teatro), da lei stessa fondato a Wuppertal.
Il Teatro-Danza di Pina Bausch
I ballerini diventano danzattori, la Bausch introduce nella danza la recitazione, essi sono chiamati a creare e improvvisare vere e proprie pieces non solo ballate, ma anche recitate.
E’ un’ulteriore trasformazione della danza moderna, che si rigenera ancora una volta, attingendo da azioni di vita quotidiana, e realizzando spettacoli che durano adesso diverse ore.
Negli anni sessanta anche in Francia si sperimentano nuovi stili e esperienze coreografiche.
La nouvelle danse francaise si fa strada grazie al contributo di Francoise e Dominique Dupuy, che grazie alla ispirazione ai talenti americani sono ricordate come esponenti di questo nuovo stile.
La Danza Moderna in Italia
In Italia la danza moderna viene conosciuta a partire dagli anni ’70, per arrivare alla sua massima espressione negli anni ’80.
A Torino negli anni ’50 venne fondato il primo pionieristico Gruppo di Danza moderna grazie al contributo di Susanna Egri e di Sara Acquarone, ma soltanto dopo il 1973 vennero istituite delle vere e proprie compagnie di Danza Moderna, come a Firenze il Collettivo Danza Contemporanea di Cristina Bozzoli e ancor prima la Teatrodanza Contemporanea di Roma fondata da Elsa Piperno, ispirata alla tecnica Graham, che negli anni ’90 riprese il repertorio con il quale aveva conosciuto fama e grandezza nei decenni precedenti.
Oggi, (come da quando essa è nata) la danza moderna è una disciplina intesa a trasferire la drammaturgia del coreografo o danzatore al pubblico, esperienza che va oltre la tecnica stessa del ballo.
Come si legge nella premessa del libro della ballerina Gillian Hobart dal titolo “Danzare con l’Anima” il compito del danzatore è donare, la tecnica è un mezzo, e non fine a se stessa, egli deve soprattutto esprimere i propri sentimenti e regalarli al pubblico.
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